Il più grande produttore, esportatore e venditore di fuffa abita in Sicilia e, da oltre venticinque anni, recita la sua parte nel teatrino della politica. Si chiama Gaetano Armao. All’incirca un mese fa, tanto per occupare la scena e far credere agli spettatori di essere ancora una figura importante di Forza Italia, aveva fatto quella che i comici dell’avanspettacolo chiamano ‘a mossa. Aveva detto che – per risollevare le sorti della Sicilia, del suo partito, e della sventurata città di Palermo – lui si sarebbe candidato al consiglio comunale. Ovviamente non era vero: in venticinque anni di carriera lui – proprio lui – non ha ha mai affrontato una competizione elettorale. Ha sempre piritolleggiato tra governo e sottogoverno, ma non ha mai avuto il coraggio di scendere in campo per chiedere e ottenere il consenso della gente. La specialità della ditta è quella di ottenere incarichi e consulenze direttamente dai palazzi del potere. Di giocare con le amicizie e le protezioni: oggi con Ezio Bigotti, un avventuriero piemontese; il giorno dopo con Antonello Montante, un cagliostro dell’antimafia; il terzo giorno con Marcello Dell’Utri, tutta gente di peso. Ieri, costretto dai giornali a giustificare l’ultimo bluff, ha detto che rinuncia a candidarsi perché “il centrodestra non è unito”. Ma pure le pietre e i bambinetti dell’asilo sanno che se il centrodestra è in frantumi la responsabilità è anche sua: delle sue intemerate, dei suoi intrighi dentro Forza Italia e dentro Palazzo d’Orleans, delle sue trame, dei suoi azzardi, delle sue millanterie. Candidarsi a una elezione comporta almeno quaranta giorni di fatica e un inevitabile rischio: la trombatura. Meglio cavarsela con una mossa sul palcoscenico dell’avanspettacolo. Tra comici, guitti e macchiette.