Nulla sarà più come prima dentro Forza Italia e (forse) nel governo. L’intervento a gamba tesa del capogruppo Giuseppe Milazzo sull’assessore all’Economia Gaetano Armao, nel corso del dibattito organizzato questo pomeriggio all’Ars sulla trattativa Stato-Regione (coi riflettori puntati sull’accordo ottenuto per il salvataggio delle ex province), ha fatto uscire allo scoperto e reso pubblico il conflitto interno al partito di Berlusconi. Da un lato Milazzo, legato a doppio filo a Gianfranco Micciché (per ovvi motivi costretto ad “arbitrare” la vicenda), dall’altro Armao, che con Forza Italia è in rotta di collisione da mesi. Almeno con quella siciliana, dato che alle ultime Europee ha fatto votare Berlusconi e Cicu, il rappresentante della Sardegna.

Ma qui il voto di maggio c’entra solo in parte. L’attacco di Milazzo rivolto al vice-governatore, infatti, è nel merito delle decisioni adottate da quest’ultimo. Armao, secondo il capogruppo e tutta Forza Italia, ha avallato una trattativa al ribasso con lo Stato, che ha fatto avere alle province siciliane le briciole (140 milioni), sottratte fra l’altro dal Fondo di Coesione e Sviluppo (gli investimenti strutturali), anziché i 300 che avrebbero fatto al caso dell’enti d’area vasta, ridotti in una situazione di coma irreversibile. E, per di più, stando alle considerazioni di Milazzo, il merito di aver portato a casa il “contentino” è tutto del Movimento 5 Stelle e non dell’assessore all’Economia, reo di aver fallito: “Non mi ritengo soddisfatto della relazione dell’assessore – ha esordito Milazzo – Se oggi un collega parlamentare del M5s, alla Camera, non avesse presentato un emendamento per mettere dei soldi veri nella legge, non saremmo riusciti a mettere una pezza a questo percorso disastroso. Se oggi ci fosse una mozione di sfiducia lei non avrebbe protezione politica” ha tuonato, poi, il futuro parlamentare europeo contro Armao.

Il vice-Musumeci, che aveva dedicato la prima parte della seduta a illustrare all’aula i risultati raggiunti nella trattativa con Roma (“Alla luce della situazione finanziaria dello Stato è il migliore accordo possibile e ci consente di tenere in vita le Province”), ma che non poteva contare sullo scudo del suo presidente, rimasto cautamente alla larga da Sala d’Ercole, è stato sbugiardato dall’inizio alla fine: “Siete stati capaci di dare vantaggio politico a una forza che qui è opposizione. Lei – ha detto Milazzo rivolgendosi ad Armao – ha avallato la dequalificazione della spesa. Il giudizio non è sul governo, ma su di lei che ha condotto le trattative. Mi sarei aspettato che oggi dicesse: ‘Ho fallito, lascerò che qualcun’altro, difenda la Sicilia meglio di me’”. Le dimissioni, però, non sono arrivate.

Dopo gli interventi di Pd e Cinque Stelle, che hanno sancito un punto di contatto fra le dichiarazioni a raffica di Milazzo e una crisi di governo in corso, il vicegovernatore ha provato in qualche modo a difendersi: “Nessuna iniziativa è stata presa da me personalmente ma le decisioni sono state assunte dalla giunta intera, anche con l’accordo dell’assessore agli Enti locali Bernadette Grasso – ha replicato l’ex leader degli Indignati, indignandosi – Non capisco quali sono i calcoli fatti da Milazzo. E’ la Corte dei conti che ci dice che il fabbisogno delle ex Province è di 100 milioni. Ho sempre esposto l’evoluzione degli accordi alla giunta ed il lavoro è stato collegiale. Avevamo chiesto 300 milioni ma non ci sono stati concessi”. Infine, quasi esausto: “Non si può processare uno per tutti”.

Quello che ha provato a fare Forza Italia, anche se – e qui il giallo si infittisce – secondo le opposizioni il segnale è diverso: “Voglio fare notare a Milazzo – ha detto Giuseppe Lupo, il capogruppo del Partito Democratico – che il firmatario dell’accordo è il presidente della Regione Nello Musumeci e che quindi, oggi, Forza Italia non va contro il solo vicepresidente Armao ma contro l’intero governo. Oggi inizia una crisi di governo”. Mentre l’omologo del Movimento 5 Stelle, Francesco Cappello, ha contestato l’indirizzo preso dalla discussione: “Come vi permettete di sottoporre le vostre beghe politiche agli interessi dei siciliani? Noi abbiamo avuto la sfortuna di avere voi al governo. Abbiamo bisogno di un accordo vero, un accordo programmatico, pluriennale, capace di farci ritornare protagonisti a livello nazionale. Il parlamento intero dovrebbe essere capace di portare avanti un discorso unitario per dare indirizzo a un governo che non sa portare a casa risultati”. “Siamo passati dal ‘crocettismo’ al ‘cricettismo’ – ha esordito invece Giancarlo Cancelleri – Il governo regionale è talmente tanto intento a correre nella ruota che non vede quali sono i problemi delle persone. Noi possiamo presentare una mozione di sfiducia, ma assisteremmo a Milazzo che si smentisce per ‘poltronismo’ oltre che per ‘cricettismo’”.

Il problema più stringente, al momento, riguarda Forza Italia. Oggi è esploso con tutte le evidenze del caso, dopo le frecciate di Micciché, che qualche settimana fa aveva definito Armao “un ex assessore”, specificando “che alcuni assessori le cose le complicano, e Armao è uno di questi”. Giovedì scorso, in un’intervista a Buttanissima, il coordinatore regionale del partito aveva accennato alla sfiducia del gruppo nei confronti dell’assessore all’Economia, che – fosse stato per il presidente dell’Ars – sarebbe stato l’unico pezzo del puzzle a essere interessato dal rimpasto. Miccichè, che ha smesso di fidarsi da tempo dell’operato di Armao, ha preannunciato all’aula che domani parteciperà alla riunione della Commissione Bilancio – presieduta dal forzista Riccardo Savona, e a cui prenderà parte l’assessore “incriminato” – per capire se le novità comunicate all’Ars e contenute in degli emendamenti al “Collegato” possano essere approvati in un’apposita legge o meno.

Manca un tassello a questa storia incredibile. Si tratta di Nello Musumeci. Che a Roma ha mandato in avanscoperta Armao, ottenendo solo schiaffi (dalle ex province alla spalmatura del maxi disavanzo). E adesso, quando c’era da difendere l’operato del suo braccio destro, ha disertato la seduta perché in altre faccende affaccendato. Qualcuno di Diventerà Bellissima s’è stizzito per la polemica innescata da Milazzo (su tutti Alessandro Aricò). Ma è il presidente della Regione a dover chiarire una volta per tutte che indirizzo prenderà, da questo momento in poi, l’azione di governo.

Ci ha provato con un post pubblicato sui social: “L’ho detto e lo ripeto: l’accordo finanziario tra la Regione Siciliana e il governo centrale non entusiasma nessuno, ma è il miglior risultato che potevamo ottenere nelle condizioni date. Un esito, per il quale voglio ringraziare ancora l’assessore all’Economia Gaetano Armao, peraltro già illustrato a tutti i gruppi parlamentari all’Ars nella seduta del 4 giugno. Non sono abituato a mettere il naso nelle vicende interne delle forze politiche, ancorché alleate, e perciò mi astengo dall’esprimere qualsiasi giudizio sulle valutazioni fatte oggi in Aula. Sono certo che i sentimenti e i risentimenti elettorali, a tre settimane dal voto, cederanno il passo al duro, difficile e responsabile lavoro che attende tutti, coalizione e opposizione. I siciliani non capirebbero altrimenti”.