E’ scontro nel governo dopo l’ultima intuizione di Armao: la creazione di una cabina di regia per “promuovere forme di monitoraggio e collaborazione tra Presidenza del Consiglio, ministero per il Sud, Mise, Presidenza della Regione siciliana e soggetti attuatori con l’obiettivo di utilizzare al meglio le risorse stanziate nel Pnrr per la realizzazione in Sicilia di interventi strategici, pari a 266 milioni di euro, nel settore delle opere pubbliche, delle infrastrutture, della portualità, della digitalizzazione e altri settori fondamentali per l’isola”. Si tratta, secondo gli alleati, di una scelta operata in piena autonomia, e senza tener conto delle varie sensibilità in giunta.

Della cabina di regia, che sarà presieduta dallo stesso Armao e coordinata dall’ex assessore autonomista Nicola Vernuccio (vicino ai vertici di Forza Italia), fanno parte una serie di uomini chiave dell’assessorato all’Economia, quello di Armao appunto. A partire dal suo capo di gabinetto, l’ex assessore Mario Parlavecchio, passando per il ragioniere generale Ignazio Tozzo e per l’immarcescibile Giovanni Bologna, dirigente generale Dipartimento Finanze. Della segreteria tecnica fa parte anche Daniela Pennisi, componente dell’ufficio di gabinetto dello stesso Armao. Gli altri componenti del gruppo di lavoro sono: Marco Romano, ordinario di Economia e gestione delle imprese all’Università di Catania; Marcantonio Ruisi, ordinario di Scienze economiche, aziendali e statistiche all’Università di Palermo; Giuseppina Talamo, ricercatrice in Economia politica alla Kore di Enna; Fabrizio Tigano, ordinario di Diritto amministrativo all’Università di Messina. Per la segreteria tecnica: Rosario Genchi, consulente in politiche attive del lavoro; e Alfio Leotta, commercialista.

Il metodo di Armao, secondo la ricostruzione de ‘La Sicilia’, non sarebbe andata giù ad alcuni assessori: a partire da Roberto Lagalla, che se ne sarebbe lamentato con Razza (“Gaetano continua a farsi i fatti suoi”); passando per Mimmo Turano e Marco Falcone, di solito “copertissimo” di fronte alle polemiche. Ma anche in parlamento c’è chi ha storto il naso. In primis il capogruppo della Lega, Antonio Catalfamo: “La task force è una ripetizione del già esistente comparto programmazione dell’assessorato. Quello che oggi mi preme è evitare questa prima tranche di finanziamenti finisca per costituire terreno fertile per i soliti professionisti della cattiva politica locale. Tutta la Sicilia deve poter avere la garanzia che opere, infrastrutture e interventi per la ripartenza siano erga omnes e protetti dalla mano pesante del malaffare locale o, peggio, dell’intasamento della burocrazia. Campanilismi e campagne elettorali restino fuori dal dibattito sui fondi, una regola che appare oggi tutt’altro che scontata”.

Anche il segretario regionale del Carroccio, Nino Minardo, si è detto contrario all’iniziativa, appresa solo dai giornali. E persino Totò Lentini, capo degli autonomisti a Sala d’Ercole, ha allargato le braccia: “Non capisco con chi sia stata concordata questa cabina di regia – sbotta Lentini a Repubblica – mi chiedo con chi ne abbia parlato l’assessore Armao. Sono il capogruppo di un partito che sostiene questo governo. Eppure di una cosa così importante non sappiamo nulla. È estremamente grave”. E’ ancora più grave, secondo alcuni rumors all’Assemblea regionale, che Musumeci abbia affidato una delega in bianco al suo vice per la gestione dei fondi del Pnrr (i 266 sono soltanto una prima parte del malloppo), senza alcuna concertazione con gli altri assessori e tanto meno coi partiti.