E’ intervenuto il sindacato della stampa parlamentare, ma anche il presidente della commissione Antimafia dell’Ars, Antonello Cracolici, per difendere il diritto di cronaca della giornalista di Repubblica, Giusi Spica, che un esponente politico della città di Acireale avrebbe messo nel mirino per aver raccontato i legami con alcuni esponenti del clan Santapaola-Ercolano. E’ questo il clima che si registra ad Acireale a poche ore dal ballottaggio di domenica, dove il candidato di Forza Italia, Roberto Barbagallo, sfida gli altri partiti di centrodestra, rappresentati da Nino Garozzo.

Le relazioni pericolose di Barbagallo sono finite all’interno di un dossier confezionato da Angelo Bonelli, parlamentare nazionale dei Verdi, che ha scritto una lettera alla neo presidente della commissione parlamentare Antimafia, Chiara Colosimo, e al Ministro dell’Interni Pientedosi per rappresentare la situazione. “Sembra la sceneggiatura di un film di Suburra – ha dichiarato Bonelli a Repubblica -. Ho chiesto se vi sono le condizioni per avviare una commissione d’indagine del prefetto. In caso di elezione di Barbagallo, si rischia la decadenza prescritta dalla legge Severino e il commissariamento del Comune per infiltrazioni mafiose”.

Ma su cosa verte l’inchiesta di Repubblica? Su tre distinti episodi che riguardano, appunto, il candidato Barbagallo, che peraltro era già sindaco quando fu costretto a dimettersi dall’incarico per il sopraggiungere di alcuni guai giudiziari: cioè un arresto per richieste illecite a un vigile urbano. “Una vicenda – come racconta la Spica – sfociata in una condanna a 1 anno e 4 mesi (pena sospesa) per tentata induzione indebita a promettere utilità. Su di lui pende pure una nuova indagine per falso e rivelazioni di segreti d’ufficio: nell’ambito della sua attività di ingegnere, avrebbe tentato di regolarizzare una serie di irregolarità per la realizzazione di campi di padel di una ditta che ha per socio di maggioranza Carmelo Paratore, ritenuto prestanome del boss Maurizio Zuccaro”.

Ma c’è un’ultima informativa del commissariato di Polizia di Acireale e della Squadra mobile, che Repubblica ha potuto consultare, ad aggravare il quadro: nel documento vengono ricostruiti incontri e telefonate con tre esponenti della famiglia mafiosa Santapaola-Ercolano, avvenuti tra il 2019 e il 2021. Si tratta di Rosario Panebianco, Giuseppe Costarelli e Giuseppe Florio, arrestati nell’operazione “Odissea” del giugno 2022. L’ex sindaco – scrivono gli investigatori – “non può non essere a conoscenza delle vicissitudini giudiziarie dell’interlocutore viste le sue origini acesi e in particolare il legame con la piccola frazione di Aci Platani, dove è cresciuto e attualmente abita e dove vivono anche i tre appartenenti al clan”. Eppure non si fa scrupoli – segnala Repubblica – nel proporre a Florio, già pregiudicato per mafia, di costituire una ditta per partecipare a un bando a fondo perduto della Regione per l’acquisto di biciclette elettriche o a spendersi per fare ottenere l’autorizzazione allo scarico alla ditta Oragel di Orazio Selmi, ritenuto vicino al clan Laudani. Il reato di associazione mafiosa – va precisato – non ha avuto seguito nell’ordinanza di chiusura delle indagini notificata dalla procura di Catania il 20 maggio, quando le liste e le candidature erano già chiuse.

Ormai, però, è impossibile contrastare la scia dei sospetti. Anche il segretario del Pd, Anthony Barbagallo s’iscrive alla partita: “Che ci respirasse un’aria pesante dalle mie parti – nel Catanese – lo avevo detto in tempi non sospetti. Che la stampa libera racconti fatti e avvenimenti che ruotano attorno alla politica è il minimo indispensabile in una Democrazia che voglia dirsi matura, quale è la nostra”. Anche il deputato di ‘Sud chiama Nord’, Ismaele La Vardera, ha tirato in causa Schifani e Forza Italia, chiedendo di prendere le distanze da chi ha avuto rapporto con i boss.