Armao è stretto nella morsa: da un lato c’è un bilancio da approvare entro il 28 febbraio, dato che nell’accordo Stato-Regione è esplicitamente vietata la proroga dell’esercizio provvisorio oltre quella data; dall’altro c’è l’ennesimo rinvio da parte della Corte dei Conti, che ha cancellato l’udienza di parifica del rendiconto 2019, in programma il 29 gennaio. E’ probabile che tutto slitti alla fine del prossimo mese (non c’è ancora una data). I due eventi sono strettamente correlati: senza aver prima fatto luce sul consuntivo, non è del tutto appropriato procedere col nuovo bilancio di previsione. Dalla parifica, infatti, potrebbero emergere nuove “correzioni” rispetto a quelle già indicate, nelle ultime settimane, dai giudici contabili e a cui sembra che la ragioneria generale abbia risposto presente.

Ma proprio a fine 2019 l’udienza di parifica della Corte fece emergere un pesantissimo disavanzo da oltre un miliardo che sta tuttora condizionando le scelte di Palazzo d’Orleans. Di recente, la firma dell’accordo Stato-Regione ha permesso di spalmare quel deficit nei prossimi dieci anni, a patto che vengano rispettati una serie di paletti: uno di essi, è che l’esercizio provvisorio non sia prorogato oltre i primi due mesi dell’anno. Il bilancio “provvisorio” è stato votato all’Ars qualche giorno fa e prevede una serie di interventi per saldare gli stipendi dei lavoratori e garantire la sopravvivenza ad alcuni enti e associazioni (in primis i teatri). Ma dal 28 febbraio si rischia di tornare alla situazione di partenza.

Il rallentamento della Corte dei Conti, che aveva già portato al rinvio della pre-parifica (fissata inizialmente per il 18 gennaio) è in parte dovuto alla vacatio generata dalla morte della giudice Luciana Savagnone, presidente della sezione di controllo, che dovrà essere rimpiazzata anche nel collegio delle sezioni riunite. In parte, però, è anche responsabilità della Regione, come si evince da una nota di palazzo d’Orleans: “Sarà riesaminato in autotutela, su proposta della Ragioneria generale, il rendiconto 2019 della Regione Siciliana. Lo ha deciso il governo Musumeci in quanto nel documento sono emersi alcuni residui attivi (riferiti al 2016/17 e in particolare agli assessorati all’Istruzione e formazione professionale e all’Infrastrutture e mobilità) non tempestivamente cancellati. Si tratta di un mero dato formale – si precisa nel comunicato – che non determina alcun aggravio economico o finanziario, ma che tuttavia ai fini dell’ordinata tenuta delle scritture contabili impone un intervento correttivo. Apportate le conseguenti rettifiche, il governo procederà alla nuova approvazione dello strumento contabile da sottoporre alla Corte dei conti per la definizione del giudizio di parifica”.

La Regione così si ritrova nel limbo: già in condizioni normali, sembrava assai complicato poter evadere l’intero iter entro il 28 febbraio (nonostante le promesse di alcuni esponenti della giunta), con questi ritardi il quadro peggiora. Violare già in partenza l’accordo con lo Stato, d’altronde, significherebbe mettere a repentaglio la spalmatura del deficit da 1,7 miliardi in dieci anni e complicare terribilmente la situazione finanziaria, spingendo la Regione verso il default.

Nel frattempo Palazzo d’Orleans starebbe già pianificando il taglio lineare da 40 milioni previsto dal negoziato con Roma. Come riportato dall’Ansa, la ricognizione dei capitoli da tagliare è partita qualche giorno fa su input della Ragioneria generale, che ha trasmesso una circolare a tutti i Dipartimenti spiegando le ragioni e l’esigenza di procedere con la riduzione (5% secco) nel più breve tempo possibile. Qualcuno ha già provveduto a stilare un elenco, altri non ancora. L’abbattimento degli sprechi sarà ogni anno più consistente: nel 2022 la macchina regionale dovrà risparmiare 80 milioni (nel 2029, addirittura 300). Un compito arduo, e persino un po’ ingrato, per chi fino a ieri si dimenava con una Finanziaria di cartone, per buona parte rimasta nel cassetto.