L’ultima voce in disaccordo è quella di Matilde Siracusano, sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento nel governo Meloni. Unica siciliana. Il suo nome è finito nella black-list di Renato Schifani. Messinese di 40 anni e compagna del presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, Siracusano è stata esclusa dalla lista dei relatori al meeting sulla riforma della giustizia, organizzato dal suo partito, Forza Italia; non è stata invitata al convegno di Noto (e non ha preso parte all’ammazzacaffè dei “congiurati”); e persino nella sua Messina è stata scalzata dalle posizioni che contano e dalle iniziative che meritano.

Dicono i bene informati, che la rimozione dell’ex sub-commissario al Risanamento, Marcello Scurria, abbia motivazioni più profonde di un patto di fiducia venuto meno (con il governatore). E che la nuova nomina, quella di Santi Trovato, si inneschi nel solco di un’amicizia sbocciata: quella fra Schifani e il sindaco di Taormina, Cateno De Luca; che è stato anche il suo più acerrimo rivale prima della conversione. Di fatto Scateno ha smesso di fare opposizione, ha condiviso le ragioni e le posizioni dell’esecutivo e sta ottenendo una serie di finanziamenti che altri si sognano. “Questo slancio di generosità è stupefacente per molti”, commenta la Siracusano al quotidiano ‘La Sicilia’. “Qualcuno a Messina dice che sembriamo affetti dalla sindrome di Stoccolma”.

Ma questo avvicinamento repentino, al di là degli schieramenti e dei partiti, offre una fotografia della politica di oggi. Che non si basa sulla contrapposizione fra destra e sinistra (basti vedere cos’è accaduto all’Ars al momento delle mance), né su uno slancio di ideali che porta al confronto e allo scontro; ma si fonda su rapporti di convenienza, per non dire amicali, che finiscono per favorire alcuni territori e danneggiarne degli altri. Basta essere amico di chi conta e di chi comanda, evitare di pestargli i piedi, e il gioco è fatto. La Siracusano, nel suo piccolo, rappresenta l’emblema della fase che sta attraversando Forza Italia: un partito quasi anarchico che non riesce a dichiararsi tale.

Tutti aspirano a diventare qualcos’altro, ma c’è Schifani che comanda. Punto. Alti interpreti del movimentismo latente sono già finiti ai ferri corti col governatore: a Marco Falcone, ex assessore all’Economia, nella prima parte della legislatura era stata sfilata la “delega” alla Programmazione (con annessa solidarietà da parte di De Luca, che dai banchi dell’opposizione applicava ai rivali la politica del logorio ai fianchi). Delega che non venne più assegnata. Lo stesso Falcone, prima delle lodi sperticate nei suoi confronti a Noto (ha dato il via al risanamento dei conti e al miglioramento dell’outlook della Regione), è stato fatto fuori in maniera progressiva per non essersi allineato al pensiero dominante; e per aver denunciato una mancanza di dialogo al momento della scelta del suo successore al Bilancio (Schifani pescò dal cilindro il nome di un altro tecnico, Dagnino). Ancora oggi chiede – senza costrutto – la convocazione della segreteria regionale, ma Caruso non ci sente.

Un altro esempio di amicizia andata in frantumi è quella con Edy Tamajo. Che pagherà a caro prezzo un messaggino inviato ai contatti Whatsapp più intimi, da cui emergeva una certa ambizione nel voler succedere a Schifani nel 2027. Anche l’assessore alle Attività produttive è finito nel libro nero: seguito a ogni passo, buttato fuori dall’Europa (per fare spazio alla Chinnici), privato del suo capo dipartimento prima e di un assessore comunale poi (Rosi Pennino a Palermo). Nonostante 120 mila preferenze, si può finire ai margini.

Basta insidiare o criticare un suo collaboratore, anche uno di quelli pagati 60 mila euro l’anno, per inimicarsi il presidente. E’ capitato a tanti e, forse, capiterà ancora. Dentro Forza Italia il fenomeno è accentuato, e da qui derivano i numerosi mal di pancia certificati dal dopo-cena di sabato, a Noto e con Tajani. Mentre fuori dal cerchio azzurro, sono più le amicizie convenienti di quelle a rischio. Prendete i patrioti: La Russa ha costituito per mesi un’assicurazione sulla vita di Schifani; è stato lui a volerlo e probabilmente sarà lui a concedergli il pass per un secondo mandato, se solo riuscirà a tenere a bada le ambizioni di Galvagno (un altro di quelli che lo ammira e lo riempie tutti i giorni d’incenso); Sammartino è un’altra figura di garanzia. L’allievo ‘sperto’, il vice-governatore aggiunto, ma soprattutto il garante di un rapporto a tratti turbolento come quello con il vicepremier Salvini (che gli sottrasse anche i soldi del Ponte, garantendosi un co-finanziamento da 1,3 miliardi, ma venne perdonato). E poi c’è Totò Cuffaro, leale fino all’ultimo (nonostante le grosse delusioni incassate in campagna elettorale alle Europee e alle provinciali).

L’ultimo arrivato, come detto, è Cateno De Luca. Uno che lo definiva “ologramma” e lo equiparava alla “banda bassotti” della politica. Ha cambiato atteggiamento di colpo: “Il presidente mi ha sorpreso e spiazzato per la sua disponibilità – disse in un’intervista a Live Sicilia, lo scorso febbraio -. Un po’ come San Francesco e il lupo di Gubbio. Io sono un lupo solitario, selvaggio…”. Schifani, quindi, è il Santo. Una sponda sempre affidabile. Da quel momento – forse per mascherare questo cambio drastico? – Scateno ha smesso i panni del guitto, si è ritirato dalla vita di partito, ha continuato ad amministrare Taormina. Non ha dato più fastidio e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Messina – dove il sindaco è Basile, un suo uomo di fiducia – ha preso anche la bandiera blu.

Dopo aver fatto fuori Scurria dalle vicende sul Risanamento (un colpo basso alla rivale Siracusano) qualche giorno fa Scateno ha avuto da ridire sull’operato del Direttore del Parco Archeologico Naxos Taormina: “Ritengo sia del tutto inadeguato al ruolo. Fin dal suo arrivo, infatti, è venuto meno quel fondamentale spirito di collaborazione istituzionale che aveva contraddistinto i rapporti con il Comune di Taormina e con la Commissione di Anfiteatro Sicilia, organismo che coinvolge anche i rappresentanti degli Assessorati regionali al Turismo e ai Beni Culturali. Con atteggiamenti divisivi e poco inclini al dialogo, ha avvelenato i rapporti preesistenti, compromettendo il clima di fiducia e collaborazione costruito nel tempo tra le istituzioni”. Che ci sia un altro avvicendamento alle porte? L’amicizia, in politica, non conosce ostacoli. E i partiti, muti.