La buffa commedia
del “retequattrismo”

Per carità, non è il caso di strapparsi le vesti: in fondo è solo un giochino messo in scena per telespettatori abitudinari, un po’ oziosi e un po’ distratti. Ma ieri sera la tv della chiacchiera ha offerto un teatrino degno della migliore commedia italiana. Come antipasto è stato servito il solito dibattito con ospiti. Tema: l’invincibile egemonia culturale della sinistra. Vittima sacrificale: un garbato giornalista di Repubblica, soavemente e allegramente bastonato da quattro guardiani della rivoluzione meloniana. Quattro contro uno, appunto. Nel piatto successivo, quello della prima serata, il gioco è diventato ancora più sfrontato. Il conduttore che la domenica scorsa aveva ceduto per un’ora il microfono a Giorgia, ieri sera l’ha ceduto al ministro Lollobrigida, cognato di Giorgia. E’ il “retequattrismo”, bellezza. “Tutte le ragioni, tutte le opinioni”.

C’è ancora una dignità
nella Fortezza Bastiani?

Affascinati dal romanzo di Buzzati, ci piace paragonare l’Assemblea regionale a quella malinconica Fortezza Bastiani posizionata dallo scrittore davanti al deserto dei Tartari. Bene. Per restare in metafora, che cosa fanno i settanta deputati asserragliati dentro le dorate stanze del Palazzo Reale e impegnati nella snervante attesa che il governo Schifani si faccia finalmente vivo con una legge o una riforma da approvare? Giocano a scacchi o a tressette? Ci sarà pure un sottotenente Giovanni Drogo che non sopporta più l’umiliazione dell’ozio e del tempo perduto. Ci sarà un presidente, come Gaetano Galvagno, in grado di rivendicare la centralità del Parlamento. Ci sarà un gruppo d’opposizione, libero dagli inciuci, che non si rassegna al clima mortizzo imposto dal presidente della Regione. O no? Nessuno spera nella rivoluzione. Ma in un..

Quei giornalisti col fez
a guardia della Meloni

Nella tv della chiacchiera – che è ormai diventata il vero parlamento, l’unica sede del confronto politico – è stata introdotta la figura del manganellatore. Del giornalista col fez. Il cui compito è quello di stroncare sul nascere, e con inusitata violenza verbale, ogni idea contraria alla dottrina meloniana che i chierici vaganti delle reti televisive predicano con tanta fede e tanto zelo. Prima c’era l’inevitabile prevalenza degli ospiti “governativi” ai quali venivano contrapposte delle figure di segno opposto. E il dibattito, per quanto scontato, offriva comunque al telespettatore una parvenza di equilibrio. Era anche prevista una rissa, per tenere su gli ascolti, ma non si andava oltre. Ora, man mano che il cammino di Giorgia diventa sempre più faticoso, la salivosa militanza degli ospiti di destra non basta più...

Il teatrino di Salvini
dal Papeete a Pontida

Fissate la scena che la tv vi ha a più riprese offerto ieri. Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese, abbraccia a Pontida il “capitano” della Lega, Matteo Salvini che a sua volta finge di esprimere grande solidarietà alla premier Giorgia Meloni, impegnata invece, nell’infelice sud dell’Italia, a trovare con l’Europa di Ursula Von der Leyen una via d’uscita all’immane tragedia dell’immigrazione clandestina. Lei bacia lui che bacia lei: è il teatrino sgangherato di un centrodestra che non sa come fronteggiare l’emergenza degli sbarchi e la butta in politica. E’ il cinico avanspettacolo di un vice presidente del Consiglio – chi non ricorda il truce Salvini del Papeete? – che vuole ingabbiare l’Italia in una campagna elettorale lunga nove mesi. Fregandosene, va da sé, di un paese soffocato dal caro..

Campi di detenzione?
Già tremano i polsi…

Giorgia Meloni o Matteo Salvini, chi è il più truce del reame? Mentre il leader della Lega insegue le teorie fascisteggianti del generale Vannacci e invita a Pontida la nera Marine Le Pen, la presidente del Consiglio getta alle ortiche l’abitino della destra dialogante, calza gli scarponi chiodati della repressione e va alla guerra contro l’esercito, sempre più invasivo, dei poveriscristi spinti in Italia da un'Africa martoriata dalle sciagure e dalla fame. Non è facile prevedere gli sviluppi di una decisione così improvvisa, disperata e belluina. Giorgia – la Giorgia di Dio, patria e famiglia – annuncia misure durissime e sconcertanti: il ministero della Difesa, con i suoi soldati, costruirà e presidierà aree recintate in cui chiudere i profughi fino a 18 mesi. Li chiameranno campi di detenzione. E il..

Voleremo a Roma
sulle ali di Schifani

Pensate: alla sua età è salito in macchina ed è andato a Catania. Sommando andata e ritorno ha percorso quasi quattrocento chilometri. Va bene che la fatica della guida tocca all’autista, ma il viaggio è pur sempre una sfacchinata. Direte voi: lo fa per la Sicilia. Ne siete sicuri? Renato Schifani ieri si è spostato sulle falde dell’Etna non per annunciare una riforma, tra le tante che quest’Isola si aspetta; o per dare una nuova governance all’aeroporto di Fontanarossa dopo le sciagurate vicende di questa estate. No. E’ andato a Catania per cantare le virtù della piccola Aeroitalia che – pur costretta a operare tra colossi, come il lupo cattivo Ryanair – garantisce alla Sicilia qualche collegamento in più con Roma. La compagnia di Forlì ha trovato in Schifani il..

L’invincibile patto
fra Totò e Renatino

Li abbiamo canzonati con ironia, mai con cattiveria. Gli abbiamo appiccicato addosso il titolo di un vecchio film: “Il bello, il brutto, il cattivo”. E sul Foglio, dopo avere richiamato i loro impicci con la giustizia, li abbiamo bollati come “i tre mascariati di Sicilia”. Ma la politica – che brucia in fretta intese e alleanze – ha già rovesciato il tavolo. Raffaele Lombardo pare che si sia tirato fuori. Resta in piedi, alla Regione, l’asse tra il presidente, Renato Schifani, e il leader della nuova Dc, Totò Cuffaro. E’ un asse di ferro. I due sono affratellati da un‘affinità elettiva. Il loro patto è suggellato da una solidarietà antica. Fino a quando garantiranno il loro appoggio a questa diarchia i duri di Fratelli d’Italia, quelli di legge e ordine,..

L’ostinato silenzio
di Caterina Chinnici

Arriverà il momento in cui Caterina Chinnici, con la sua tempra e la sua storia, salirà sul palcoscenico della politica siciliana e troverà il coraggio di esprimere un giudizio sulle scelte di Forza Italia, il partito al quale ha aderito con convinzione? Arriverà il giorno in cui la signora dell’antimafia varcherà la soglia di Palazzo d’Orleans per chiedere al presidente della Regione in base a quale logica ha delegato a un avvocato d’affari, che ha non pochi problemi con la magistratura e con l’agenzia delle entrate, le chiavi dei fondi europei (una pioggia di miliardi) e le decisioni più delicate sul futuro industriale di quest’Isola? Caterina Chinnici ha partecipato nel weekend scorso al raduno dei berluscones a Gaeta. E’ stata applaudita e indicata come esempio di rettitudine e intransigenza. Le..

L’essere e non essere
dell’assessore Carta

Avete visto la fascia di asfalto bordeaux che da via Villafranca si snoda fino a via Praga? La pista ciclabile di Palermo sembra una pittura rubata agli urbanisti di Parigi. E’ scorrevole, soffice, vellutata. Sono i miracoli della giunta Lagalla e, in particolare, dell’assessore Maurizio Carta, il docente universitario incaricato di rigenerare il centro storico e di raddrizzare il legno storto del traffico. In tanto fulgore c’è tuttavia un però. Palermo ha la più bella pista ciclabile del mondo ma mancano i ciclisti. Il tappeto bordeaux serve solo a dannare i tanti automobilisti costretti a farsi largo in un budello avvelenato dai gas di scarico e dalle soste in doppia o tripla fila. E’ il destino di Maurizio Carta: essere e non essere. Avere la pista e non avere i..

Schifani e Cuffaro
Il comico e la spalla

L’unica certezza è che non governa. Perché non sa governare, perché non gli interessa governare. Del resto, nessuno può mandarlo a casa: è la legge. Allora gioca. Ogni giorno monta un nuovo teatrino. L’altro ieri, incapricciato di narcisismo, ha ripreso in mano il copione della discesa in campo come leader nazionale di Forza Italia, in contrapposizione con Antonio Tajani. Ieri invece si è travestito da Demolition Man ed è tornato ad attaccare il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, per costringerlo a un rimpasto che preveda l’ingresso in giunta di un suo devoto cliente. Manco a dirlo, in questi giochi proibiti Renato Schifani ha come spalla Totò Cuffaro. I due si conoscono da tempo. Li lega un’antica solidarietà. Si sono spartiti i compiti: l’uno recita la parte del reuccio mentre l’altro..

Gerenza

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