Un sussulto di pudore
per il super pagnottista

Maurizio Scaglione – lo ricorderete – è il super pagnottista che in due anni ha ottenuto dalla Regione affidamenti per oltre mezzo milione di euro. Tutti con la banalissima scusa di garantire agli allocchi del Turismo o di Palazzo d’Orleans “una copertura mediatica” a prova di bomba. Per accreditarsi come “grande operatore della comunicazione” e collezionare incarichi dagli assessorati e dagli enti collegati alla Regione, il callido Scaglione ha utilizzato un giornaletto di sua proprietà che si definiva “indipendente nei fatti”. Un azzardo. Perché nel giornaletto trovavano spazio, con interviste tagliate su misura, gli stessi personaggi che consentivano al suo editore di rastrellare denaro pubblico. Ma in questi giorni, complice un restyling, la scritta “indipendente nei fatti” è scomparsa dalla testata. Anche i pagnottisti, ogni tanto, hanno un sussulto di..

Ma la Faraoni conosce
le strade della politica

La tentazione più scontata sarebbe quella di dire: esce un cartonato e al suo posto si insedia un altro cartonato. Oppure: esce una controfigura di Renato Schifani ed entra un’altra controfigura del medesimo presidente della Regione. Ma Daniela Faraoni, da ieri nuovo assessore alla Sanità, ha poco da spartire con Giovanna Volo, la “figura tecnica” che l’ha preceduta al vertice di Piazza Ottavio Ziino. E per capirlo basta dare uno sguardo alla geografia degli applausi che, al momento del giuramento, le forze politiche hanno tributato all’ex manager dell’Asp di Palermo. Perché, a differenza della Volo, la Faraoni è impastata con la politica: conosce uomini e cose, ha sempre trattato con i partiti e all’occorrenza ha cambiato pure cavallo e punti di riferimento. Ma non sempre le relazioni politiche sono fiori..

Da Washington
alla Noce di Palermo

Nel giorno in cui Donald Trump si insediava alla Casa Bianca e, tanto per gradire, annunciava la deportazione di milioni di migranti, Sergio Mattarella entrava in una scuola multietnica di Palermo – la De Amicis del quartiere Noce – per incontrare gli alunni vittime di un gratuito e squallido episodio di razzismo: “Voi siete una scuola che con la cultura, la lettura, la musica e tante altre iniziative di crescita culturale esprime i valori della convivenza”, ha detto il Capo dello Stato, rivolto particolarmente ai ragazzi – tutti italiani, ma nati da genitori ghanesi e mauriziani – che lo scorso novembre, davanti alla Feltrinelli di via Cavour, furono insultati da alcuni passanti. Non facevano del male a nessuno: raccoglievano soldi per l’acquisto di libri. L’America, si sa, è una grande..

Meno male che c’è
Sergio Mattarella

Per fortuna c’è Lui. Per fortuna c’è Sergio Mattarella che, dall’alto del Colle, vigila sulla nostra Costituzione e sulla nostra Democrazia. Sentite quali preziose parole ha pronunciato ad Agrigento, Capitale della Cultura 2025. “Viviamo un tempo in cui tutto sembra comprimersi ed esaurirsi sull’istante del presente. In cui la tecnologia pretende, talvolta, di monopolizzare il pensiero piuttosto che porsi al servizio della conoscenza. La cultura, al contrario, è rivolgersi a un orizzonte ampio, ribellarsi a ogni compressione del nostro umanesimo, quello che ha reso grande la nostra civiltà”. Con il suo tocco da maestro, il “picconatore gentile” ha rifilato un nuovo colpo a Elon Musk e ai suoi torvi progetti di “tecno-destra”. Nei giorni in cui Sky trasmette “M, il figlio del secolo”, Mattarella ci ricorda che il figlio del..

Dimenticare Palermo
(e la febbre del 2018)

Ricordate quel magico 2018, traboccante di speranze per una Palermo che si affacciava al mondo come capitale italiana della cultura? Sei anni dopo che cosa resta di quelle promesse, di quegli slanci, di quegli entusiasmi? Nulla. Il degrado ha proseguito regolarmente il suo corso; le periferie sono più sole e selvagge di prima; la monnezza ci ammorba sempre di più; il centro storico rimane immerso in un perenne odore di fritto; il nuovo sindaco, Roberto Lagalla, è più imbambolato e impotente del vecchio sindaco Leoluca Orlando, quello dell’antimafia e nulla più. E la cultura? Galleggia. Marco Betta, al Teatro Massimo, fa le stesse cose che faceva – con una visione più alta – Francesco Giambrone. Il Teatro Biondo è scivolato da Roberto Alajmo a Pamela Villoresi e poi nelle mani..

Arte contemporanea
o acne contemporanea?

Arte contemporanea o acne contemporanea? Il dubbio nasce dal fatto che la Fondazione, nata per curare Agrigento Capitale della Cultura 2025, ha inserito nel board un valente dermatologo: Giuseppe Ferro da Raffadali. Comunque, meglio un dermatologo che un pagnottista. Anche se la lottizzazione del consiglio di amministrazione non ha portato fortuna, almeno fino a questo momento, né alla Fondazione né ad Agrigento. Il presidente della Regione, Renato Schifani, dice che vuole metterci mano, ma non si sa ancora chi entrerà nel mirino. Dovrebbe cavarsela senza particolari contraccolpi il direttore della Fondazione, Roberto Albergoni. Che è una sorta di cucchiaio per tutte le pentole culturali della Sicilia. Nel 2018 a Palermo ha seguito Manifesta12 e, dopo Agrigento, prenderà in mano le redini di Gibellina Capitale dell’Arte Contemporanea. Che Dio gliela mandi..

Agrigento, il tempo
dei giochi è finito

Nonostante i malumori, né il ministro della Cultura, Giuli, né il presidente della Regione, Schifani, lasceranno da solo il Capo dello Stato, Mattarella. Sabato saranno tutti al Teatro Pirandello per dare il via ad “Agrigento, capitale della Cultura 2025”. Ma non sarà solo una festa. Al di là delle gaffe e delle sciatterie, la Fondazione – che per un anno intero organizzerà eventi e manifestazioni – avrà certamente bisogno di una messa a punto. Sino all’altro ieri, più che su una prospettiva di ampio respiro culturale, la Fondazione ha galleggiato sul mare, un po’ torbido e appiccicoso, del provincialismo e della lottizzazione. Concedendo spazi, forse eccessivi, ad appetiti e ambizioni che andavano lasciati fuori dalla porta. Da qui a sabato però tutti i giochi malsani dovranno essere dismessi e archiviati...

Salvare Agrigento
è ancora possibile

Ci sono state raffiche di malasorte, come la pioggia caduta sul palcoscenico del Teatro Pirandello; ma anche vampate di asineria, come il cartello stradale pieno di sgrammaticature piazzato sulla “strada degli scrittori”. Ci sono state ingenuità. Ma pure gli intrighi dei tanti pagnottisti arrivati ad Agrigento, capitale italiana della cultura, per affondare le mani nel ricco vassoio del denaro pubblico messo a disposizione della Città dei Templi. C’è il malumore del Presidente della Regione, Schifani, e ci sono le riserve del ministro della Cultura, Giuli. Tutte sacrosante verità, tutte posizioni legittime. Ma sabato prossimo, giorno dell’inaugurazione, che succederà? Disertare la cerimonia e lasciare da solo il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, significherebbe radere al suolo il progetto. E condannare Agrigento a un futuro di solitudine. Non solo culturale.

Nella felicissima Sicilia
nessuno paga pegno

I pagnottisti si compattano. E per dimostrare che non temono né le critiche né i controlli si intervistano tra loro. A chi i soldi della Regione? “A noi”. La brigata degli arditi e dei faccendieri se ne frega. E strappa in faccia, agli onesti e ai moralisti, i giornali che denunciano lo scandalo di un clan che, con le imposture della comunicazione, intasca carrettate di denaro pubblico. In Sicilia, del resto, non paga pegno nessuno. Soffermatevi su Villa Sofia. Dopo che sono venute fuori le nefandezze dei pazienti abbandonati nei corridoi, il direttore sanitario non ha potuto far altro che dimettersi. Apriti cielo. In sua difesa sono insorti i colleghi: “E’ un capro espiatorio, tutte le colpe sono della politica”. Già, la politica. Che stavolta però non si è limitata..

La distanza che c’è
tra Giorgia e il Balilla

Giorgia Meloni ha appena riportato a casa Cecilia Sala, sequestrata dal regime iraniano, e il mondo le dà atto di avere compiuto un capolavoro di politica e diplomazia. E’ naturale che il suo popolo vada in delirio e che i suoi elettori la portino in trionfo. Eppure suggerirei ai patrioti siciliani di mostrarsi cauti, di non eccedere con la glorificazione. Finirebbero per rendere evidente l’enorme distanza che passa tra le eccellenti qualità della premier e la deprimente modestia della classe dirigente che Fratelli d’Italia esprime qui, dalle nostre parti. Il partito della Meloni non ha una politica regionale degna di questo nome e, soprattutto, non riesce a discostarsi dall’ossessione per il turismo. Ha partorito un cacicco: quel Manlio Messina che s’è inventato SeeSicily e altri sprechi, ma non ha un..

Gerenza

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