Giuseppe Conte, a vederlo così, non sembrerebbe incutere timore. E invece. Pare che nel M5s basti un suo sguardo storto per trasformare deputati in monaci benedettini: silenziosi, disciplinati, e con un voto di obbedienza che manco fra Cristoforo. Prendete Filippo Scerra, deputato e questore della Camera. Uno che fino a qualche tempo fa parlava, sorrideva, magari mangiava anche. Poi il disgraziato, in una riunione, ha approvato la restituzione del vitalizio all’ex ministro Francesco De Lorenzo. Ebbene, un richiamo di Conte – pubblico e privato – ha avuto su di lui l’effetto di una conversione: “Ma le leggi almeno le cose che firmi?”. Da allora, per non sbagliare, per non saper (come si dice) né leggere né scrivere, il povero Scerra dice solo “No”. In ogni riunione del collegio dei questori. “No” a tutto. Persino quando gli chiedono se vuole sedersi, lui ormai scuota la testa e resta in piedi. Per sicurezza. Vedi mai che Conte sia contro le sedie.

Si dice che il povero Scerra abbia rifiutato anche un invito a cena dalla suocera, solo per non abbassare la guardia. L’ultima perla di questa epopea è un episodio che sembra uscito da una commedia di Aristofane, con un pizzico di surrealismo alla Ionesco. Alcuni intraprendenti produttori veneti, colpiti dalla crisi pestilenziale dei granchi blu e dei cinghiali – bestie che a quanto pare si moltiplicano più velocemente delle promesse elettorali del M5s – avevano avuto un’idea tanto semplice quanto geniale: mangiarli. Trasformare granchi blu e cinghiali in succulenti piatti per combattere l’invasione. Continua su ilfoglio.it