Sono scesi in campo mostrando i muscoli e dicendo che il loro unico obiettivo era quello di difendere il tremulo e traballante Gaetano Galvagno. Ma in realtà volevano solo difendere le proprie mance e i propri privilegi. I più alti dignitari di Palazzo dei Normanni ieri, martedì primo luglio, hanno offerto uno spettacolo che ogni sincero democratico dovrebbe subito cancellare dalla memoria. Hanno balbettato per un’ora e passa dicendo che volevano tutelare la dignità di un presidente sottoposto, povero figlio, a un’ingiusta gogna mediatica. Ma in realtà volevano solo preservare un loro antico e consolidato costume: quello di foraggiare, con carrettate di denaro pubblico, le fameliche clientele sparse nei territori della Sicilia e di trasformare ogni legge in uno strumento utile per favorire parenti, amici e pagnottisti.
Hanno improvvisato discorsi che neanche un avvocaticchio di pretura: discorsi senza capo né coda, sfilacciati, senza un’idea e, soprattutto, privi di una qualsiasi grammatica politica. Hanno santificato un indagato per corruzione: “Caro Gaetano, non devi fare un passo indietro ma due passi in avanti”. E, santificando lui, hanno elevato sull’altare il loro diritto a tenere aperta e attiva la grande mangiatoia del turismo: quella creata da Manlio Messina col ministro biondo di Fratelli d’Italia; quella dello scandalo di Cannes e dello spreco milionario di SeeSicily; quella tenacemente praticata dall’assessore Elvira Amata; quella della finta cultura e della finta beneficenza; quella dei luccicanti carrozzoni di Taormina; quella tollerata dal governatore Renato Schifani, pronto a girarsi dall’altra parte ogni qualvolta la questione morale tocca e travolge figli e figliocci del suo fraternissimo amico Ignazio La Russa.
Questi sedicenti rappresentanti del popolo hanno sostenuto ieri, per un’ora e passa, di volere difendere, con le geremiadi sulla presunzione di innocenza, “le prerogative e la storia del glorioso Parlamento siciliano”. In realtà, con la loro rozzezza e la loro improntitudine, hanno sputtanato quell’antico e glorioso Parlamento come meglio non si poteva.