Da quando lo scandalo della corruzione ha ammantato i palazzi del potere, e Galvagno è comparso a palazzo dei Normanni per la seduta parlamentare più umiliante e grottesca che si ricordi, la politica siciliana non è più la stessa. Anche se per certi versi continua ad essere quella improduttiva di sempre. L’attività legislativa dell’Assemblea regionale è congelata e il governo fatica a trovare il bandolo della matassa. Le ferie si avvicinano, anche se quest’anno sono contrassegnate dall’incertezza e dalla fifa.
Incertezza perché, al 99 per cento, non ci sarà modo di inserire le mance nella Finanziaria-ter da discutere a Sala d’Ercole prima della fine di luglio: la proposta dell’assessora Amata di aggiungere, come emendamento, un tesoretto da quasi 1,5 milioni per gli eventi promossi direttamente dall’assessorato, è stata cassata da Schifani. Che ha chiesto e ottenuto dai gruppi il rinvio dei fondi destinati ai comuni per la promozione turistica. Tira una brutta aria ed è meglio evitare nuovi pasticci come quelli segnalati nelle carte della Procura di Palermo.
E qui subentra la fifa. L’altro ieri, infatti, la Guardia di Finanza si è presentata nuovamente a Palazzo dei Normanni per ottenere gli atti relativi al “maxi emendamento” varato nell’agosto 2024. Un provvedimento che distribuì milioni di euro in contributi ai deputati della maggioranza, e che adesso finisce sotto la lente per possibili assegnazioni pilotate. Le intercettazioni già in mano agli inquirenti – piene di omissis – potrebbero presto avere dei nomi, a partire dal misterioso “Uomo 56” (non fate confusione con “Uomo 6”), attorno al quale ruotano le conversazioni del presidente e del suo staff. “Non li scriviamo tutti in fila quelli di Uomo 56, perché sennò sono facilmente individuabili”, raccomandava Galvagno ai suoi. “Verranno spezzettati in sei voci di spesa diverse”, aggiungeva un collaboratore. Una strategia, secondo gli investigatori, per rendere irriconoscibili i destinatari dei fondi. Galvagno, in quell’estate, parlava con orgoglio di una manovra “a trazione nostra, cento per cento”.
Fratelli d’Italia sapeva di poter gestire le risorse di tutti, non soltanto le “proprie”. La fattispecie emerge in più di un passaggio dell’inchiesta che per il momento tiene fuori personaggi di alto rango del partito. Ma non l’assessore al Turismo: alla Amata, che Schifani ha confermato in via Notarbartolo, è stata notificata la conclusione delle indagini, mentre l’esponente della corrente turistica, assai legata a Manlio Messina, ha dovuto rinunciare ai servizi del segretario particolare Peppe Martino, che aveva ottenuto da lady Dragotto una consulenza da 18 mila euro (da far fatturare alla figlia). In questa rete sono finiti anche il presidente Galvagno e la sua portavoce, Sabrina De Capitani. Nella sua accezione più ampia: quella di faccendiera.
E’ noto che la “califfa” proveniente da Mediaset, dopo aver fatto gavetta in assessorato, avesse l’ambizione di accrescere la notorietà e la fama di Galvagno. Oltre alle pubbliche relazioni con gli imprenditori, la De Capitani sembrava aver preso possesso della Fondazione Federico II, riuscendo a limitare l’operato di Patrizia Monterosso fino a spodestarla del tutto (con una Pec della presidenza). Grazie a un semplice contratto di collaborazione di 18 mesi, che le permise di mettere le mani in pasta nell’organizzazione di mostre ed eventi. “Fu direttamente il presidente Galvagno a comunicarmi oralmente che bisognava affidare il suddetto incarico alla De Capitani, precisando durata e importo del compenso. Successivamente – ha detto la Direttrice generale facente funzioni Antonella Razete, una volta chiamata a testimoniare – fu il consulente del lavoro della Fondazione Federico II a predisporre il contratto sulla base delle indicazioni fornite da Galvagno, che ha provveduto a sottoscriverlo”.
Ma possibile che nessuno del Consiglio di presidenza sia stato al corrente di questa deriva? Oggi i 70 deputati s’interrogano su come andare avanti (ieri è iniziata la discussione generale sulla riforma dei Consorzi di bonifica, attesa da anni) e lasciarsi alle spalle l’onta di uno scandalo che, direttamente, investe anche loro. La spartizione dei contributi per la promozione degli eventi culturali, è il momento più atteso dell’anno all’Ars. E spesso si ripete: non una, ma due o tre volte. I capigruppo e i deputati sono stati parte attiva dello stesso circo, hanno convissuto con chi dava le carte, hanno suddiviso il bottino in maniera scientifica, si sono fatti fotografare nel bel mezzo delle sedute in commissione Bilancio, dove venivano gettate le basi per una manovra (o manovrina) che accontentasse tutti, comprese le opposizioni. Venendo meno il presupposto dello stare insieme, e dello stare in aula, quale altra azione può essere portata avanti?
Anche il governo, falcidiato da mille emergenze, sembra aver perso il filo del discorso. Schifani ha graziato la Amata per non inimicarsi i vertici di Fratelli d’Italia, e rimane in attesa di indicazioni romane. Che la fiducia sia sotto i tacchi lo dimostrano i continui rinvii anche sul fronte delle nomine di sottogoverno, che rappresentano il pascolo dorato di questa maggioranza: la settimana scorsa è saltato il vertice di coalizione che avrebbe dovuto dare il via alla girandola di poltrone che investe gli Istituti autonomi di case popolari, gli enti parco, gli enti per il diritto allo studio universitario (Ersu). Anche in questo caso, per motivi di opportunità politica, si è preferito glissare.
L’unico scatto d’orgoglio si è registrato a Trapani, con la nomina di Sabrina Pulvirenti alla guida dell’Asp (al posto di Ferdinando Croce, che si era dimesso a seguito dello scandalo dei referti istologici). Altre posizioni di vertice, come quella di manager dell’Asp di Palermo, rimangono inopinatamente vuote. Ma è quel che succede quando la politica non trova un accordo e le alleanze rischiano di esplodere. Oggi, oltre a mancare l’affiatamento, c’è pure il peso gravoso delle inchieste giudiziarie che ha fatto aumentare ai massimi livelli l’impopolarità di questa classe dirigente. E allora, fermi tutti. In attesa che si calmino le acque.