Che Desirée Farinella, ex direttore sanitario dell’Ospedale dei Bambini di Palermo, non andasse punita, l’aveva scritto nero su bianco una commissione incaricata dal DASOE, cioè dal dipartimento Attività sanitarie dell’Assessorato alla Salute. Una pezza tardiva rispetto alla decisione assunta dal manager del “Civico”, Walter Messina, che, all’indomani della denuncia di una madre sui giornali, decise di demansionarla (umiliandola). Ma rispetto a una vicenda che già ai tempi mostrò più di una lacuna – oggi rimane l’ingerenza intollerabile di un pezzo della politica palermitana e, soprattutto, un’inchiesta che coinvolge per tentata violenza privata un altro parlamentare dell’Ars: si tratta di Gaspare Vitrano.
Ecco il clima che si respira oggi all’Assemblea: un verminaio da bonificare. Vitrano, di cui è nota la vicinanza politica all’assessore Edy Tamajo, voleva semplificare in qualche modo l’addio di Farinella dopo che Schifani, col solito scatto d’ira, mise in discussione la catena di comando dell’ospedale dei Bambini per l’“odissea” vissuta da un piccolo paziente nel reparto di Nefrologia pediatrica. Piuttosto che mettere in riga il personale del reparto – qualora davvero ci fossero state delle negligenze – si preferì mettere all’indice il Direttore sanitario del presidio, difesa a spada tratta dal personale e dai sindacati. Oggi la Farinella lavora al Policlinico, ma ai tempi registrò tutto. E da quel tutto viene fuori il peggio, cioè una dichiarazione di Vitrano – riferita a Schifani – che i magistrati non hanno potuto ignorare: “In certi casi prima si chiamano i Nas e si fanno dichiarazioni il giorno dopo, no il giorno prima… lui è stato un po’ precipitoso, doveva dire ‘accerto il risultato e poi valuterò l’operato dei miei’, ora però ha capito la minchiata da recuperare, cerca di non perderci la faccia”.
Poche battute per capire qual era (o qual è) lo sport preferito del governatore: la ricerca del capro espiatorio. Ma il tentativo di dare il buon esempio a tutti i costi è culminato in questo scivolone clamoroso, che fra l’altro s’incastra in una fase storica particolare: quella in cui alla Regione, fra mille tensioni, era in discussione la nomina dei manager. Al “Civico” si era passati da Roberto Colletti (poi fatto fuori anche da Villa Sofia, per un altro episodio di malasanità) a Walter Messina, il cui curriculum – di certo – non risultava fra i più brillanti. Eppure Messina diventa uno strumento che la politica piazza ai vertici e usa per i propri scopi (in questo caso l’epurazione a danno della Farinella). Gaetano Buccheri, Direttore sanitario dell’Arnas “Civico”, e Vitrano le chiedono di mettersi in malattia per dare una risposta al presidente, ma lei niente. Resiste e registra. Oggi Buccheri e Vitrano rischiano il processo. Ma anche Schifani e l’ex assessore Volo, declassata a semplice passacarte, non ci fanno una gran figura.
Il caso del ‘Di Cristina’ fa il paio con le ultime vicende che permettono alla sanità di riguadagnare terreno rispetto al turismo, accentratore di scandali. La revisione della rete ospedaliera, che l’assessore Daniela Faraoni ha presentato solo in alcune province, è riuscita nell’impresa di mettere tutti d’accordo: “Così si umilia il territorio”. Lo sostengono i sindaci (di tutti i colori, anche di centrodestra), lo ribadiscono sindacati e organizzazioni di categoria. Il primo cittadino di Bronte, il decano Pino Firrarello (Forza Italia), ha fatto notare che in provincia di Catania c’è una profonda sperequazione fra il trattamento riservato all’ospedale di Paternò e gli altri. Una coincidenza curiosa, se si considera che Paternò è la città di Galvagno e La Russa, mentre l’isola nel complesso ne perde 367.
Ma c’è anche un’altra vicenda che non fa dormire Schifani e riguarda le liste d’attesa. Un elemento che avrebbe dovuto portare alla valutazione dei Direttori generali a un anno dalla nomina (la scadenza si avvicina), col rischio di una revoca. In Sicilia ci sono oltre 212 mila prestazioni sanitarie in attesa di essere erogate. Un dato allarmante che comprende circa 182 mila esami e visite specialistiche e ben 29.734 ricoveri programmati che, per diverse ragioni, non sono mai stati eseguiti. Si tratta di un arretrato enorme, che ha messo in seria difficoltà il sistema sanitario regionale e alimentato un profondo malcontento, oltre che un acclarato senso di sfiducia, tra i cittadini. Oggi, per la prenotazione di una colonscopia o di qualunque esame di diagnostica, servono settimane se non addirittura mesi. Mentre a Trapani – come dimostra lo scandalo degli esami istologici costato il posto al patriota Ferdinando Croce – ci sono voluti 8 mesi per esaminare i vetrini che, nella peggiore delle ipotesi, hanno rivelato ai pazienti l’esito più nefasto: il cancro.
Per far fronte a questa emergenza, il governo ha varato un piano straordinario inserito all’interno della manovra-ter approvata in giunta. L’obiettivo è ambizioso: smaltire tutto l’arretrato entro sei mesi. A tal fine, è stato previsto un investimento complessivo di 66 milioni di euro, da impiegare fino al 2027. Il cuore del piano ruota attorno al coinvolgimento straordinario del personale sanitario. I medici saranno pagati 100 euro lordi all’ora per prestazioni aggiuntive, mentre tecnici e infermieri riceveranno 50 euro lordi. La Regione punta a incentivare turni supplementari e aperture serali e festive per aumentare l’offerta senza rallentare l’attività ordinaria. Oltre alla leva economica, il governo regionale intende puntare sulla riprogrammazione centralizzata delle prenotazioni. Verrà infatti potenziata la piattaforma CUP (Centro Unico di Prenotazione) per consentire di spostare i pazienti tra diverse strutture pubbliche e convenzionate, indirizzandoli laddove i tempi di attesa sono più brevi.
Sul piano politico, tuttavia, il destino del piano è appeso anche al clima teso che si respira all’Ars, dove rimane forte l’eco delle vicende giudiziarie che hanno interessato il suo massimo rappresentante (Galvagno), l’assessore al Turismo (Amata) e, da ieri, uno dei deputati più ingombranti di Forza Italia (Vitrano). Resta da capire se questa cura d’urto sarà sufficiente per riportare la sanità siciliana su binari più efficienti, o se si tratterà dell’ennesima promessa destinata a scontrarsi con la realtà delle strutture inefficienti e delle carenze croniche di personale. Sullo sfondo c’è sempre il cappio del Piano di rientro, da cui Schifani prima o poi vorrebbe far uscire la Sicilia. Prima o poi.