Promettevano di mandare in archivio la stagione delle mance, ma sono ripartiti coi contributi a pioggia. Due milioni di euro per un grande evento “di alto valore turistico” a Messina, città dell’assessora Elvira Amata, indagata per corruzione nell’inchiesta partita da Cannes che coinvolge anche il presidente dell’Ars Galvagno. Altri due milioni già messi in cantiere per Palermo nel 2026. E ulteriori 2,2 milioni che l’assessore alle Autonomie locali, Andrea Messina, ha chiesto di destinare ai Comuni per sagre, convegni e mostre di tradizione popolare. Nella manovrina approvata dalla giunta Schifani il 10 luglio, per la quale lo stesso governatore aveva chiesto ai gruppi di maggioranza di attenersi alle regole (“Non ci sarà spazio per microinterventi e mance”), gli interventi destinati alla promozione turistica resistono.

L’obiettivo è finanziare concertoni e passerelle, come già avvenuto in passato. Questa volta non ci sarà un maxi-emendamento in extremis. Le somme sono inserite direttamente nel testo, articolo 31: “finanziamento di iniziative di alto valore turistico-promozionale di rilevanza regionale”, da svolgersi nel 2025 a Messina e nel 2026 a Palermo, “previo esperimento di procedure ad evidenza pubblica”. Nessun criterio dichiarato, nessuna strategia, nessuna programmazione. Solo un’indicazione territoriale ben precisa.

Eppure si era detto basta. L’assegnazione dei fondi alle associazioni prima e agli enti locali poi, senza alcun riferimento a criteri di merito, aveva fatto drizzare le antenne della procura di Palermo e della procura della Corte dei Conti, che indagano da mesi sul metodo dello ‘spendi e spandi’. E anche i costi per sostenere i grandi eventi, non è chiaro che beneficio abbiano portato sotto il profilo dell’immagine pubblica e dell’indotto turistico: prendete l’esibizione di Gigi D’Alessio allo stadio Barbera. Più che la beneficenza, nell’immaginario collettivo sono rimasti gli stracci volati fra Schifani e Tommaso Dragotto, che con la sua fondazione aveva ipotizzato un aiuto concreto per la realizzazione di un centro pediatrico (dimenticando, però, di citare a dovere i partner pubblici dell’iniziativa).

Ma altri grandi eventi, in passato, hanno raccolto ingenti sponsorizzazioni pubbliche. Come avvenuto lo scorso 31 dicembre a Catania, per il Capodanno condotto da Federica Panicucci e trasmesso da Mediaset, cioè l’unica azienda ad aver risposto all’avviso pubblico del Dipartimento regionale del Turismo. Un circus costato 2 milioni alle casse della Regione. L’evento aveva l’obiettivo dichiarato di “potenziare l’offerta turistico-culturale del capoluogo etneo con un pubblico potenziale di milioni di telespettatori”.

Pochi giorni prima era toccato all’esibizione dei tre tenori de Il Volo alla Valle dei Templi, trasmessa su Canale 5 la sera di Natale. Peccato che lo spettacolo fosse stato registrato il 31 agosto, con un caldo asfissiante e gli spettatori trasformati in comparse di scena (tutti imbacuccati nonostante i 30 gradi). In quel caso il progetto, che rientrava nel programma di promozione turistica “Agrigento Capitale della Cultura 2025”, era stato finanziato con 900 mila euro dalla Regione, attraverso l’assessorato al Turismo, e con altri 300 mila euro dal governo nazionale, tramite il Ministero del Turismo e l’Enit – l’Agenzia nazionale del Turismo.

Tutta roba di Fratelli d’Italia, insomma. Perché sia l’assessorato in Sicilia che il Ministero a Roma (con Daniela Santanché) appartengono alla privativa dei patrioti. Alla Regione – i più scrupolosi se ne saranno accorti – da qualche tempo, però, si discute di “questione morale”. Anche alla luce delle inchieste che hanno preso il via da una mail inviata da Sabrina De Capitani, ex portavoce di Galvagno, per introdurre nei palazzi del potere la figura di Patrick Nassogne, ideatore di uno shooting su donne e cinema da tenersi a Cannes. Da Absolute Blue in poi, nulla è stato più come prima. La politica dello ‘spendi e spandi’ ha coinvolto assessori, dirigenti, imprenditori (come Marcella Cannariato, alias Lady Dragotto), e faccendieri di ogni tipo. In cambio di alcuni contributi pubblici, pagati coi soldi dei contribuenti, la politica si assicurava delle “utilità”. Fra le più disparate.

Schifani da tempo avrebbe dovuto togliere il giocattolo a Fratelli d’Italia, ma purtroppo ne è succube. Deve le sue fortune a Ignazio La Russa e non può permettersi di sfilare la delega alla Amata. Almeno – però – potrebbe vigilare affinché i rubinetti della spesa per iniziative inutili, o comunque individuate senza criteri di equità o trasparenza, vengano temporaneamente chiusi. Invece no.

Da qui si arriva all’articolo 31 e all’iniziativa dell’assessorato alle Autonomie locali, che ha ottenuto il rifinanziamento del capitolo destinato ai Comuni. L’avviso, che sarà identico a quello dello scorso anno, coprirà manifestazioni “storiche, religiose, popolari, multietniche, giovanili, intergenerazionali”. Tante buone intenzioni, ma pochi controlli sugli esiti. Il rischio è che i fondi si disperdano in mille iniziative locali, spesso scollegate da una visione d’insieme, talvolta affidate a comitati estemporanei o ad amministrazioni più attente al consenso che alla qualità. «Altro che niente mance – ha commentato Antonello Cracolici, presidente della Commissione Antimafia e anticorruzione dell’Ars – questo governo ha solo trasformato gli assessorati in distributori automatici di contributi».

Parole dure, che trovano conferma nei numeri e nelle tempistiche. La norma sui due eventi principali – Messina e Palermo – arriva proprio mentre l’assessora Amata è coinvolta in un’indagine, e pochi giorni dopo che Schifani aveva annunciato la fine di ogni forma di clientelismo. Una contraddizione evidente, difficile da giustificare con motivazioni tecniche. Il presidente della Regione, nel presentare la manovrina, aveva parlato di tre priorità: rilancio economico, spesa sociale, investimenti infrastrutturali. Ci aveva convinti che i soldi (345 milioni la dotazione complessiva) venissero spesi per l’emergenza idrica, per ridurre le liste d’attesa nella sanità, per compensare gli extracosti sostenuti dai Comuni per spedire i rifiuti all’estero. E invece ci si ritrova a commentare uno stillicidio (economico) annunciato.

Sul piano politico, resta il tema del consenso. La distribuzione di fondi attraverso eventi e manifestazioni – spesso pensati su misura per alcuni territori – continua a essere una delle leve principali. Il meccanismo continua a funzionare anche per l’assenza di un’alternativa. Il dibattito in Assemblea è stato flebile, le opposizioni poco presenti. E la macchina amministrativa – quella che dovrebbe valutare, selezionare, indirizzare – resta in posizione di attesa. Intanto si distribuiscono milioni. Nessuno spiega che impatto avranno. Nessuno dice chi li gestirà. Chi vigilerà. Chi risponderà. Una cosa è certa: Schifani ha perso – di nuovo – l’occasione di voltare pagina.