In Sicilia c’è una provincia che vola e un’altra che resta a terra. La politica dei trasporti continua a muoversi secondo logiche squilibrate, e nel regno delle mance e delle disparità non tutti gli aeroporti “minori” sono trattati allo stesso modo. Basta guardare cosa accade a Trapani e a Comiso: il primo beneficia di attenzioni, fondi e rotte in espansione; il secondo resta bloccato, con pochi collegamenti e prospettive nebulose. I due scali appartengono a periferie diverse.

L’ultima Legge Finanziaria approvata dall’Ars, lo scorso dicembre, ha certificato la geografia del cielo: allo scalo “Vincenzo Florio” vanno 8 milioni l’anno per tre anni, a quello ibleo meno della metà – 3 milioni e figliastri – con risultati e prospettive ben diversi. Ma il caso più eclatante è quello dell’addizionale comunale: una tassa d’imbarco di pochi euro, abolita con grande enfasi per tutti gli aeroporti sotto i 5 milioni di passeggeri, grazie a un emendamento del Senato al Decreto Legge Economia. “Una vittoria del governo Schifani”, hanno celebrato in coro a Palermo, lodando l’intervento fiscale (6,6 milioni di fondi regionali) “per attrarre traffico e favorire il turismo”.

Peccato che, al momento, il 90% del beneficio vada dritto nelle tasche di Ryanair. Che a Trapani è di casa – anzi, è l’unica padrona di casa – e che già godeva di condizioni favorevolissime. Ora potrà continuare indisturbata a moltiplicare rotte e passeggeri. Un regalo da manuale per un aeroporto – Birgi – che già beneficia di una compagnia di gestione (Airgest) completamente sotto il controllo della Regione (che quando qualcosa va storto, ci mette un attimo a ripianare). La misura, applaudita da tutto l’arco governativo, aveva messo in crisi i rapporti fra Schifani e Vito Riggio, ai tempi amministratore delegato di Gesap. Inoltre, è vista da molti addetti ai lavori come una “mancia generalizzata”, che redistribuisce soldi pubblici senza una strategia precisa. “Più voli per tutti”, sulla carta. Nella realtà, più soldi per chi già vola. E gli altri?

Comiso, invece, aspetta che Ryanair si degni almeno di sedersi al tavolo, come chiesto ripetutamente dal Libero Consorzio Comunale di Ragusa, sotto la pressione – ormai incessante – dei sindaci iblei e delle organizzazioni di categoria, che contano i danni di un aeroporto a scartamento ridotto (fino a 100 milioni, secondo alcune stime). Ma da Dublino, finora, nessuna risposta. Al “Pio La Torre” resta Aeroitalia. L’unica compagnia ad aver risposto al bando per la continuità territoriale. Due voli al giorno per Roma e uno per Milano, a tariffe agevolate (39 e 47 euro per i residenti) dal 1° novembre. Una moneta a una sola faccia, con un vettore che in passato ha già dato prova di scarsa affidabilità, abbandonando l’aeroporto nottetempo e lasciandolo sprovvisto di voli fino allo scorso 25 luglio. Ma è la compagnia del cuore di Schifani, che l’ha accompagnata per mano fino in Sicilia.

Le responsabilità politiche, però, non si fermano qui. I “patrioti” di Fratelli d’Italia, che da anni gestiscono la partita del turismo in Sicilia, avrebbero avuto una carta da giocare. Ita Airways – che ha preso le redini della fallita Alitalia – sembrava intenzionata a partecipare al bando. Sarebbe stato un modo per dare serietà all’operazione, coinvolgendo un vettore strutturato, con una rete consolidata e capacità di attrazione. E invece? Niente. Non ha presentato neanche la busta.

Un’occasione sciupata, tanto più grave se si considera che il presidente della compagnia è Sandro Pappalardo, già assessore regionale al Turismo con FdI. La comune appartenenza, per una volta, poteva fare il bene di un territorio sempre più i margini. Ma dov’erano tutti quei patrioti – compresi quelli della provincia iblea – che si battono per le mance e alimentano le clientele a suon di sagre? Che saccheggiano i bilanci per dare stura agli avventurieri e agli imprenditori più spregiudicati? Avevano un’occasione di riscatto, ma l’hanno clamorosamente (o volutamente?) persa. Lo stesso Pappalardo, poche settimane fa, è stato ricevuto a Palazzo d’Orléans da Schifani in persona per discutere, guarda caso, del caro-voli. Il risultato concreto di queste interlocuzioni: zero.

Il problema, però, è più a monte. La gestione dello scalo ragusano è nelle mani della SAC, la stessa società che controlla l’aeroporto di Catania – controllata al 60% Camera di Commercio del Sud-Est, anch’essa commissariata – da mesi priva di una governance operativa. Il rinnovo dei vertici è bloccato da tempo per ragioni politiche. Nessuno decide, nessuno cambia, nessuno risponde. Intanto, lo scalo di Comiso affonda, mentre quello di Catania è teatro di disservizi imbarazzanti. Non c’entra soltanto l’Etna, quando sbuffa, o la gru che limita la visibilità ai piloti in discesa verso Fontanarossa (provocandone la chiusura per qualche ora). C’entra la cronaca recente: tre bar su sei sono stati chiusi per gravi irregolarità igienico-sanitarie e per violazioni sui contratti di lavoro.

Al netto dei numeri relativi al traffico passeggeri, in un aeroporto che ormai “scoppia”, altri dati fanno impressione. Ad esempio i panini a 12 euro e le bottigliette d’acqua vendute a 3 euro perché non è possibile introdurne nemmeno una da casa (in spregio alle recenti disposizioni della Commissione europea): lo ha denunciato l’ex sindaco di Modica, Piero Torchi, in un post diventato virale, che fotografa la realtà meglio di qualsiasi comunicato. “Certo si fa fatica a comprendere come mai il presidente della Regione prenda tempo a nominare i nuovi vertici, dando il benservito a chi, nonostante le autocelebrazioni, ha palesemente fallito nella gestione di uno degli snodi fondamentali della mobilità aerea nazionale. Non mi scandalizzo delle logiche della politica, ma c’è un limite a tutto”.

In questa Sicilia capovolta, la concorrenza tra aeroporti è una guerra tra poveri, in cui vince solo chi ha le amicizie giuste. “Ormai è chiaro che per far funzionare gli aeroporti minori servono incentivi mirati ad abbassare i costi dei voli per le compagnie aeree – scrive la Federconsumatori – Ci vogliono milioni di euro l’anno, ma la Regione non ci venga a dire che questi soldi non ci sono: ne ha bruciati molti di più con i bonus a pioggia elargiti a tutti, che hanno avuto come unico risultato quello di far crescere ulteriormente i prezzi. La scelta più logica è investire dove effettivamente serve, dove c’è richiesta di voli, dove le compagnie aeree fanno realmente fatica a mantenere profittevoli le tratte”. Per Sicindustria, “serve una società regionale dedicata agli aeroporti minori, sul modello di quanto fatto a Trapani, in grado di gestire e sviluppare Comiso con autonomia e visione. Il territorio ibleo non può più permettersi altri anni di immobilismo e scelte miopi”. Vaglielo a spiegare agli scienziati della Regione.