“Senti senti senti… dimmi se questo passaggio non ti sembra Andrew Lloyd Webber…”.
“Okay, bello è bello ‘sto passaggio: ma non esageriamo, è pur sempre Michele Zarrillo”.
Ecco, Pippo, ti ho invidiato l’entusiasmo che avevi sempre, in ogni cosa che facevi, anche quando mi sei piombato alle spalle quel pomeriggio, durante una delle prove all’Ariston.
O quando ti proposi: “La scriviamo ora per ora la tua giornata qui a Sanremo?” E tu mi rispondesti: “Perfetto, buttiamo giù insieme un diario, presentati domattina alle sei e mezza al Des Etrangers. Avverto io il portiere” E io: “Sei pazzo! Sono le due e mezza di notte!”.
O quell’altra sera di ottobre, al Delle Vittorie, per uno dei “Fantastico” che su Roma Dio la mandava con tuoni, fulmini e saette e in diretta restarono solo le luci del gruppo elettrogeno e tu guardandoci ci dicesti: “Vabbè, io continuo… the show must go on”.
O quando un pomeriggio a Palermo, ad un tavolo da Roney, mi “rifilasti” Katia (che cantava in quei giorni al Politeama) per accompagnarla a comprare della bigiotteria e mi guardasti con un sorriso sardonico come a insinuarmi il sospetto che ci sarebbero volute non più di un paio d’orette… e tu ti dissolvesti tra le luci di via Libertà.
E chissà quante altre cose affioreranno ancora nella memoria nei giorni a venire. Rivedere sullo smartphone il messaggio di auguri del 7 giugno rimasto senza risposta è stato terribile. Scrivere, stasera, ancora di più e poche volte m’è capitato tra le lacrime.