Come farà Luca Sammartino a riprendersi il posto in giunta, mentre il “suo” presidente Schifani presenta ricorso al Tar contro la nomina fatta da Salvini – “suo” leader nazionale – all’Autorità portuale di Palermo? Come farà il leader della Lega nell’Isola a combinare l’amore per l’uno o per l’altro, senza risentire delle spinte centrifughe che lo attanagliano? Ma, soprattutto, perché Schifani dovrebbe dare spazio a un esponente di quel partito che, con la scelta di Annalisa Tardino, avrebbe violato il sacro principio della collaborazione istituzionale?

Nella sua protesta vibrante contro la decisione del Mit, Schifani ha evidenziato l’assenza di concertazione, “in violazione delle norme che prevedono espressamente una preventiva intesa tra le parti”. Ed è uno dei punti su cui si base il ricorso per una sospensiva in via cautelare del decreto di nomina. Il solco è più profondo di quanto non riveli una lettura superficiale dei fatti. Fra i due manca totalmente la fiducia e difficilmente potrà essere ripristinata. La Lega sa di avere il coltello dalla parte del manico e persino la Tardino – solitamente composta e diplomatica – va avanti come un treno: “Faccio l’avvocato da 21 anni, nella mia carriera ho visto tanti ricorsi e non mi impressionano. Le polemiche non mi interessano, non hanno scalfito la gioia che ho provato per la nomina e non interferiscono per nulla con il lavoro che ho subito avviato. Sono felice di essere qui”.

Anche Salvini, in una nota dettata alle agenzie qualche sera fa, ha spiegato che “alle polemiche preferiamo i fatti”. Mentre Schifani si è trincerato in un silenzio strano, mettendosi al lavoro (personalmente) per redigere il ricorso. Siamo al braccio di ferro. Il presidente della Regione, di solito, non ammette interferenze sugli asset strategici: è riuscito persino a far nominare amministratore delegato della Gesap di Palermo Gianfranco Battisti, pur non avendo una sola azione dell’aeroporto. E’ stato capace di far saltare il vertice territoriale dell’Anas, addossandogli le responsabilità del tappo sull’A19. Ha ottenuto la nomina a commissario per la realizzazione dei termovalorizzatori e dell’emergenza idrica (pur delegando al commissario nazionale il potere decisorio sui dissalatori). Insomma, fa ciò che vuole e anche con una certa disinvoltura. Persino sul Teatro Massimo di Palermo ha preteso l’inchino di Lagalla per confermare Marco Betta nel ruolo di sovrintendente.

Non avrebbe mai immaginato, neppure nella peggiore delle ipotesi, di dover subire una nomina dall’alto. Con Salvini è accaduto. Questa mossa rischia di costargli cara in prospettiva: Schifani non ha mai nascosto di ambire a una conferma a palazzo d’Orleans nel 2027, ma per farlo dovrà scendere a patti. E nella Lega, come traspare da quest’ultima vicenda, comanda ancora Salvini. Sammartino è l’allievo cui è stata concessa a scena in virtù del suo bottino di voti, che torna certamente utile al Carroccio per provare a radicarsi. Ma non illudetevi: il giorno che il golden boy catanese dovesse scegliere di abbandonare il partito e sperimentare altri lidi, quei voti lo seguiranno.

E’ altrettanto vero, però, che gli altri partiti sono “full” e che l’ex assessore all’Agricoltura non gode di grandissima stima: i franchi tiratori gli hanno affossato la riforma sui Consorzi di Bonifica e la norma per la realizzazione di 500 laghetti aziendali in funzione anti-siccità. I forzisti, gli autonomisti e un pezzo di Fratelli d’Italia non nascondono il proprio fastidio per l’asse con Cuffaro e per l’influenza esercitata sui processi decisionali (cui l’Ars ha posto un argine). Ecco perché il legame con Schifani, al momento, sembra persino più robusto rispetto a quello con Salvini.

La nomina di Tardino, fra l’altro, non ha ricevuto neppure un ‘in bocca al lupo’ da parte di Sammartino (se non privatamente). Era stato lui a emarginarla durante le ultime elezioni europee: prima “costringendola” alle dimissioni da segretario del partito, un ruolo ritenuto incompatibile con la campagna elettorale; poi appoggiando e facendo eleggere Raffaele Stancanelli, catanese come lui, appena sbarcato da FdI; infine conquistando la segreteria regionale – dopo un breve intermezzo affidato a Claudio Durigon – con Nino Germanà. La Lega siciliana è di Sammartino e questo a Salvini (forse) non piace granché.

Il Ministro è ancora desideroso di dare le carte, di dimostrare coi fatti – come accaduto all’Autorità portuale – chi è il vero capo. Ma il deputato etneo è parte di questa squadra e non può reclamare posizioni o rendite di potere solo a titolo personale. Sarebbe un messaggio fuorviante. Ecco perché le prossime mosse assumono un carattere rilevante: intanto bisognerà capire se i rancori di Schifani si abbatteranno – di riflesso – anche su di lui. Da tempo gli ha promesso di rientrare in giunta, affidandogli anche il pesante ruolo di cerniera con il parlamento. Superato questo (eventuale) scoglio, bisognerà capire se Sammartino farà l’assessore in quota Lega o per fedeltà al governatore. E infine bisognerà mettere Salvini a conoscenza di tutto. I canali con il governatore sono spenti dal giorno della nomina della Tardino, quanto prima bisognerà riattivarli.