Intanto, che differenza con le camere ardenti romane. La dipartita di Giorgio Armani (come un po’ tutte le dipartite celebri) spiega molto di una società e di un paese. Dunque a Milano i dipendenti tutti in scuro con le scarpe bianche, e i fiori solo bianchi (“non esistono più fiori bianchi in tutta la città”, registra un articolo accorato). Le lanterne molto Armani Casa. La musica di Ludovico Einaudi. La luce giusta. Perfino le transenne giuste, rivestite di nero (non avevamo mai visto delle transenne eleganti).
Che differenza con Roma, tutti accaldati, coi fiori spampanati, di tutti i colori tranne bianchi, viene in mente la camera ardente di Raffaella Carrà al Campidoglio, ma in generale, braghe corte, camicette, trucchi frananti, sudore (esiste qualcosa meno Armani del sudore? In un altro articolo qualcuno ricordava che lui era talmente carino e umano, che una volta si era lasciato fotografare perfino con dei fan sudati, nonostante le raccomandazioni dell’intervistata in grande apprensione).
Qui invece nero e bianco e niente sudore, sobrietà totale. La stessa sobrietà che però non si registra nei ricordi tra la carta stampata e i social e i necrologi. La dipartita celebre, come ha scritto Giuliano Ferrara qui, stimola uno strano narcisismo celebrativo. Forse perché la Moda è sorella, come indicava il Poeta, della Morte (entrambe figlie della Caducità), ma non si è mai visto un connubio così significativo. Dunque una strana vitalità. Una voglia di partecipare, esserci. Soprattutto di scrivere. Continua su ilfoglio.it