Tutte sacrosante le indignazioni per le parole turpi e assolutorie di Salvuccio Riina, figlio di quel “Totò ‘u curtu” che fu boss dei sanguinari corleonesi e mandante delle stragi di mafia. Parole dannate. Che hanno avuto il merito – merito, si fa per dire – di risvegliare le coscienze dell’antimafia militante, molte delle quali in sonno da parecchi anni. Tra i dichiarazionisti scesi in campo per esecrare il giovane Riina spiccava Gaetano Galvagno, il presidente dell’Ars sotto inchiesta per corruzione e peculato. Per carità, libero di dire la sua: la costituzione garantisce agli indagati la presunzione di innocenza. Però. Condannare le nefandezze dei boss è un esercizio facile. La lotta alla mafia pretende, soprattutto dalla politica, comportamenti improntati a una rigorosa legalità. Galvagno rifletta anche su se stesso e sull’allegra compagnia che lo affianca.
