Due giorni fa il governo regionale festeggiava l’azzeramento del disavanzo. Oggi arranca su una manovra-quater che fatica a prendere forma. È il pendolo della Regione: da un’estremità l’euforia per l’avanzo di amministrazione record, dall’altra il logorio delle trattative in Aula, tra franchi tiratori e mance da distribuire.

Renato Schifani e Alessandro Dagnino hanno diffuso fiumi d’inchiostro per celebrare i conti “in ordine”: un avanzo di amministrazione da 2,15 miliardi nel Rendiconto 2024. «Sono risorse che destineremo a investimenti», ha garantito il presidente, circondato da assessori e dirigenti. La replica delle opposizioni è stata altrettanto rapida: Davide Faraone ha ricordato che quell’avanzo non è denaro fresco, ma un saldo contabile costruito su fondi vincolati (Pnrr, Fsc, sanità, infrastrutture) e accantonamenti liberati. Risorse già destinate, che non si possono spendere liberamente per strade, scuole o ospedali. “Il paradosso – sottolinea il capogruppo alla Camera di Italia Viva – è che i conti migliorano proprio perché la Regione non riesce a spendere”. Dagnino ha ribattuto elencando i miliardi incassati in più dal fisco regionale, grazie alla crescita del Pil e alle nuove norme statutarie. Botta e risposta da manuale, numeri contro numeri, mentre fuori da Palazzo d’Orléans i cittadini aspettano risposte che non arrivano.

Ed è qui che la festa finisce. Perché, chiuso il sipario sul “risultato storico”, l’Assemblea deve fare i conti con la variazione di bilancio. Una manovra-quater da circa 90 milioni di euro, che dovrebbe servire a chiudere l’anno e a dare ossigeno a qualche settore in affanno. In realtà, la partita è tutta politica: un bottino da spartire tra emendamenti generali e interventi territoriali, con il rischio costante che i malumori interni facciano saltare la maggioranza. L’unico argine alla guerriglia dei franchi tiratori restano proprio quelle risorse. Le previsioni parlano di 35 milioni per interventi infrastrutturali (da spartire fra maggioranza e opposizione) e altri 25 come extra.

La Commissione Bilancio, guidata dal patriota Dario Daidone, ha già scremato il primo fascicolo di emendamenti: una ventina sono stati accantonati, tanti altri bocciati, soprattutto quelli presentati dal Pd (indennizzi ai pescatori di Sciacca, sostegno ai malati di fibromialgia, contributi per i forestali). Ne sono usciti rafforzati invece alcuni capitoli cari alla maggioranza: fondi per la zootecnia, sostegni alla Crias (che finanzia le piccole imprese), circa 5 milioni per abbattere i canoni irrigui, risorse per i conservatori musicali e per i teatri, un bonus affitti per le famiglie in difficoltà, interventi per la ristrutturazione degli immobili nei centri storici.

Un capitolo a parte riguarda il sostegno al cinema e agli eventi promozionali. La manovra prevede 3 milioni di euro per la produzione cinematografica in Sicilia, misura che si inserisce nel filone delle politiche culturali e turistiche ma che, come spesso accaduto, rischia di trasformarsi in una rendita per i soliti noti. A ciò si aggiungono circa 2 milioni per eventi “di alto richiamo turistico” nelle Città metropolitane di Palermo e Messina: anche qui, un terreno fertile per la discrezionalità, dove la linea tra promozione e passerella politica è sottilissima. Altri capodanni in vista?

Restano accantonati, almeno per ora, due provvedimenti cari a Schifani: il rifinanziamento da 10 milioni del contributo di solidarietà, che avrebbe consentito di far scorrere la graduatoria per oltre tremila famiglie, e il piano da 20 milioni per il cosiddetto south working, incentivi alle imprese che assumono o stabilizzano lavoratori in modalità smart working. Forse rientreranno in Finanziaria, forse no. Intanto la maggioranza non ha voluto esporsi troppo su due misure che, seppur popolari, avrebbero drenato risorse significative. Non si hanno notizie – per ora – di importanti provvedimenti che lo stesso Schifani aveva promesso di riproporre dopo la prima bocciatura in aula: la riforma dei Consorzi di Bonifica (al momento è previsto un tentativo per stabilizzare i lavoratori) e quella sui fondi per l’editoria.

In mezzo, una lunga lista di misure “minori”. Norme sui laghetti collinari e sulla rigenerazione del lago di Pergusa, risorse per i beni archeologici, un piccolo capitolo sui collegamenti aerei, e disposizioni tecniche come l’introduzione di un nuovo sistema contabile o misure per coprire la carenza di medici nelle isole minori. Tutto mescolato in un puzzle che difficilmente potrà incidere davvero.

Intanto fuori dall’Aula si accumulano le contraddizioni. La nuova rete ospedaliera continua a generare proteste nell’entroterra, i pronto soccorso restano intasati, i click day della formazione sono andati in fumo, i fondi per i laboratori analisi sono bloccati dal ricorso alla Consulta. Dietro un annuncio c’è sempre un rinvio. E intanto l’Eurostat ricorda che la Sicilia è in coda in Europa per tasso di occupazione, con appena il 50,7 per cento. Un nodo strutturale che rende ancora più evidente il cortocircuito tra miliardi annunciati e poche opportunità reali.

È questo il pendolo che definisce l’azione di governo: da un lato i conti in ordine, dall’altro le micro-misure necessarie a blindare la maggioranza. Schifani può intestarsi il merito di aver chiuso una stagione di disavanzi monstre, ma rischia di rimanere prigioniero di un’Aula che misura consenso e lealtà a colpi di emendamenti (per non dire “minacce”). Due giorni fa i brindisi per l’avanzo record, oggi l’affanno per una manovra-quater che non vuole decollare. Domani, chissà.