Si sono rivisti in tanti, ancora entusiasti, il giorno dopo lo sciopero.

Hanno discusso della manifestazione di Palermo e delle altre, numerose in Italia, per Gaza e per la pace.

Hanno ribadito quanto fosse stato essenziale il contributo dei cittadini alla tenuta e al rafforzamento della democrazia e al ruolo della politica e come si sia riusciti ad esprimere lo sdegno crescente per la barbarie israeliana.

Hanno pensato che sarebbe stato opportuno tentare di coinvolgere i partiti, che delle istituzioni sono i caposaldi e della politica i diretti responsabili, almeno in uno scambio di opinione, ed anche per indurli a far propria la voglia di pace, di giustizia, di pacifica convivenza di milioni di cittadini.

Così hanno deciso di affidare ad un gruppo ristretto il compito di incontrare i rappresentanti del potere pubblico e delle forze politiche, di tutte le forze politiche, perché in piazza sono andate persone di diversa appartenenza.

Hanno saputo che il giorno successivo il presidente della Regione sarebbe stato a palazzo d’Orléans insieme ai vertici della destra, e lì si sono recati. Hanno atteso a lungo e con pazienza che nelle stanze del potere venissero definite alcune nomine, un arduo, fondamentale compito che li teneva impegnati da settimane. Poi i commessi hanno comunicato che non sarebbero stati ricevuti, perché da irresponsabili avevano preso parte ad uno sciopero illegittimo con l’obiettivo di mettere in difficoltà Meloni e il suo governo, che tanto si stanno impegnando per il Paese e per la Pace. Da scellerati, hanno perfino sostenuto i crocieristi della Flotilla che tutti, anche quelli degli altri 45 Paesi, non volevano portare sostegno ai gazawi ma porre problemi al governo italiano.

Hanno pensato a quel punto che ben altra accoglienza avrebbero trovato a sinistra.

Arrivati in via Bentivegna, hanno trovato la sede del Partito democratico divisa da un tramezzo con due targhe uguali: Partito democratico 1, Partito democratico 2.

Stupiti, hanno deciso di parlare con i rappresentanti di entrambi.

C’era Barbagallo. Casualmente, ché da lì di solito non transita, servendogli la carica per garantire a se stesso e ad altri pochi suoi amici il posto in Parlamento, a Roma e a Palermo.

Hanno smesso subito di parlare, rendendosi conto di utilizzare una lingua incomprensibile all’interlocutore.

Sono passati dall’altra parte del tramezzo, e tre persone, con molta cortesia, hanno spiegato ai ragazzi di non potere dire nulla prima che Roma decida chi rappresenta legittimamente i democratici.

A quel punto si sono detti che almeno quelli di Cinque stelle, pacifisti senza se e senza ma, sarebbero stati disponibili ad ascoltarli. Li hanno cercati a lungo e inutilmente, alla fine trovando tre sconosciuti esponenti dai quali sono stati fermati ancor prima che potessero iniziare a parlare.

Loro non sono autorizzati, hanno spiegato, a tenere riunioni in presenza ma via web, e le opinioni possono farle conoscere solo attraverso la rete.

Si iscrivano, se vogliono.

È rimasta loro un’ultima speranza: l’Alleanza Verdi e Sinistra, quella più intransigente nell’opposizione alla destra e più determinata nel sostegno alle piazze e alle contestazioni.

Hanno trovato Orlando, che, bofonchiando e alternando italiano e tedesco, ha raccontato a lungo i suoi mirabolanti successi nazionali e internazionali e le sue antiche primavere palermitane.

Non hanno capito molto, i ragazzi. Hanno solo percepito che il personaggio era stato protagonista importante in un tempo lontano, e di quello gli rimaneva nostalgia e memoria, ma al presente era del tutto estraneo.

I ragazzi sono tornati a riferire l’esito dei loro incontri a quelli dai quali erano stati incaricati della missione.

Hanno detto loro che, peregrinando da un partito all’altro, da destra a sinistra, non sono riusciti a trovare un luogo nel quale ci si occupi di politica. Si sono augurati che a Roma capiti diversamente e hanno comunque riaffermato che la politica avrebbero continuato a farla loro, con immutato entusiasmo, per esprimere indignazione contro la guerra e le violenze, per costruire un mondo a loro misura. Delusi per un verso, ma per l’altro ancor più consapevoli che il loro impegno e le loro battaglie avrebbero salvato le istituzioni democratiche dagli attacchi che ogni giorno subiscono e avrebbero mantenuto l’Italia nel verso giusto della storia.