Il miele è Totò Cuffaro. Le due api che gli ronzano intorno, Renato Schifani e Luca Sammartino. Attualmente, nel centrodestra, non c’è spazio per altri schemi. Solo per una confusione che si ripete a ogni battito di ciglia: Lombardo era tornato in sintonia con Schifani per la nomina di Genovese all’Ast ma, di fronte alla conferma di Iacolino, il suo assessore (Colianni) ha scelto di disertare al pari dei patrioti. Bella federazione. Per non parlare di Fdi, che aveva aperto il fuoco ben prima della nomina alla Pianificazione strategica: un documento migliorativo allegato all’approvazione della nuova rete ospedaliera lascia pensare che i meloniani propendano per il ‘no’. Cioè sperano – anche se non lo diranno mai – che il ministro Schillaci cancelli la proposta approvata dalla Regione.

E quindi a Schifani non è rimasto altro rifugio che Totò. L’invito alla Festa dell’Amicizia, per il taglio del nastro e l’inaugurazione, ha sancito la strettissima sintonia fra i due. Non c’è occasione in cui Schifani non mostri il legame con il leader della Democrazia Cristiana. E non c’è occasione in cui l’ex governatore – ormai alla sua terza vita: è stato presidente, ha rifondato la DC dopo il carcere, oggi è il leader della coalizione di centrodestra – non ricambi l’affetto con prove di estrema lealtà che gli altri “compagni” si sognano.

«Si ribadisce, con determinazione, la nostra convinta adesione alla coalizione del centrodestra, con una continua crescita elettorale, e la nostra leale collaborazione al Presidente Schifani ed al suo governo, oggi e nel futuro – ha detto Cuffaro dalla festa di Ribera –. Con il nostro simbolo parteciperemo alle prossime elezioni regionali dove, siamo certi, faremo risultato a due cifre».

Per restare fedele alla linea del presidente, Cuffaro ha spiegato fino alla nausea di aver accettato due assessorati (Enti locali e Famiglia) che nessun altro voleva. Ha mandato giù un boccone amarissimo: il rifiuto di Tajani (d’accordo con Caterina Chinnici) ad accoglierlo in una lista comune alle ultime Europee. Si è persino umiliato, appoggiando comunque un candidato nell’orbita forzista (Massimo Dell’Utri, di Noi Moderati). Se questa non si chiama lealtà, non si capisce cosa lo sia.

In cambio Schifani, oltre a garantire la propria presenza a Ribera, ha spedito a San Michele di Ganzaria, regno del Totò agricoltore, il proprio pagnottista di fiducia per un’intervista a cuore aperto. Sul passato, sul presente e sul futuro della gloriosa DC. Che ieri, peraltro, ha scelto di ripartire (anche) da Salvini. Cioè dalla Lega. Ma soprattutto da Sammartino, un altro di scuola democristiana che, nonostante i mille cambi di partito, non ha mai snaturato se stesso. L’assessore all’Agricoltura, appena rientrato in giunta, si è affrettato a chiudere un accordo elettorale che dovrebbe permettere – questo è l’intento – al Carroccio di essere il primo partito in Sicilia alle Politiche ‘27. Anche perché la “cosa moderata” potrà contare, soprattutto, sui voti di Cuffaro. Che sono tanti.

«Per le elezioni nazionali – ha detto Cuffaro – stante l’attuale legge elettorale, stiamo costruendo una significativa alleanza elettorale con gli amici della Lega, con i quali in Sicilia c’è una comune condivisione politica e di valori”. Forse in tema di migranti o di carceri? “Questa alleanza – ha aggiunto – potrà consentirci una sicura partecipazione da protagonisti alle prossime elezioni nazionali, poter votare per i nostri candidati e, se saremo in grado, anche a farli eleggere. Senza rischiare, inoltre, di dover mendicare la nostra presenza in liste e per di più senza ottenere risultato, come già successo nel recente passato».

Totò è il cuore del centrodestra che resiste ai propositi di intifada. È la colonna portante su cui si regge un’impalcatura non del tutto definita. È il perno di una coalizione sempre più scollata. Ma soprattutto vorrebbe essere, per Schifani e per Sammartino, garanzia di futuro. Il capo del governo, che anche all’interno del suo partito fatica a guadagnarsi l’autorevolezza necessaria, aspira a un bis sempre più complicato: Cuffaro è l’unico in grado di tirargli la volata, semplicemente perché FdI e Lombardo, fino all’ultimo giorno, potrebbero giocargli uno scherzo di cattivo gusto. Sammartino, grazie alla copertura di Totò, è riuscito a tornare in sella dopo 18 mesi da parlamentare semplice, anche per effetto di una sospensione dai pubblici uffici.

Il golden boy catanese è organico al disegno di Cuffaro – continuare a fare politica – perché la Lega sarebbe l’unico modo per arrivare al Parlamento nazionale. Cuffaro, però, è più utile a Sammartino che non viceversa. Perché – checché ne dicano i leghisti del nord – la Democrazia Cristiana è l’ultimo tentativo di “normalizzare” un partito che ha fatto le proprie fortune fuori dall’Isola e che in Sicilia, nonostante il 20% alle Europee del 2019, non è mai riuscito a imporsi come vorrebbe. È anche l’ultimo carro che Salvini intende utilizzare per far credere ai siciliani che il Carroccio è dalla parte dei territori. Sebbene significhi quasi nulla: qui, per godere della giusta riconoscenza, basta una mancetta ogni tanto. Non un patto come quello che si sono inventati l’altro giorno con Durigon.

Schifani e Sammartino, che per la proprietà transitiva hanno imparato ad apprezzarsi fino a piacersi, hanno in comune questa capacità di farsi scudo con l’ex presidente della Regione (dal 2001 al 2008). Già condannato per favoreggiamento, ma capace – con l’arte della diplomazia e molti “vasuna” ben assestati – di ri-guadagnarsi il centro della scena.