Non è indispensabile aver letto Roland Barthes per sapere che anche la politica contemporanea e il consenso democratico vivono di mitologie. D’altra parte succede tanto a destra quanto a sinistra di pescare un pezzo più o meno grande di realtà e di costruirci intorno quanto serve perché l’elettore o il militante possano riconoscervi subito un’identità politica. Si sa che in politica i miti servono a dire, senza usare troppe parole, “Noi siamo quella cosa lì”. Quindi nessuno scandalo se la destra italiana si è appropriata poche settimane fa dell’icona del povero Charlie Kirk, che pure non aveva mai citato neanche per sbaglio quando era ancora in vita, o se la sinistra italiana oggi è alle prese con il mito di Francesca Albanese.

Eppure non ricordo che nella storia recente della sinistra italiana vi sia mai stata una mitologia tanto cupa, torva e autolesionistica quanto la santificazione di Francesca Albanese. Giuro: mi sono sforzato di trovare qualcosa di simile andando indietro fino al 1989, quando a sinistra fu archiviata con il comunismo la mitologia più potente di sempre (cupa anch’essa, nella realtà di chi la subiva, ma vissuta dalle nostre parti come sincera attesa di emancipazione). Niente da fare. Tutti i precedenti che mi sono venuti in mente erano costruiti su mattoni di speranza, anche se di tonalità di volta in volta diverse. Continua su Huffigton Post