Dopo il festival dei “trombati”, arriva puntuale il valzer delle casacche. È il rito più antico della politica siciliana, quello che si celebra a ogni stagione morta, quando non ci sono finanziarie da votare né fondi da spartire. Si accendono le luci di Sala d’Ercole, l’orchestra accorda gli strumenti, e i ballerini si scambiano di posto in un lento minuetto.
L’ultima a entrare in pista è stata Luisa Lantieri, veterana del genere e già protagonista di innumerevoli coreografie. Da Grande Sud a Articolo 4, da Sicilia Democratica al Megafono, dal Pd a Forza Italia: un curriculum di tutto rispetto, condito anche da un’esperienza di governo con Rosario Crocetta. Adesso, secondo gli indizi, tocca alla Democrazia Cristiana di Totò Cuffaro. Manca la conferma ufficiale, ma a Palazzo dei Normanni c’è fermento. Lantieri, che da tempo mostrava segni di insofferenza dentro Forza Italia – aveva persino proposto una rivisitazione del Reddito di cittadinanza e contribuito, secondo Marco Falcone, alla sconfitta del candidato del centrodestra alle ultime provinciali di Enna – ha deciso di tornare in un porto più familiare.
L’operazione è firmata da Cuffaro, che conosce la Lantieri da tempo (l’aveva ammessa nel suo staff quando governava) e continua a rastrellare consensi e transfughi in ogni provincia (motivo per cui spesso Raffaele Lombardo si risente). Dopo l’esilio e la redenzione, l’ex governatore ha rimesso in moto la macchina del suo partito con l’aria di chi non si è mai davvero fermato. La Dc è diventata la bad company del centrodestra siciliano: accoglie i reduci, assorbe i delusi, offre una seconda possibilità a chi ha bisogno di una casa o di una candidatura.
Vedi Carlo Auteri: uscito bastonato dalle inchieste sui fondi della cultura assegnati alle associazioni rette dai familiari, ha abbandonato i Fratelli d’Italia – che non vedevano l’ora di liberarsene – ed è approdato nella nuova Democrazia Cristiana. Dove gli è stato consegnato persino il codice etico: “Saremo attenti e rigorosi con lui, così come lo siamo sempre con ogni nostro rappresentante – disse Cuffaro nell’accoglierlo –. La Dc non rilascia patenti di moralità a nessuno ma non è, e non sarà mai, rifugio per scorciatoie personali o ambiguità”. Speriamo.
Il secondo grande regista del ballo è Luca Sammartino, vice di Schifani e patron della Lega (anche se il segretario sulla carta è Nino Germanà), che da mesi gira l’Isola come uno scout con il taccuino in mano. A lui si deve una campagna acquisti degna della Serie A: consiglieri comunali, sindaci, ex assessori e persino qualche ex fiamma meloniana (come Francesco D’Urso Somma, già fedelissimo del Balilla, o i due consiglieri comunali di Catania “scippati” al gruppo del sindaco Trantino). Gli ingressi a Catania, per l’appunto, ma anche ad Agrigento e Caltanissetta raccontano di un partito in espansione, di un “Sammartino-style” che combina abilità organizzativa e spregiudicatezza politica (lui stesso è passato dal Pd a Italia Viva alla Lega senza alcun rossore).
A fare da apripista era stato Salvo Geraci, sindaco di Cerda, eletto coi voti di Cateno De Luca e finito nell’orbita di Sammartino. Un segnale inequivocabile di come il movimento del sindaco di Taormina stia perdendo pezzi, vittima della sua stessa centrifuga. Anche Alessandro De Leo, altro eletto sotto le insegne di “Sud chiama Nord”, ha scelto il porto azzurro di Forza Italia. Mentre Ismaele La Vardera, dopo aver notato il riavvicinamento di Scateno al centrodestra, ha scelto di farsi un movimento suo: Controcorrente.
Sulla giostra impazzita, per il momento, avrebbe scelto di non saltare l’onorevole Giuseppe Carta, sindaco di Melilli e presidente della commissione Ambiente all’Ars. Gioca nel Mpa, ma, stando ai rumors, ha già un piede nel Carroccio. Lui nega, ma i segnali parlano chiaro: frequenti incontri, perfetta sintonia d’aula e quella tipica prudenza del “non confermo né smentisco” che annuncia il trasloco. Carta sarebbe il colpo di mercato più grosso di Sammartino, il “centrocampista” capace di spostare gli equilibri nel collegio siracusano. Anche se, ufficialmente, Carta parla di “chiacchiere”: “Sono concentrato sul civismo”, con buona pace di Lombardo.
Intorno a questi movimenti si consuma la vera vita politica dell’Isola: non sulle leggi, ma sulle liste. Il centrodestra siciliano si riorganizza in vista del 2027, anno in cui tutti vogliono farsi trovare dalla parte giusta della storia (e del potere). Forza Italia cerca di trattenere i suoi, la Dc li seduce, la Lega li arruola, FdI brontola. Nel frattempo, Schifani osserva. O finge di farlo. Il governatore, che affida le sue fortune ai due sovrastanti – Sammartino e Cuffaro – si limita a garantire che “la maggioranza è compatta”, mentre i suoi uomini cambiano maglia sotto il suo naso. Non è un complotto, è una coreografia: ognuno balla dove sente il ritmo più favorevole.
E mentre i partiti contano defezioni e nuovi innesti (o assistono alle incursioni solitarie del Balilla), si intravedono altri scambi, altre contraddanze. Chissà se Marianna Caronia, che da sempre gioca da solista e oggi si è acquietata con Noi Moderati, deciderà di stupire anche in questa stagione. In Sicilia, del resto, nessuno resta fermo per più di una legislatura: basta cambiare passo, cambiare sigla, cambiare compagnia di ballo. Il sipario sul valzer delle casacche non cala mai. Si chiude solo per un inchino, giusto il tempo di riprendere fiato. Poi la musica ricomincia.


