Ogni anno, quando si avvicinano le festività, si ripresenta lo stesso rito, puntuale come i cinepanettoni: i prezzi dei voli per la Sicilia salgono, la politica insorge, le associazioni dei consumatori denunciano, e migliaia di studenti e lavoratori fuori sede fanno i conti con un paradosso ormai strutturale. Non è un imprevisto, non è un’emergenza: bensì un fenomeno che si ripete con regolarità, segno che il sistema non funziona e che i correttivi messi in campo – pochi e confusi – non riescono a incidere davvero.
La Regione ha provato a metterci una toppa con il bonus. È stato prorogato fino al 28 febbraio 2026 e consente ai residenti di ottenere il 25% di sconto (che diventa 50% per alcune categorie fragili o prioritarie). Nelle parole dell’assessore Aricò è la dimostrazione che il governo Schifani “non lascia soli i siciliani” in un periodo di grande mobilità come quello natalizio. Ed è vero che i numeri mostrano un’utilità concreta: oltre 1,3 milioni di richieste di rimborso in meno di due anni, 600 mila viaggiatori agevolati solo nel 2025.
Eppure, per quanto lo si voglia raccontare come una vittoria, il meccanismo mostra limiti evidenti. Innanzitutto non è uguale per tutti: Ita e Aeroitalia applicano lo sconto in fase di prenotazione grazie ai fondi regionali, mentre gli altri residenti devono anticipare il costo pieno e poi chiedere il rimborso sulla piattaforma SiciliaPEI. Un sistema a due velocità che pesa soprattutto su famiglie e studenti che non hanno liquidità immediata. Ma soprattutto non incide sulla radice del problema: il prezzo dei biglietti continua a seguire la logica del mercato, non quella della continuità territoriale.
Ed è qui, in mezzo a questo groviglio di misure tampone, polemiche e sconti farlocchi, che sbuca un nuovo elemento destinato ad aggiungere confusione al quadro: la nascita di una nuova compagnia aerea made in Sicily, annunciata dall’ex assessore regionale al Turismo Manlio Messina. “Quante volte avete detto ‘i biglietti costano troppo’? A breve potrete smettere di dirlo e cominciare a volare siciliano”, promette lui in un lancio che sembra uscito da uno spot anni ’80. La compagnia si chiamerà Etna Sky, livrea nera, “prezzi super competitivi” e debutto previsto per l’estate. Messina, che da mesi è uno dei principali oppositori di Renato Schifani, si presenta come “socio fondatore” della compagnia, anche se la cordata di imprenditori catanesi che c’è alle spalle rimane riservata. E c’è già chi si chiede se Etna Sky diventerà la concorrente diretta proprio di Aeroitalia, portata in Sicilia dal governatore (e che ha appena inaugurato la continuità territoriale su Comiso).
Un’operazione industriale o una mossa politica? In un contesto dove ognuno rivendica la soluzione “definitiva” al caro-voli, la tentazione è vedere in Etna Sky l’ennesimo capitolo di una “guerra dei cieli” che non lascia in pace i viaggiatori. Nel frattempo, secondo il Codacons, su alcune tratte le tariffe natalizie arrivano a costare fino al 900% in più rispetto a quelle di gennaio. In certi casi volare da Milano a Palermo il 23 dicembre può costare più che andare a New York in bassa stagione. Davide Faraone lo dice con la consueta ironia: “Sembra una collezione di cifre da riscatto”. E non è soltanto un problema di aerei. Anche i treni registrano aumenti significativi, mentre carburanti e pedaggi completano un quadro che ha un tratto comune: tutto sale, tranne i salari.
Il sindaco di Siracusa, Francesco Italia, lo definisce senza mezzi termini “un’umiliazione del diritto alla mobilità”. Per migliaia di studenti fuori sede, tornare a casa diventa ogni anno un’impresa. Non una scelta, ma un lusso. E allora c’è chi vola su Varsavia o Malta pur di risparmiare cento euro. Un’odissea moderna che mette a nudo una verità difficile da ammettere: l’Italia è un Paese che parla molto di inclusione, ma tollera una disuguaglianza logistica che penalizza sempre gli stessi. Il bonus della Regione, da questo punto di vista, è un tampone (come il Sicilia Express, pronto a salpare anche quest’anno dal ricco Nord per raggiungere l’Isola). Lo dice lo stesso Italia: “È un’ottima iniziativa, ma va resa strutturale”. Eppure, da anni, la Sicilia continua a muoversi per proroghe e provvedimenti emergenziali, senza un quadro stabile che garantisca una vera continuità territoriale. Perché qui non si tratta solo di calmierare le tariffe: si tratta di capire se chi vive in un’isola ha lo stesso diritto alla mobilità di chi vive sulla terraferma.
La politica nazionale, intanto, non fa nulla. I buoni propositi sono stati affondati dalle considerazioni dell’Antitrust, che già negli anni scorsi ha fatto presente come il prezzo dei voli risponda alle logiche di mercato (anche laddove il mercato appaia “drogato”). Il forzista Tommaso Calderone ha annunciato che la Commissione bicamerale Insularità, di cui è presidente, convocherà compagnie e autorità per “chiarimenti”. Ma i margini di intervento sono limitati. E soprattutto, la storia recente insegna che più che ai tavoli, questo tema è rimasto intrappolato nelle narrazioni: la propaganda è costata meno del confronto con un mercato che, per sua natura, non ha sensibilità sociale.
Il punto è proprio questo: nessuno può impedire alle compagnie di vendere un biglietto a 400 o 800 euro se qualcuno è disposto a pagarlo. La legge di mercato è brutale, ma è la legge. Il problema – politico, non tecnico – è che si continua a raccontare ai siciliani che quel mercato si può governare con bonus e annunci. Quando la realtà dimostra ogni anno il contrario. E così il caro-voli resta un tema sospeso tra emergenza e rassegnazione. Un terreno dove l’intervento pubblico appare sempre insufficiente. Dove si invoca la continuità territoriale, ma si accetta che venga decisa più dalle dinamiche commerciali che dalle garanzie costituzionali. Dove ogni Natale celebriamo lo stesso paradosso: una terra che chiede diritti e riceve sconti; che chiede mobilità e ottiene rimborsi; che chiede equità e si ritrova con biglietti da 800 euro.
E ora anche con una nuova compagnia “siciliana” che promette di salvarla.


