Non è il simpatizzante del Terzo Reich Charles Lindbergh a essere stato eletto alla Casa Bianca nel novembre 2024 – come nel Complotto contro l’America di Philip Roth – ma Donald Trump. Un immobiliarista senza troppi scrupoli (tra crisi e procedimenti fallimentari/concorsuali per ristrutturare i debiti); star tv con The Apprentice – lo show che lo ha mitizzato come tycoon capace, dopo i precedenti non proprio encomiabili della sua attività imprenditoriale – e personaggio dal narcisismo ostentato e innamorato, oltre che di sé, del rovesciamento di ogni rispetto per i valori normalmente condivisi tra le persone civili. La potenzialità devastatrice di un tale profilo, ampliata da indiscutibili doti comunicative, suscettibili di porre in contatto il messaggio e il suo emittente con le emozioni più profonde di pubblici diversi e per motivi diversi frustrati, è stata contenuta nel primo mandato (2016 – 2020). Ciò, grazie alla necessità di conquistare il controllo del partito e, soprattutto, a una squadra che, secondo le stesse parole di Donald Trump, lo aveva troppo limitato e condotto addirittura, dal suo punto di vista, a fare scelte sbagliate. Ora gli argini sono stati rotti, lo staff della nuova presidenza è stato costruito seguendo innanzitutto il criterio della fedeltà assoluta e accanto a Trump, come vicepresidente, non vi è Mike Pence (rivelatosi anche piuttosto critico col presidente del secondo mandato), ma la versione più accorta e ideologica del trumpismo, ovvero J.D. Vance. Continua su Huffington Post


