Alla data del 26 novembre, anche la Sicilia dovrebbe essere fra le quindici regioni a rischio cui ha accennato Conte, lunedì, durante la sua informativa alle Camere. Cioè tra quelle che avranno esaurito il 30% dei posti di Terapia intensiva (attualmente sono 588) e il 40% degli ospedali. Per spazzare via questo scenario semi-tragico, il governo Musumeci ha presentato il nuovo piano per l’emergenza, che il Comitato Tecnico-Scientifico ha approvato con pochi correttivi.

Entro il 15 novembre, o anche prima, negli ospedali siciliani saranno attivati 2.497 posti per pazienti Covid, di cui 272 in terapia intensiva (cioè, quasi il doppio rispetto agli attuali ricoverati: 150). La soglia d’allerta di 175, come da indicazioni del Cts, sarà tenuta a debita distanza. Altri 1.536 posti, invece, saranno dedicati alla degenza ordinaria (nei reparti di Malattie infettive). Infine, c’è una terza fascia, cosiddetta di “bassa complessità”, che prevede di attrezzare 689 postazioni per chi sia avvia alla “negativizzazione”, ma ancora necessita d’assistenza: saranno ricavati all’interno di Rsa (residenze sanitarie assistite), Cta (centri terapeutici assistiti) e Covid Hotel. Queste strutture sono già operative in larga parte del territorio regionale e vanno ad integrare l’intera proposta studiata dalla Regione per fronteggiare l’emergenza.

Entro fine mese, però, si prevede il secondo step: che porterà a 416 posti letto in Rianimazione, 2.384 di degenza ordinaria e 812 a bassa intensità. L’assessore Razza ha confermato che ogni provincia avrà il proprio Covid Hospital di riferimento (almeno uno, possibilmente un paio), mentre i due maggiori hub saranno il “Cervello” di Palermo e il “San Marco” di Catania. Nei territori delle Città Metropolitane, particolarmente interessate dal contagio da Covid 19, sono previsti complessivamente 252 posti di terapia intensiva e 1.502 per i ricoveri ordinari, la restante dotazione è stata distribuita nelle altre province. Come si legge in una nota dell’assessorato alla Salute, “lo sviluppo del piano, fortemente voluto dal governo Musumeci, ricalca una proiezione dell’andamento epidemiologico per singole aree con una soglia di stress maggiorato rispetto all’attuale situazione pandemica nell’Isola, ma soprattutto tiene conto del mantenimento dell’assistenza sanitaria per le altre patologie non Covid. La Sicilia, infatti, è una delle Regioni che al momento non ha sospeso le cure diverse dal Coronavirus né ha ridotto gli interventi programmati”.

“La scelta della doppia presenza negli ospedali siciliani – ha detto l’assessore a “La Sicilia” – metterà sotto stress il sistema con la possibilità di fisiologici rallentamenti”. Eppure la Regione manterrà attive tutte le prestazioni ordinarie, come ricoveri, interventi e attività ambulatoriali. Solo nello scenario peggiore, se la curva dei contagi dovesse schizzare verso l’alto, si prevede la sospensione di tutte le attività non urgenti e “la possibilità di utilizzare le sale operatorie, riconvertendole in rianimazioni d’urgenza”.

Oggi Razza è atteso in commissione Salute, all’Ars, per illustrare il nuovo piano. Nel frattempo, la Regione ha firmato un protocollo d’intesa coi tre atenei siciliani, sedi di facoltà di Medicina e Chirurgia, per l’assunzione a tempo determinato di specializzandi al quarto e quinto anno, che potranno finire da subito nelle sale di Rianimazione (dove mancano, allo stato attuale, 250 figure professionali) e avere una corsia preferenziale in caso di assunzioni future. L’altro problema che attanaglia la Regione, infatti, è la carenza cronica di personale, soprattutto fra gli anestesisti. Con questa manovra, salutata positivamente da Musumeci (“Stiamo assicurando al nostro sistema sanitario un’iniezione di nuove energie professionali”), ci si mette una pezza. Sperando che il resto dell’abito non faccia scherzi.