Agrigento doveva essere il simbolo del riscatto siciliano, l’emblema della cultura che trascina turismo, sviluppo e investimenti. Invece è diventata – scrive Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera – una metafora dello spreco. Undici milioni e ottocentomila euro di fondi pubblici che avrebbero dovuto dare slancio a un anno speciale, ma che si sono trasformati in un boomerang di polemiche, disagi e promesse mancate.

La Corte dei conti ha acceso un faro sul concerto inaugurale del 7 luglio con Riccardo Muti e l’Orchestra Giovanile Cherubini: 654.977 euro, tre quarti dei quali inghiottiti da spese poco trasparenti – voli più costosi di un Roma-Pechino, “produzioni tecniche” da oltre 140 mila euro, servizi audio-video da 139 mila. Muti ha fatto il suo dovere. Il contorno no.

Nel frattempo, Agrigento resta senz’acqua. Dopo anni di denunce sulla rete colabrodo, l’unica risposta è arrivata nei giorni scorsi con l’attivazione – per gradi – del dissalatore mobile di Porto Empedocle. Primo step: 50 litri al secondo. Poi 75, infine 100. Una toppa su una falla enorme. Il vecchio impianto, chiuso nel 2012, arrugginisce tra le sterpaglie. Quello nuovo, costato milioni, dovrà servire oltre 200 mila persone. A caro prezzo.

Il bilancio dell’anno “mirabilis” è impietoso: scuole chiuse per rischio crolli, edifici inagibili, viadotti semi-interdetti, restauri ventennali bloccati per mancanza di allacci. Gli sponsor? Nessuno. A differenza di Pesaro 2024, che con la metà dei fondi ha portato eventi da 30 Paesi. Ad Agrigento, invece, una tenda concettuale da 151 mila euro (The Silent Room) ha fatto più rumore di tutto il resto. E mentre perfino Sciacca si affretta a chiarire di non aver ricevuto un euro per la mostra su Caravaggio, resta una sensazione diffusa: che Agrigento Capitale sia stata, finora, l’ennesima occasione buttata.