Quando il mare bianco della musica mediterranea si riversa nel jazz il risultato non può che essere superbo.

Una voce calda e raffinata, insieme a una musicalità forte e palpitante, ha avvolto sabato sera il Real Teatro Santa Cecilia, in occasione del concerto, in esclusiva nazionale, di Monica Molina Tejedor. Una figlia d’arte: suo padre era Antonio Molina, cantante di grande successo e di intense passioni.

Le canzoni di Monica, profondamente influenzate dal fado portoghese e tratte in gran parte dal suo ultimo album “Mar blanca”, parlano di sentimenti e di emozioni; raccontano tormenti e consolazioni, narrano armonie di terre lontane.

Gli strumenti che l’ hanno accompagnata durante lo spettacolo – dal contrabasso dello spagnolo Antonio Cuenca, suo direttore musicale, al pianoforte di uno straordinario Riccardo Randisi; dal violino di Alessandra Fenech, al violoncello di Antonio Saladino, questi ultimi giovani e talentuosi musicisti del Conservatorio Scarlatti – hanno fatto da corona a quest’artista che sa imprimere uno straordinario ritmo allo stile mediterraneo con l’interpretazione assolutamente personale di canzoni dove ogni modulazione richiama momenti di dolore e sofferenza, di sfida e  liberazione.  Come in “Tu despedida”, una melodia rauca di lacrime e rimpianti, con la quale rende omaggio al padre scomparso.

Ma è soprattutto l’amore il fuoco ardente che accende e alimenta ogni suo brano. Monica lo pone al centro di una musica fatta di spasimi e smarrimenti, di nostalgie e ricongiunzioni, di malinconie e resurrezioni. Melodie torride, rinsecchite dal sole, flagellate da inquiete onde del mare, quelle di cui hanno potuto godere gli appassionati di jazz ascoltando  “Ay amor”, “Vuela”,  “Librame”, e anche “Esta hora de los besos”. Fino all’omaggio a Lucio Battisti, in un elegante e originale arrangiamento di “Amarsi un po’”, le cui note morbide e appassionate hanno finito per richiamare nascoste magie sonore e paradisi di dimenticate serenità.

Un canto struggente e sensuale quello di Monica Molina. Rovente e all’un tempo dolcissimo come una colata di lava e di miele. Un canto libero, che ti trascina sempre verso nuovi e inesplorati orizzonti di musica e voluttà.