Il commissario Luca Sbardella ha promesso non si sa bene cosa: “Saranno giorni infuocati”. Ma Fratelli d’Italia, a pensarci bene, potrà rinunciare alla micromisure contenute nelle variazioni di bilancio, il cui iter parlamentare entrerà nel vivo da martedì? Potrà dire addio, per una impuntatura su Iacolino, ai 420 mila euro di “riqualificazione urbana” destinati a Ragalna, la meta di vacanza di Ignazio La Russa, dove l’attesa è già febbrile per il prossimo Etna Forum?

Il difficile a praticarsi viene adesso. Le parole dei patrioti dovranno trovare risposta nel comportamento del gruppo parlamentare, altrimenti – come già accaduto in passato – le critiche si riveleranno una farsa. Un tentativo, vano, di impensierire Schifani per garantirsi l’unica cosa che interessa al gruppo meloniano: il controllo indiscriminato del Turismo e della cultura. Non è un caso che l’emissario spedito da Sbardella a Palazzo d’Orleans – per comunicare la diserzione sulle nomine della sanità – sia proprio il responsabile dei beni culturali, Francesco Scarpinato. Il più inviso al governatore per la gestione del caso Cannes.

Ma torniamo indietro nel tempo. Il 31 gennaio 2024, dopo mesi di tira e molla, si era addivenuti ad altre nomine (quelle dei commissari delle Asp, poi tramutati in Direttori generali). A recarsi con una velina a Palazzo d’Orleans era stato il capogruppo Giorgio Assenza. In quel caso, badate bene, non era soltanto una questione di sanità: FdI era riuscita a piazzare i suoi uomini nelle caselle più prestigiose, alcune delicatissime, come il “Civico” di Palermo (dove si insediò Walter Messina, solo per citarne uno). Era soprattutto una questione di equilibri: i patrioti puntavano a dare la priorità alla norma salva-ineleggibili, che l’aula puntualmente impallinò.

E tutto si riversò sulla sanità, che però era già stata blindata: gli assessori meloniani non si presentarono in giunta (come l’altro ieri), evitando di firmare le delibere. Si limitarono a comunicare al governatore alcuni cambi tardivi: uno prevedeva lo scambio di poltrona tra Ferdinando Croce e Marzia Furnari: il primo sarebbe stato trasferito al Policlinico di Palermo (e magari si sarebbe salvato dal linciaggio successivo allo scandalo dei referti istologici a Trapani). Ovviamente la “provocazione” di FdI non venne accolta.

“La decisione di Schifani di nominare i manager senza gli assessori di FdI apre la crisi”, era stata la nota ufficiosa dettata alle agenzie. Poi rintuzzata da via della Scrofa. Ma a ricordare che ci fu maretta è, oggi, lo stesso Assenza: “Io stavo fisicamente raggiungendo la presidenza dall’Ars insieme ai due allora coordinatori regionali – ha raccontato all’edizione palermitana di Repubblica – ma arrivati a Palazzo d’Orleans ci dissero che la giunta era già stata fatta. Sulla sanità il presidente Schifani ingrana sempre la marcia in più. Ne prendiamo atto”.

Anche due giorni fa i patrioti hanno provato lo sgambetto: gli assessori hanno disertato per protestare contro la conferma di Iacolino, adducendo motivazioni di tipo tecnico. In realtà l’unico interesse – caldeggiato dall’ex assessore alla Sanità Ruggero Razza – era apparecchiare la poltrona per l’ex direttore della Pianificazione (già commander in chief con il governo Musumeci) Mario La Rocca. Non una scelta guidata dalla competenza, come dichiarato da Sbardella, ma da mera occupazione di potere. Sarebbe stato proprio Razza, che oggi si esibisce nella carriera da scrittore ed europarlamentare-modello, a spingere per un ritorno al passato. Magari sperando, un giorno, di ricomporre con La Rocca l’ineffabile coppia del Covid. Dovrà attendere.

Schifani ha resistito all’assalto sapendo che sul terreno delle mance la frattura verrà quasi certamente ricomposta (so’ ragazzi…). Magari al termine di una trattativa al rialzo in cui FdI – per esempio – potrebbe chiedere, oltre ai soldini per Ragalna, una sponsorizzazione per il solito pagnottista. E’ questo che fa andare avanti la macchina. La ricerca ostinata di clientele che tengano in piedi il circo politico-elettorale. E’ questo che ha permesso a Fratelli d’Italia di mantenere inalterato il proprio potere su un settore strategico come il turismo. Per anni, scandalo dopo scandalo (da SeeSicily a Cannes). Ed è con questa logica che l’Assemblea regionale siciliana continua a farsi beffe dell’inchiesta della Procura di Palermo – in cui risultano indagati la Amata per corruzione e Galvagno per corruzione e peculato – continuando a proporre manovrine farcite di prebende che non sorridono ai siciliani ma solo alla deputazione. Galvagno, pover’uomo, ha anche dovuto sostenere 55 missioni per dare lustro alla Sicilia in giro per il mondo e oggi, non contento, ha richiesto (e ottenuto) di aumentare il plafond a propria disposizione per riversare contributi sulle iniziative meritevoli che chiedono il sostegno dell’Ars.

L’unica cosa che conta, in effetti, è spendere, spandere e lottizzare: dalle poltrone della sanità ai contributi territoriali. Per questo, le sfuriate di principio finiranno per lasciare spazio al pragmatismo elettorale, al rifacimento dei campi sportivi e delle cappelle votive, alla realizzazione di campi da padel e piste da skateboard. Credono che i siciliani li rivoteranno per questo. La cosa peggiore è che potrebbero aver ragione.