La Procura di Palermo ha chiuso il primo troncone dell’inchiesta sulla presunta rete di corruzione che collegherebbe la Regione Siciliana all’Assemblea regionale. Gli inquirenti hanno notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari – atto che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio – all’assessore regionale al Turismo, Elvira Amata (Fratelli d’Italia), e all’imprenditrice Marcella Cannariato, moglie di Tommaso Dragotto, fondatore di Sicily by Car.

Secondo l’ipotesi accusatoria, suffragata da intercettazioni della Guardia di Finanza, tra l’esponente del governo Schifani e l’imprenditrice si sarebbe stretto un patto di scambio. La Cannariato, da anni attiva nella gestione di fondazioni che beneficiano di contributi pubblici, avrebbe ottenuto finanziamenti dall’assessorato al Turismo in cambio dell’assunzione del nipote dell’assessore Amata in una delle sue società (la A&C Broker) e di un incarico di consulenza, ben retribuito, al capo di gabinetto dell’assessorato, Giuseppe “Pippo” Martino.

In un filone separato dell’inchiesta, risultano coinvolti anche il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, e la sua ex portavoce Sabrina De Capitani, considerata una figura chiave nei rapporti tra politica e imprese.

Con l’avvicinarsi della possibile formulazione dell’imputazione, si complica la posizione di Amata. Finora il presidente della Regione, Renato Schifani, ha evitato di metterla in discussione e ha smentito di averle chiesto un passo indietro. Ma gli equilibri, anche all’interno di Fratelli d’Italia, potrebbero cambiare presto.