Chi c’ha capito cose è bravo. Hai voglia a dire, come ha fatto Stefano Candiani a Buttanissima, che “se tu hai un accordo regionale lo devi garantire anche a livello locale”. Il territorio non ci sente. E’ avulso da certi schemi. E quanto accaduto nei giorni scorsi, alla vigilia della presentazione delle liste, le dimostra. Lo spacchettamento del centrodestra alle Amministrative del 4-5 ottobre (a Vittoria e San Biagio Platani si recupera a novembre) è palese e va al di là di ogni logica. I rappresentanti locali dei partiti – è questa l’accusa che arriva dal Carroccio – hanno tirato acqua al proprio mulino, vanificando gli accordi raggiunti nelle (pochissime) riunioni fra leader a Palermo.

Così, la Sicilia si appresta a diventare laboratorio politico, anche se in questo caso i banchi di prova sono molteplici. E, al netto delle autoflagellazioni, non tutte daranno un esito. Ad Agrigento, per esempio, cosa vuoi misurare se non la capacità di farsi del male?  La coalizione di governo, come è solito chiamarla Musumeci (allergico al concetto di maggioranza), s’è spaccato su più fronti. L’ultimo coup de theatre lo ha riservato Giorgia Iacolino, che un anno fa era candidata con Forza Italia al Parlamento Europeo. Oggi è stata designata assessore da Lillo Firetto, il sindaco uscente, sostenuto da sette liste civiche, tra cui si celano i rappresentanti di Partito Democratico e Italia Viva. Iacolino, figlia di Salvatore, l’ex eurodeputato che aveva seguito Gianfranco Micciché nell’esperienza di Grande Sud, aveva condotto la sua ultima campagna elettorale a braccetto col commissario regionale di Forza Italia. Apprezzandone la strategia. La luna di miele, però, è durata meno del previsto. Azzurro Donna – la costola femminile dei berluscones – ne ha chiesto l’espulsione dal partito.

Micciché ad Agrigento ha minimizzato, parlando del primo turno come fossero le primarie del centrodestra: “Ci ritroveremo al ballottaggio”. Ma gli amici di sempre, a questo giro, hanno percorso altre strade: soltanto Diventerà Bellissima e l’Udc punteranno su Marco Zambuto, vecchio militante del Pd, già sindaco della città. Non la Lega, che ha preferito condividere un candidato con Fratelli d’Italia – la presidente del Consiglio Daniele Catalano – mandando all’aria l’accordo con gli autonomisti di Roberto Di Mauro, da sempre fermi sulle posizioni del “civico” Franco Micciché. Della federazione coi lombardiani è rimasta soltanto la puzza di fritto. Magari se ne riparlerà più avanti. Sempre che nell’ex Mpa, dove Lombardo non comanda più come prima, torni un po’ di quiete: Carmelo Pullara, capogruppo dei Popolari e Autonomisti all’Ars e seguitissimo nel Girgentano, ha deciso infatti di convergere su Firetto, presentando un paio di liste a supporto. Il caos avrà ripercussioni anche all’Ars.

Gli accordi politici non sono come i pre-order su Amazon. Talvolta il corriere non arriva. Come nel caso di Milazzo, dove la Lega ha chiesto ripetutamente un “passaggio” a Pippo Midili, sentendosi rispondere che il pullman è già al completo: il candidato di Musumeci sarà sostenuto da nove liste, ma per il simbolo del Carroccio non c’era spazio. Alla fine Candiani ha scelto di correre da solo e proporre Damiano Maisano. Idem cum patate a Enna, dove l’uscente Maurizio Di Pietro l’ha escluso dalla contesa per non fare un torto a quelli di Italia Viva, di cui si è garantito il sostegno. Nel secondo comune capoluogo al voto, il Carroccio si presenta con Giuseppe Savoca. La solitudine dei numeri primi prosegue a Marsala, dove Giacomo Dugo sarà il rappresentante della Lega. Parte coi favori del pronostico l’ex assessore regionale della Democrazia Cristiana, Massimo Grillo, sostenuto dal resto del centrodestra.

Il rassemblement fra Lega e Diventerà Bellissima, a lungo in odor di federazione, funziona ad Augusta, dove il partito di Musumeci sostiene il lumbàrd Massimo Casertano con una propria lista (contro Pippo Gulino, sostenuto da pezzi di Forza Italia e Udc). Mentre a Termini Imerese sono due gli alfieri del centrodestra: Francesco Caratozzolo, con Lega, Forza Italia, Diventerà Bellissima e Ora Sicilia (il partito di Genovese jr); e Anna Amoroso, con al fianco Fratelli d’Italia, il Cantiere Popolare di Romano e l’Udc. Mentre a Ispica, dove il candidato del centrodestra “civico” è l’ex assessore regionale all’Agricoltura, Innocenzo Leontini, Fratelli d’Italia – che è stato il suo ultimo partito durante la permanenza al parlamento europeo – sposa il progetto di Antonello Calvo. Mentre esponenti vicini a Diventerà Bellissima, sotto mentite spoglie, hanno accolto con favore la ricandidatura di Pierenzo Muraglie (Pd). Fa eccezione, nel Messinese, Barcellona Pozzo di Gotto: in quel caso c’è un candidato unitario, e si chiama Pinuccio Calabrò.

A confronto con le beghe interne alla “coalizione di governo”, dall’altra parte dello schieramento si babbìa. Il Movimento 5 Stelle ha presentato il simbolo in diciassette comuni. Esprime un candidato sindaco a Termini Imerese: si tratta della consigliera comunale Maria Terranova, per cui si è speso il deputato Luigi Sunseri. E’ la sola a beneficiare dell’appoggio del Partito Democratico. L’altro esperimento di “campo largo” si consuma a Barcellona, ma stavolta l’espressione della coalizione è uscito dalle primarie del centrosinistra: si chiama Antonio Mamì, commercialista e consigliere comunale in carica. Altrove l’alleanza non è quagliata. Non a Marsala, dove il Pd sostiene il sindaco uscente Di Girolamo, mentre il M5s appoggia Aldo Rodriquez; tanto meno ad Agrigento, dove i grillini propongono Marcella Carlisi in opposizione a Firetto. I due partiti sono molto distanti anche a Enna, dove Cinzia Amato (M5s) battaglia con Dario Cardaci (che ha al proprio fianco i “dem” ma anche l’Udc). Distinti e distanti anche ad Augusta: un bel pezzo del Pd è con l’ex sindaco Massimo Carrubba, contro l’uscente Cettina Di Pietro, grillina, che aveva deciso di negare (ma poi ci ha ripensato) l’attracco alla nave Aurelia, carica di migranti in quarantena. Altro che “volemose bene”.

Ad essere onesti, è abbastanza normale che Pd e Cinque Stelle stiano ancora a fiutarsi. Hanno allestito e orchestrato un esperimento al governo nazionale per far fuori Salvini, e non per reali convincimenti. E sebbene la collaborazione alla Regione sia già in fase avanzata – con un ottimo feeling, si sussurra, fra Anthony Barbagallo e Giancarlo Cancelleri – l’alleanza è tutta da montare. Anche il capogruppo Giorgio Pasqua ha ricordato che “non c’è nulla di precostituito” e che ogni passaggio dovrà tenere conto del sentimento della base. Anche se Cancelleri non ha più alcuna voglia di perdere, per questo ha spalancato al Pd le porte del suo cuore. Ci vorrà tempo, ma si farà.