Fino a pochi giorni fa valutava la trasparenza e l’efficienza dell’amministrazione regionale. Oggi Antonio Maria Sciacchitano – per tutti “Ninni” – è agli arresti domiciliari con accuse gravissime: associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta. Per la Procura di Palermo, era il perno di un sistema di corruzione strutturale che pilotava appalti milionari nella sanità siciliana, grazie a una rete di complicità interna all’amministrazione e all’uso disinvolto di informazioni riservate.
L’indagine, coordinata dal procuratore Maurizio de Lucia e condotta dalla Guardia di Finanza, ha fatto emergere un giro di mazzette mascherate da consulenze, capitolati scritti su misura, annullamenti di bandi non graditi e persino intermediazioni politiche. In totale sono dieci le persone raggiunte da misure cautelari: oltre a Sciacchitano, figurano i faccendieri Catello Cacace e Giovanni Cino, imprenditori e manager sanitari.
Uno degli episodi chiave riguarda la Polygon spa, già coinvolta nell’inchiesta “Sorella Sanità”. Sciacchitano e Cino avrebbero cercato di rimettere in gioco la società in un maxi appalto, promettendo 200mila euro a testa per la mediazione e ulteriori tangenti da far arrivare a un dirigente regionale, Silvio Cuffaro, tramite Vito Raso, l’autista del fratello Totò. La trattativa, però, è naufragata con la cessione della Polygon a un fondo estero
Il caso ha sfiorato la Presidenza della Regione, che il 30 maggio (a seguito di selezione pubblica) scorso aveva nominato Sciacchitano a capo dell’Organismo indipendente di valutazione (Oiv). L’incarico è stato revocato dopo l’arresto. Schifani ha annunciato che la Regione si costituirà parte civile. Ma la scelta resta politicamente imbarazzante: Sciacchitano era considerato vicino a Forza Italia, con incarichi in diversi enti pubblici, negli ospedali, nei collegi dei revisori. Nel suo ruolo doveva vigilare su integrità, legalità e merito. Ma i controlli interni che avrebbe dovuto garantire si sono rivelati carta straccia. A intervenire, ancora una volta, è stata la magistratura. E la fotografia che ne emerge è quella di una sanità regionale vulnerabile e infiltrata, dove l’interesse pubblico cede facilmente il passo alla complicità privata.