Giuseppe Sottile

I manager? Inutili
Parola della Faraoni

Dio ce l’ha data e guai a chi ce la toglie. Parliamo di Daniela Faraoni che, come assessore alla Sanità, non ha eguali nelle altre regioni del Paese. Lei non governa, consola. Ha davanti il disastro del “118”, la società che dovrebbe garantire il pronto intervento con le autoambulanze, e che fa? Ci invita alla comprensione e dice, senza imbarazzo, che i poveri cristi del 118 “stanno attraversando un momento veramente difficile”. Stop. Daniela Faraoni si ritiene esentata da qualsiasi iniziativa. Non la sfiora nemmeno il sospetto, ad esempio, che sarebbe suo dovere la nomina, dopo sette mesi, del direttore dell’Asp di Palermo. “Tanto la barca va”, starà pensando la furbetta. E non si rende conto che, così facendo, finisce per trasmettere un messaggio bizzarro: i manager sono inutili; sono..

L’ultimo sfregio
a fratel Biagio

Nicola Tarantino – lo ricorderete – è stato il super burocrate che ha dato copertura allo scandalo di Cannes dove l’ex assessore al Turismo, Manlio Messina, ha bruciato oltre tre milioni di euro. Nonostante il suo nome sia stato mascariato dal dossier della procura sugli sprechi della Croisette, Tarantino è ancora a capo della Film Commission che gestisce con lo stile dello “spendi & spandi”, tanto caro al Balilla. Tutte le regioni prevedono per ogni produzione cinematografica un contributo massimo di 500 mila euro. Tarantino, unico in Italia, l’ha portato a 750 mila. Successe così che, quando fu il turno del film su Biagio Conte, i soldi erano già finiti: li avevano rastrellati i sette produttori più “sostanziosi”. Lasciando fuori dalla graduatoria il dovuto omaggio al missionario laico per il..

Resistono le greppie
della corrente turistica

La corrente turistica di Fratelli d’Italia si spezza ma non si piega. Neppure l’inchiesta per corruzione ha spinto Elvira Amata ad abbandonare gli sprechi e la gestione padronale del sottogoverno. Con una faccia di bronzo così resistente da sfidare non solo la magistratura ma anche la decenza, l’assessore al Turismo si ostina a mantenere sotto gestione commissariale sia l’Orchestra Sinfonica sia Taormina Arte, gli arrugginiti carrozzoni della Regione che il suo leader e maestro – l’intramontabile Balilla – ha trasformato in due greppie utili solo per foraggiare le clientele, le amiche e il super pagnottista della comunicazione fortemente raccomandato da Palazzo d’Orleans. La nomina dei consigli di amministrazione sarebbe il primo passo per riportare ordine nei due enti. Ma finirebbe la babilonia che all’Amata e all’allegra compagnia degli scandali piace..

Un Tajani distante
da Palazzo d’Orleans

Anche Antonio Tajani comincia a capire che la parabola di Renato Schifani ormai precipita verso il nulla. Costretto, per dovere d’ufficio, a difendere le ragioni della presidenza della Regione contro la nomina della leghista Annalisa Tardino al vertice dell’Ente Porto, il leader di Forza Italia si è tenuto sulle generali. Molto distaccato, quasi infastidito. Non sfugge ai suoi occhi che il governo della Regione fa acqua da tutte le parti; che gli alleati, tranne il devoto Cuffaro, sono tutti sull’orlo di una crisi di nervi; che il gruppo parlamentare dei “berluscones” trabocca di rabbia e di risentimenti verso Palazzo d’Orleans. A parte qualche smaccato regalo a Mediaset – i concerti pagati con denaro pubblico e ripresi dalla tv – il partito di Tajani ha ricevuto da questo governo più discredito..

Vacilla pure il sogno
di uno Schifani bis

Il governo della Regione si prepara a celebrare il terzo compleanno. Si farà festa, si tirerà un bilancio, si formuleranno i buoni propositi per il tempo che resta ancora da vivere e da regnare. Si spengono, va da sé, le candeline e, con le fiammelle, anche alcune speranze. A cominciare da quella che prevedeva la possibilità di un secondo mandato per il presidente Renato Schifani. In Forza Italia c’è una inarrestabile fronda interna; la corrente turistica di Fratelli d’Italia – la stessa che garantiva il massimo di copertura – è finita fuori gioco per un’inchiesta della magistratura; gli autonomisti di Raffaele Lombardo non vedono l’ora di assestare il colpo finale e anche la Lega è sul punto di rottura. Tranne il fedele Totò Cuffaro non si intravede all’orizzonte un alleato..

Il sindaco Lagalla
non tocca palla

Lagalla non tocca palla. Non è solo una rima baciata. E’ la considerazione che sorge dopo avere assistito alla totale assenza del sindaco di Palermo di fronte al destino di due importantissime infrastrutture della città: il porto e l’aeroporto. Sullo scalo di Punta Raisi la disfatta è stata eclatante: il presidente della Regione, Schifani, pur non avendo in mano una sola azione di Gesap, ha spodestato l’amministratore Vito Riggio, che era stato scelto da Lagalla, e ha insediato al vertice un suo uomo, Gianfranco Battisti, attraverso il quale controllerà da vicino la privatizzazione. La seconda debacle si sta appalesando in questi giorni sull’Ente Porto, che oltre a essere un potente scalo marittimo al centro del Mediterraneo, è una magnificenza di opere pubbliche. Anche qui lo scontro di potere è tra..

Per Schifani si chiude
l’era della spocchia

Per quasi tre anni Renato Schifani ha tirato la corda. Come se la Regione fosse un feudo di sua proprietà; come se gli alleati di centrodestra fossero semplici gabelloti; come se Forza Italia non avesse altro destino se non quello di subire sfregi e soprusi. Ma alla fine la corda s’è spezzata. Raffaele Lombardo e Marco Falcone non sopportano più le sue arroganze e hanno alzato la voce. La corrente turistica di Fratelli d’Italia, che prima gli garantiva copertura, si trova nei guai con la giustizia e Matteo Salvini gli ha dato scacco matto sul porto di Palermo. E’ cambiato pure l’atteggiamento delle opposizioni che, dopo avere accantonato la linea delle mance, ora premono perché sugli scandali si apra finalmente un dibattito all’Ars. Per il governatore della Sicilia si chiude..

Buttafuoco: solo Zaia
può salvare la Sicilia

La sua, va da sé, è stata una soave provocazione, ma ai piani alti di Fratelli d’Italia le parole di Pietrangelo Buttafuoco contano, eccome. Il presidente della Biennale di Venezia è, oltre che un uomo libero, un punto di riferimento culturale per la destra meloniana. Ieri, nel corso di un’intervista al Corriere delle Sera, Buttafuoco ha espresso il proprio disgusto per la deriva dell’autonomia regionale e ha lanciato la proposta di candidare, nel 2027 in Sicilia, l’efficientissimo presidente uscente del Veneto, Luca Zaia. Il suo è stato, di fatto, un appello indiretto alla Meloni. Basta con Manlio Messina, con Gaetano Galvagno ed Elvira Amata. Basta con gli sprechi, gli intrallazzi e gli affari della corrente turistica. E basta anche con Renato Schifani, che da Palazzo d’Orleans ha dato e continua..

I tornelli e l’estate
delle nostre amenità

Ora che abbiamo vinto l’intrepida guerra dei tornelli; ora che abbiamo restituito ai bagnanti di Mondello la spiaggia che fu dei loro padri e abbiamo pure abbattuto i tiranni del mare; ora che abbiamo liberato le capanne e ci prepariamo a celebrare, dopo tante tribolazioni, un Ferragosto di gloria e di vittoria; ora possiamo finalmente sperare che i nostri eroi si occupino dei problemi reali della Sicilia? Il nostro appello è rivolto ai due condottieri – Ismaele La Vardera per l’opposizione e Giusi Savarino per il governo – che dai palazzi della Regione hanno combattuto per la libertà della sabbia che dall’Addaura si estende fino a Capo Gallo. Basta, per favore. Gaetano Galvagno ed Elvira Amata, Sabrina De Capitani e Marcella Cannariato, col teatro delle loro spregiudicatezze, hanno allietato abbondantemente..

Dietro quella difesa
c’è la paura del crollo

Nello Musumeci si può capire: per tre anni ha coperto gli azzardi di Manlio Messina: dalla truffa di Cannes, con milioni di euro finiti nelle tasche di un avventuriero lussemburghese, allo scempio di SeeSicily che, con una seconda catasta di piccioli, ha lucidato i bilanci di Mediaset e altri allegri convitati. Sabato a Catania, dunque, la difesa dell’ex governatore nei confronti del Balilla e della corrente turistica di Fratelli d’Italia era scontata. Ma Renato Schifani perché si impanca in una difesa estrema di Gaetano Galvagno ed Elvira Amata, sputtanati da un’inchiesta per corruzione? Che nessuno si dimetta, dice il presidente. E lo dice per evitare che con la caduta di una sola tessera possa stramazzare al suolo l’intero mosaico delle sue alleanze, in primis quella con Ignazio La Russa e..

Gerenza

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