Dimezzare i tempi della burocrazia è una bella sfida, molto impervia, che la Sicilia sta provando ad affrontare. Anche se gli uffici, cioè la stessa burocrazia, già si dice scettica. Mercoledì scorso, in prima commissione all’Ars, è stato incardinato un disegno di legge, che porta in calce la firma del deputato di Italia Viva, Luca Sammartino, e che presenta un “pacchetto” di interventi volti ad accelerare i procedimenti amministrativi, la liquidazione di corrispettivi e contributi alle imprese, la realizzazione delle opere pubbliche prioritarie in settori strategici, per l’edilizia scolastica e per quella sanitaria. Un intervento necessario, se non addirittura urgente, considerata la fase d’emergenza determinata dal Coronavirus. Soprattutto in virtù del fatto che la Regione, con una manovra da un miliardo e mezzo, si è impegnata a riprogrammare una quantità industriale di fondi extraregionali e dovrà pubblicare una discreta quantità di bandi per dare corso alle tante misure per famiglie e imprese.

Ma alla politica è scattata un’altra molla, forse decisiva, quando la sera del 28 aprile è stata sollevata l’ultima campata del ponte Morandi, a Genova, a meno di due anni dal crollo. Il viadotto Polcevera, illuminato dal tricolore e inaugurato dal presidente del Consiglio in persona, ha visto un iter celere e procedure snelle per l’affidamento dei lavori, persino in deroga al Codice degli appalti. Un meccanismo che, inizialmente, aveva fatto storcere il naso all’Anac, l’autorità nazionale anticorruzione, ma che oggi ha dato i risultati sperati. Pur avendo aperto un varco nel mondo del diritto: da questo momento, per opere considerate strategiche, quale ente locale o regionale non proverà ad appellarsi al modello Genova? Per risolvere la questione una volta per tutte, bisognerebbe intervenire alla base: cioè rendere la deroga una norma dello Stato, affrontando dopo gli eventuali illeciti. E la politica siciliana, con quasi tutti i suoi esponenti, ci sta pensando da tempo.

Il presidente Nello Musumeci, ad esempio, assieme a quello per la ricostruzione economica, ha lanciato un piano di efficientamento burocratico; l’assessore all’Economia Gaetano Armao, nella sua relazione al Def, di fronte alle commissioni di Camera e Senato, ha chiesto “la modifica normativa in materia di appalti sul modello “Genova”, con la massima semplificazione delle procedure selettive” (e una serie di altre misure per snellire gli iter); Gianfranco Micciché, che questa battaglia la conduce da anni, ha detto stop alla burocrazia lumaca, che oggi tiene ferme 18 mila pratiche alla sovrintendenza di Palermo in attesa di un bollo. Per Sammartino, l’ideatore del testo, si tratta di “una battaglia epocale e culturale. La Sicilia ha bisogno di investimenti in tutti i settori per recuperare un gap di sviluppo”. La politica su questo tema fa quadrato. Si evince dal fatto che il suo documento è stato controfirmato dai capigruppo di tutti i partiti (ad esclusione del Movimento 5 Stelle). Compreso quello dal governatore, nonostante i recenti insulti con l’enfant prodige renziano a Sala d’Ercole.

Per una volta, i colori della politica rimangono sullo sfondo. Ma cosa prevede, nel concreto, la riforma Sammartino? La legge, che era stata presentata come emendamento alla Finanziaria, ma che è stata accantonata e riproposta all’Ars con carattere d’urgenza, è composta sostanzialmente da un solo articolo, in aggiunta alle disposizioni finali. Il comma 1 dimezza i termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi (e di quelli relativi ai pareri da parte delle varie amministrazioni coinvolte nei casi di conferenza dei servizi) da parte dell’amministrazione regionale ed enti del settore pubblico regionale e degli enti locali della Sicilia. Che per il momento variano da 30 a 60 giorni. Il comma 2, invece, impone alle autorità di gestione di programmi con finanziamento extraregionale – il tema è attualissimo, considerata la “ciccia” dell’ultima Legge di Stabilità – di eliminare dalle disposizioni attuative (entro venti giorni dall’entrata in vigore) l’incomprensibile “duplicazione” delle domande in formato cartaceo quando queste sono già presentate in modalità telematica. Far sparire la carta dagli uffici agevolerebbe i rapporti, tra uffici e pubblico, rendendoli sempre più smart.

Il comma 3, ove questo non sia vietato espressamente da norme dell’ordinamento statale o comunitario, consente di sostituire la documentazione richiesta per ottenere la liquidazione di contributi, corrispettivi, sovvenzioni, con il ricorso all’autocertificazione. E’ quello più rivoluzionario di tutti. Nei casi in cui la stessa autocertificazione non possa sostituire la documentazione da produrre, sarà comunque utilizzata ai fini della predisposizione delle istruttorie. Nel comma 4 viene consentito l’utilizzo, per anticipare le istruttorie, di documenti inviati anche mediante posta elettronica non certificata e senza firma digitale. Mentre i commi 5 e 6 – tenendo conto di una motivazione apicale, cioè “favorire il rientro nell’ordinario e riattivare lo sviluppo” in seguito alla pandemia – introducono l’istituto dei “commissari” per accelerare il completamento di opere pubbliche: al fine di sbloccare la realizzazione degli interventi infrastrutturali strategici già finanziati, di quelli per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e di quelli per l’adeguamento delle strutture sanitarie (anche per la riabilitazione post-Covid), i commissari disporranno di poteri speciali, sul modello utilizzato per la ricostruzione del Ponte Morandi a Genova e per l’Expo di Milano.

La norma specifica che i commissari sono individuati ex officio nei Sindaci (per le opere d’interesse comunale e le scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado), nei Sindaci metropolitani e nei legali rappresentanti dei liberi consorzi (per le opere sovracomunali e per le scuole superiori) e nei manager delle aziende sanitarie ed ospedaliere. Potranno derogare, entro i limiti previsti in via generale dell’ordinamento, al Codice degli appalti ed avranno poteri sostitutivi per assicurare in ogni caso il completamento delle opere. Il mandato dei Commissari non può superare in ogni caso i 18 mesi e gli atti assunti dovranno comunque essere pubblicati, assicurando la trasparenza.

I capisaldi della proposta di legge, però, non hanno incontrato i favori da parte degli uffici dell’Assemblea regionale, che avrebbero già ravvisato alcune cose che non vanno. E tirano in ballo un po’ di giurisprudenza: la Consulta in passato si è già espressa sul conflitto di competenze fra Stato e Regione. “La potestà legislativa regionale è rigorosamente delimitata dalla normativa nazionale in materia – è il primo verdetto dell’Ars – e diverse volte la Corte Costituzionale ha censurato per violazione della concorrenza le norme regionali che se ne discostano”. Da qui la censura per alcuni commi del ddl. La commissione Affari Istituzionali ha fissato a mercoledì il prossimo il termine degli emendamenti. Si farà il massimo per migliorare il testo iniziale ed evitare qualsiasi impugnativa futura.

Il presidente dell’Assemblea, Gianfranco Miccichè, è già armato fino ai capelli: “Il senso della legge Sammartino è che in Sicilia si potrà fare il viadotto Himera smontando l’impianto statale – ha detto giorni fa a ‘La Sicilia’ -. Sarà una benedizione, se in commissione e in aula riusciremo di non svuotarlo di contenuto. E per questo non voglio che dirigenti e burocrati ci mettano le mani”. Da un lato la politica, dall’altro la dirigenza. E’ l’inizio di una battaglia che non passerà in sordina: “Oggi la priorità è uscire dalla prigione della burocrazia. Sono convinto che se questa legge avrà tanti nemici nascosti – ha detto ancora Micciché -. Se passa, dall’indomani succede l’inferno”.