Il Movimento 5 Stelle non ha raggiunto l’accordo sull’abolizione del vincolo dei due mandati (né sulla deroga ad personam), così i propositi di Giancarlo Cancelleri di partecipare alle primarie, e candidarsi per la terza volta alla presidenza della Regione, finiscono in soffitta. Il sottosegretario alle Infrastrutture ha annunciato la propria decisione nel corso di una call su Zoom con Giuseppe Conte e i portavoce siciliani del M5s. “Non esco dal Movimento, perché non esco da casa mia – ha detto questa mattina Cancelleri, in una conferenza stampa convocata a Palermo -. Ma non potevo più accettare che si sviluppasse una narrazione solo attorno al mio nome”. E comunque “sarò in prima linea per le Primarie e per la campagna elettorale delle prossime Regionali. Ma non ho mai gettato la spugna, perché non sono abituato a farlo, e non ho mai pregato per una candidatura. Prego i santi”. “Sia Grillo che Conte – ha proseguito il sottosegretario – si sono confrontati a lungo perché pensavano probabilmente che potessi essere il miglior candidato. Ma quando si è iniziato a parlare di norme ad personam, ho creduto non fosse più il momento di andare avanti”.

A Giuseppe Conte non è riuscito il colpo gobbo: piazzare Cancelleri nella casella più ambita per la competizione interna al centrosinistra (contro le proposte autorevoli di Caterina Chinnici e Claudio Fava). Viene meno l’ambizione del capo dei 5s, che ha provato fino all’ultimo a forzare il regolamento per assegnare il posto all’unico pentastellato siciliano che – per vissuto e fedeltà – gli dava maggiori garanzie. Alla fine vince il ‘partito’ di Beppe Grillo, che nella sua tre giorni romana aveva ribadito la propria contrarietà all’eccezione studiata su misura per Cancelleri: “Per me non se ne parla”. Salvo, poi, offrire un timido spiraglio. Ma non c’è stato verso.

Cancelleri paga i cattivi rapporti col garante dei Cinque Stelle (“Non ho parlato con Beppe. Non perché ci siano problemi, ma perché credo che in questa fase io mi debba confronta con la parte politica del M5s”), contro il quale si schierò apertamente proprio un anno fa. Era il 30 giugno 2021 quando Grillo diede il benservito a Giuseppe Conte (“Non ha visione politica, né capacità manageriali”), provocando l’irrigidimento del politico nisseno: “In queste ore è d’obbligo una valutazione sulla mia permanenza all’interno del Movimento 5 stelle: ho contribuito assieme a tanti alla nascita di questo progetto nel quale oggi trovo difficolta a riconoscermi”. Alla base della rissa tra il garante e l’avvocato del popolo, c’era la percezione dell’ex premier di essere un “leader dimezzato”, contestualmente alla richiesta di rivedere lo Statuto: “Se non siamo pronti a cambiare idea vuol dire che non siamo pronti a cambiare nulla e in questo quadro di cose la mia permanenza è esclusa”, disse Cancelleri. Nel volgere di qualche settimana, le nubi furono spazzate via. I due si riappacificarono e Cancelleri si scrollò di dosso un bell’imbarazzo.

Conte non ha mai dimenticato. Ma concedere un favore così generoso – la deroga ai due mandati – avrebbe aperto una crepa nel regolamento, e prodotto l’ultima umiliazione alla storia dei Cinque Stelle. Ma perché arrivare a tanto? Davvero nel M5s non esiste qualcuno in grado di fare le veci di Cancelleri, o magari sostituirlo e guidare il centrosinistra siciliano verso altri orizzonti? Il sottosegretario alle Infrastrutture, che aveva lasciato la vicepresidenza dell’Ars per rispondere alla chiamata del premier durante il Conte-1, era già stato candidato alla presidenza della Regione un paio di volte. Entrambe da perdente: nel 2012, quando raccolse il 18,1% (comunque quattro punti in più rispetto al M5s); e nel 2017, quando sfiorò la vittoria, fermandosi al 34,65% (secondo alle spalle di Musumeci). L’anno dopo i Cinque Stelle, nell’Isola, balzarono al 48% nei consensi.

La scelta di abbandonare l’Ars, una carica elettiva, per una nomina di sottogoverno, gli provocò parecchie critiche già nel 2018. Una sua tutte, quella di Dino Giarrusso (un altro fresco di fuga dal M5s): “I militanti ci dicono che nelle nostre regole c‘era scritto che chi, come Cancelleri, ha un ruolo elettivo, non può abbandonarlo prima della scadenza”, furono le parole dell’ex Iena. Il rapporto coi 5 Stelle siciliani, però, non è mai venuto meno. La profonda opposizione al governo Musumeci, più consona a un militante di partito che a un sottosegretario di Stato, ha tenuto la lucina accesa su Giancarlo. Che, ad ogni occasione utile, ha rimarcato il proprio impegno – che è agli atti, e nessuno può negarlo – su strade, autostrade, ferrovie siciliane. Cancelleri c’era all’inaugurazione del viadotto Himera sull’A19; c’era quando il “suo” premier venne in Sicilia, con Toninelli, per visitare i cantieri della Caltanissetta-Agrigento; c’era per risolvere l’annosa questione della Ragusa-Catania, che ottenne l’upgrade a strada di interesse nazionale. C’era soprattutto durante l’ultima tre giorni di Giuseppi nell’Isola, in campagna elettorale per le Amministrative. Hanno spalancato, insieme, la strada della disfatta a Franco Miceli, candidato un po’ per caso del ‘campo largo’.

In questi lunghi anni Cancelleri, come il Movimento, s’è trasformato. Arrivato al punto di rottura con Grillo (si ricorda anche un commento poco lusinghiero sul video di Beppe a difesa del figlio Ciro), ha cambiato i propri modelli di vita e di politica, passando dall’amico Luigi Di Maio (cui ha augurato i migliori successi al momento della scissione) a Giuseppe Conte. Ha superato l’impostazione dei grillini ‘duri e puri’ per ricercare una sintesi con Micciché e Lombardo, utile alla creazione di un modello Draghi in salsa sicula. Ha mantenuto, tuttavia, le redini del Movimento. Una tradizione familiare confermata dalla presenza della sorella Azzurra alla Camera dei Deputati e del cognato, Santino Lo Porto, al Ministero dell’Economia. Su quell’incarico, oggi, chiede lumi il solito Giarrusso. “La Corte dei conti ha inviato al viceministro Laura Castelli la richiesta di chiarimenti in merito all’incarico conferito al Mef a Santino Lo Porto. Sapete chi è Lo Porto? Il marito di Azzurra Cancelleri e cognato del viceministro Giancarlo Cancelleri. Un incarico con un compenso di 65 mila euro all’anno. Dopo questa comunicazione dei magistrati contabili il viceministro ha annullato la nomina. Ecco la ‘banda Bassotti’ della politica contro cui noi lottiamo”, ha detto l’ex Iena mutuando un’espressione del nuovo compagno d’avventure, Cateno De Luca.

I detrattori di Cancelleri ne hanno sottolineato a più riprese questa pretesa assurda di una deroga ad hoc. Sarebbe stata la conferma di un Movimento senz’anima. Di un regolamento ridotto a carta straccia. Di un atto di prevaricazione sugli iscritti, che a questo giro non potranno votare o esprimersi. “Se non vinciamo queste primarie – ha detto qualche giorno fa Cancelleri nella sua Caltanissetta – il Movimento finisce. Ma non in Sicilia, finisce in Italia”. Vincere come? Ma soprattutto, con chi? Non serviva dirlo. Era l’unico di cui Conte si fidasse davvero. L’unico, però, a cui non potrà affidare le chiavi della ripartenza.