Dopo la commissione regionale antimafia retta da Claudio Fava, anche la Procura di Messina è tornata a occuparsi dell’attentato (presunto) ai danni di Giuseppe Antoci, l’ex presidente del Parco dei Nebrodi. Ma la conclusione della seconda indagine è identica alla prima: archiviazione. Lo ha disposto il Gip Simona Finocchiaro che, su indicazione del sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia, aveva acquisito la relazione della commissione dell’Ars, bollando però le tesi di Fava come “pure elucubrazioni mentali non corroborate da alcun dato probatorio”.

Per il Gip “sebbene le indagini non abbiano consentito di risalire agli autori dell’attentato, alle sue modalità, al movente, la conclusione raggiunta dalla Commissione (ossia che l’ipotesi dell’attentato mafioso sia la meno plausibile) appare preconcetta e comunque non supportata da alcun dato probatorio” si legge nelle conclusioni. Il Gip si è espresso anche sull’operato degli uomini della scorta di Antoci, che secondo la Commissione antimafia furono contraddistinte da una “mancata osservanza dei protocolli operativi”. “Tale critica all’operato della scorta – scrive la Finocchiaro – appare fine a sé stessa e ininfluente sulla direzione delle indagini”. E nel concludere il decreto di archiviazione, il Gip scrive ancora come “le contestazioni mosse dalla Commissione non abbiano fornito utili o nuovi spunti investigativi, limitandosi ad introdurre la suggestione che non si sia trattato di un attentato quantomeno con modalità mafiose, o addirittura che l’attentato fosse una messinscena”, oppure che “… la maggior parte delle criticità sollevate dalla Commissione hanno trovato una giustificazione ragionevole e comunque sostenibile”.

Nel pomeriggio è arrivata la replica di Claudio Fava: “Proprio nel giorno della mia audizione a Roma presso l’antimafia nazionale, la procura di Messina fa sapere, e il Gip ribadisce, che non ci si sposta di una virgola dalle precedenti conclusioni. Il supplemento di indagine compiuto in questi mesi consisterebbe nella lettura della nostra relazione e delle relative audizioni. Punto. Resto allibito della leggerezza e dalla gravità di ciò che scrive il Gip, accusando la commissione antimafia di “elucubrazioni” e di “illazioni sul coinvolgimento di Antoci nel falso attentato”: se avesse letto la nostra relazione, il giudice avrebbe visto che scriviamo esattamente il contrario, indicando Antoci come vittima inconsapevole in ogni caso. Comincio a credere, anche per la reazione provocatoria e scomposta di alcuni senatori oggi in antimafia nazionale, che abbiamo toccato fili scoperti. E in quella rigida chiesa in cui si è ormai trasformata l’antimafia in Italia, non cantare messa con gli altri ma proporre dubbi e formulare domande è un peccato imperdonabile”.