Il Viceré di Sicilia
ha le spalle nude

Si credeva unto dal Signore come Silvio Berlusconi e perciò ogni problema gli scivolava sulle spalle come acqua sul marmo. Liquidava la sanità con un serpigno sorrisetto di sufficienza e trattava la siccità con la spocchia dell’uomo protetto – nell’ordine – da Giorgia Meloni, da Ignazio La Russa e da Antonio Tajani. Ma da ieri all’invincibile e onnipotente Renato Schifani tremano le gambe. Perché il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, asfissiato dai suoi rancori e dalle sue prepotenze, gli ha mollato un ceffone stratosferico e si è buttato tra le braccia di Raffaele Lombardo e Gianfranco Miccichè, le sue spine nel fianco. Il reuccio di Palazzo d’Orleans comincia dunque ad avere le spalle nude. Lo inquieta il sospetto che l’operazione Lagalla possa essere nata col tacito consenso del segretario di..

Dopo il pagnottista
s’avanza l’impostore

La prima tentazione sarebbe quella di chiamarli impostori. Ma per non dare pensieri alle procure o alla Corte dei Conti chiamiamoli semplicemente magliari. O truffaldi. Travestiti da giornalisti e guidati da un boss in divisa di editore, vanno in giro per le amministrazioni della Sicilia – Asp, Comuni, Consorzi – e propongono contratti biennali per garantire un “servizio di gestione social networks”. Prezzo a trattativa privata: centoventimila euro più Iva. In omaggio – “paghi uno e prendi due” – offrono “protezione giornalistica” tramite un sito d’informazione che dispensa interviste di comodo ai clienti che, con la stipula del contratto, di fatto hanno già pagato il pizzo. Per adescare e abbindolare i boccaloni vantano referenze altolocate, addirittura riconducibili a Palazzo d’Orleans. La Sicilia dei saltimbanchi diventa sempre più spregiudicata e aggressiva.

Sul teatrino della politica
prevale la macchietta

Il teatrino siciliano della politica ormai produce solo macchiette. “Si placa l’ira di Schifani”, scrive Repubblica. E tu immagini che al centro del palcoscenico ci sia lui, il presidente della Regione, con gli occhi di fuoco e lo sguardo corvino, che legge gli attacchi del perfido Faraone e invoca vendetta, tremenda vendetta. Famigli e maggiordomo tentano disperatamente di inumidirgli la fronte e di ammansire i rancori. Ma lui, il Viceré, continua a battere i piedini sul solaio e a tambureggiare coi pugni sulle pareti. Tremano i mobili del trono e pure quelli della stanza accanto, dove pensa e traccheggia il Bullo. Arriva in aiuto anche Simona, la dama di corte, ma Sua Maestà non si ammorbidisce e con voce baritonale ripete: “Voglio la testa di Faraone e anche quella di..

Il bullo vero è quello
della stanza accanto

Davide Faraone, l’impertinente leader siciliano di Italia Viva, lo ha definito “bullo”. L’aggettivo comprende oltre all’arroganza che contraddistingue i viceré, i feudatari, i sovrastanti e persino i campieri, anche quella aggressività che segna in maniera inequivocabile i comportamenti dei duri, degli spocchiosi, degli attaccabrighe. Ma lo Schifani che invoca ostracismi e punizioni per Faraone, colpevole di avere denunciato ritardi e inefficienze della Regione nella gestione della siccità, di sicuro non è nato così. E’ diventato un bullo della politica dopo una lunga e fitta frequentazione con il re dei bulli: con l’opaco avvocato d’affari che da sempre lo affianca, lo assiste e lo guida nelle questioni più delicate e rischiose di Palazzo d’Orleans. Il bullo originale, insomma, è l’altro: quello della stanza accanto. Schifani è solo un prodotto di imitazione.

Non sempre la Legge
è uguale per tutti

Renato Schifani, in un momento di effervescente e traboccante narcisismo, ha pensato bene di sovvertire quella frase solenne – “La legge è uguale per tutti” – che campeggia in tutte le aule di giustizia. Come si ricorderà la Corte dei Conti ha inviato al commissario dell’Orchestra Sinfonica, Margherita Rizza, una lettera con la quale chiede che due ex sovrintendenti rimossi per questioni di illegittimità – Giorgio Pace e Andrea Peria – restituiscano gli stipendi percepiti senza averne alcun titolo. La dottoressa Rizza, prima di procedere, ha doverosamente informato il presidente Schifani. E, dopo un ampio e approfondito consulto, ha deciso di adottare due pesi e due misure: ha scritto una lettera perentoria a Pace, ma ha evitato con cura di inviare la stessa lettera a Peria, che nel cerchio magico..

Una vendetta meditata
sotto l’occhio del Santo

Noi che siamo docili uomini di fede avevamo immaginato che il viaggio ad Assisi ammansisse i rancori e i livori di Renato Schifani. Che lo spirito francescano lo spingesse verso un gesto di umiltà. Che il ricordo di “fratello sole e sorella luna” gli suggerisse di considerare “fratello” anche il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, suo compagno di pellegrinaggio e di devozione in terra d’Umbria. Macché. A certi istinti non si comanda. Irritato da un duro attacco di Davide Faraone, leader dei renziani di Sicilia, il presidente della Regione ha meditato proprio lì, dove il Poverello di Assisi aveva predicato amore e tolleranza, un proposito di vendetta, tremenda vendetta: colpire Lagalla per abbattere Faraone; sfasciare la giunta di Palermo per dare una lezione al renziano che di quella giunta fa..

C’è chi muore di sete
e chi gioca col comma

La Sicilia avvampa di sete ma il presidente della Regione va negli uffici della Webuild, il colosso delle costruzioni che vuole aggiudicarsi l’appalto del Ponte sullo Stretto, per festeggiare l’assunzione dei primi operai. Una genuflessione gratuita, forse inopportuna, certamente propagandistica. In Sicilia ci sono già – il dato è del Sole 24Ore – due milioni di abitanti costretti a fare ogni giorno i conti con una siccità che divora i raccolti e spinge gli allevatori a macellare le bestie. E i sindacati confederali, per dare un segnale che esistono, che fanno? Mobilitano le donne contro un disegno legge, in discussione all’Ars, che minaccia di ridurre la presenza femminile nelle giunte comunali. La sete c’è ed è un’immane tragedia; ma Cgil, Cisl e Uil parlano d’altro e mandano la gente in..

Miracolo: s’è svegliato
il gruppo di Forza Italia

Sursum corda, in alto i cuori. Il gruppo di Forza Italia all’Ars, che sembrava spento, non solo respira ma sembra pure capace di attizzare una polemica. Il terreno di scontro, manco a dirlo, è la sanità. Un ricco feudo che il viceré Schifani ha promesso almeno a quattro pretendenti, arroventando ambizioni e risse di ogni genere. Tra i giocatori più incalliti ci sono due deputati agrigentini: Margherita La Rocca Ruvolo e Riccardo Gallo Afflitto. I quali, per farsi spazio, hanno deciso di demolire Salvatore Iacolino, direttore della Programmazione, ma senza mai sfiorare l’assessore Giovanna Volo, tanto cara a Schifani. Ed è sul nome di Iacolino che è esplosa la polemica. Con un’intervista a Repubblica, ieri è sceso in campo Nicola D’Agostino, potente deputato catanese, che invece difende a spada tratta..

Tempi fortunati
per i vice viceré

Luca Sammartino è stato rinviato a giudizio per corruzione e di conseguenza non potrà riprendersi l’assessorato che aveva amministrato per oltre un anno. L’Agricoltura resterà dunque nelle mani del professore Salvatore Barbagallo, chiamato al governo in nome e per conto di Sammartino, interdetto dai pubblici uffici già nella prima fase dell’inchiesta. Il rinvio a giudizio, deciso ieri dal gup di Catania, di fatto stabilizza Barbagallo che da precario passa, come si suole dire, a tempo indeterminato. Nella Regione feudale di Renato Schifani soffia buon vento per i sostituti. Tra i fortunati, oltre a Barbagallo, c’è l’avvocato Alessandro Dagnino, nominato assessore al Bilancio in sostituzione di uno – uno qualunque – dei tredici deputati di Forza Italia, costretti dal governatore a vivere nell’inedia e nel silenzio, senza incarichi di governo né..

Massimo, fuori gioco
il pagnottista di Schifani

Teatro Massimo. Il pagnottista, per il quale Renato Schifani ha tanto traccheggiato, è definitivamente fuori gioco. Parliamo di Andrea Peria. Il quale, dopo avere occupato illegittimamente per circa un anno la sovrintendenza dell’Orchestra sinfonica, voleva addirittura acquartierarsi al vertice del più importante teatro lirico della Sicilia. Ma i nodi sono venuti al pettine. La Corte dei Conti ha chiesto che Peria restituisca gli stipendi riscossi senza averne i titoli dall’Orchestra sinfonica. L’iniziativa della magistratura contabile, oltre a ridimensionare l’invadenza del presidente della Regione, restituisce agibilità al sindaco Lagalla, che presiede il Consiglio d’indirizzo del Massimo, e finisce anche per agevolare il compito del ministro Giuli, al quale spetta l’ultima parola sulla nomina del sovrintendente. La stagione dei pagnottisti sembra tramontata.

Gerenza

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