Non basta accodarsi
Manca l’autorevolezza

Marina e Pier Silvio danno una sterzata a sinistra in nome dei diritti? Lui si accoda. Antonio Tajani lancia lo Jus scholae per regolarizzare i figli d’immigrati che hanno studiato in Italia? E lui rilascia una dichiarazione con la quale promette di sostenere perinde ac cadaver il segretario di Forza Italia. Renato Schifani si arrampica sugli specchi pur di piacere allo stato maggiore del partito berlusconiano. Sa di avere il fianco scoperto. Non solo per gli inciuci con Ignazio La Russa, col Balilla e con i patrioti più oscurantisti dell’universo meloniano. Soprattutto per la sua disastrosa gestione del governo regionale: troppi rancori, troppe piccinerie, troppe amicizie border line. Del resto, quale autorevolezza può mai avere un presidente che calpesta le aspettative dei deputati forzisti per soddisfare i capricci dei riccastri..

Un azzeccagarbugli
sulla cenere dell’Etna

Come i magliari o gli azzeccagarbugli, è convinto che basta un giro di parole per modificare la realtà. A proposito della cenere dell’Etna – una catastrofe per i comuni del Catanese – il presidente della Regione, Renato Schifani, aveva invocato lo stato d’emergenza. Il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, lo aveva corretto. E, con una rapida lezione di diritto amministrativo, gli aveva pure spiegato che, essendo la cenere un fenomeno ordinario proprio perché si ripete da quando esiste il vulcano, non si può parlare di emergenza, semmai di mobilitazione. Ieri Musumeci ha firmato il decreto, seguendo ovviamente la linea della mobilitazione. E Schifani che fa? Per conquistare il solito francobollino sui giornaletti che pendono dalle sue labbra, rilascia a razzo una dichiarazione: “Accolte le nostre richieste”. E’ il trionfo...

Due stili diversi
di sottogoverno

Basta allontanarsi un filino da Renato Schifani e il sottogoverno diventa ciò che deve essere: la scelta assennata di uomini onesti e cristallini, di professionisti autorevoli e soprattutto competenti. La conferma arriva dalla nomina di Gaspare Borsellino, un giornalista di prima fila, nel Consiglio di indirizzo della Fondazione Teatro Massimo di Palermo. Nomina sottoscritta dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, su una proposta concordata tra il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla e il presidente della Regione, Schifani. Se un incarico così prestigioso è stato assegnato a Borsellino, fondatore dell’agenzia di stampa Italpress, e non a un pagnottista o a un riccastro incontrato all’ultima festa, si deve al fatto che stavolta il reuccio di Palazzo d’Orleans non ha deciso da solo. Ha dovuto confrontarsi con gente di ben altra pasta e..

La pioggia chiude
i riti della siccità

E’ arrivata la pioggia. Finalmente la Sicilia non avrà più bisogno di Renato Schifani né degli attrezzi di scena con i quali il presidente della Regione ha recitato la commedia della siccità. Finalmente cala il sipario sulla cabina di regia e sulle altre imposture con le quali Palazzo d’Orleans ha cercato di nascondere la propria incapacità di gestire l’emergenza. Finalmente si chiude la recita sui dissalatori da riportare in vita o sulla rete colabrodo che perde per strada la metà dell’acqua che trasporta. Finalmente il lago di Pergusa tornerà a riempirsi e a incantare turisti e poeti. Finalmente il Simeto ritroverà il mare. E Schifani potrà dedicarsi a tempo pieno ai suoi amati riccastri, alle sue feste, alla sua devota zarina, ai suoi intrighi di palazzo, ai suoi pagnottisti, alle..

Finzioni e sprechi
in nome della siccità

La cabina di regia? Una finzione. Utile per fare rumore e per dare l’idea che a Palazzo d’Orleans si pensa in grande. Le dichiarazioni alla stampa? Un espediente per sfruttare i disagi della gente e guadagnare un francobollino sul giornaletto on line pilotato dal boss dei pagnottisti; cioè dall'editore che non cerca notizie ma rastrella appalti a trattativa privata, come quelli che gli ha concesso il Cas. Diciamolo fuori dai denti: Renato Schifani, presidente della Regione feudale di Sicilia, aspetta le piogge d’autunno. La siccità gli è servita soltanto per distribuire soldi a destra e a manca, per bruciare migliaia e migliaia di euro in comunicazione, per alimentare vecchie e nuove clientele. La rete è rimasta un colabrodo come è sempre stata. I dissalatori continuano ad arrugginire. L’estate prossima sarà..

Le infamie del Bullo
per colpire i nemici

Professore, avvocato, avvocaticchio, attaccabrighe, delatore. Sono le tante facce del Bullo, di quell’opaco personaggio che vive e traccheggia all’ombra di Palazzo d’Orleans, protetto e stipendiato da Renato Schifani, per nostra sventura capo della Regione feudale di Sicilia. Non gli è bastata la campagna di odio imbastita, con i mezzi più balordi e infamanti, contro il giudice che lo ha condannato a versare 621 mila euro di tasse non pagate all’Agenzia delle Entrate. L’altro ieri s’è saputo che, con una avventata delazione, ha cercato di colpire un altro suo storico nemico: Gianfranco Micciché. Da vecchio azzeccagarbugli, adotta una tecnica particolare. S’inventa accuse campate in aria che impegnano per parecchio tempo le procure ma che non approdano mai a nulla. Tuttavia non desiste. Anzi. Ogni volta parte a testa bassa. Va per..

Schifani come Gassman
ripete: “So’ contento”

Ricordate il pugile suonato, interpretato da Vittorio Gassman nel film di Dino Risi? Di fronte a ogni domanda aveva una sola risposta: “So’ contento”. Ormai risponde così anche Renato Schifani, presidente della Regione Feudale di Sicilia. E’ accerchiato dalle insofferenze e dai mugugni della maggioranza. Non solo. Forza Italia, cioè il partito che lo ha portato a Palazzo d’Orleans, non sopporta più i suoi atteggiamenti padronali e gli rinfaccia il cinismo con il quale regala le poltrone di governo e di sottogoverno a personaggi lontani mille miglia dall’azzurro mondo di Berlusconi; o, peggio, ai riccastri che gli organizzano le feste: Peria, Dragotto, Cannariato, Riolo. Ma lui fa finta di non capire. E, con un disprezzo profondo dell’intelligenza dei siciliani, dichiara che la maggioranza è coesa e che Forza Italia è..

La Zarina comanda
e il picciotto va e fa

Ma a chi appartiene quel giornaletto on line che ogni due per tre ci delizia con una foto di Schifani, azzizzato come uno statista, con gli occhialini da intellettuale, il sorrisetto rassicurante e le bandiere d’ordinanza dietro le spalle? Ma sì, appartiene a lui: all’editore che vende a caro prezzo la sua protezione – chiamatela pure copertura stampa – a consorzi e società imbottite di denaro pubblico; all’editore che offre interviste da bar agli assessori che gli consentono di incamerare appalti a dir poco bizzarri o azzardati. Ma si sa: lui non fa nulla per niente. E di fronte a una così ferrea regola di mercato una domanda sorge spontanea: a cosa si deve questa improvvisa vampata di leccuculismo nei confronti di Schifani? Dicono che le trattative siano state condotte..

Gli undici traditori
traditi da Schifani

Nell’ottobre del ‘23, quando tradirono in massa Gianfranco Micciché e si rifugiarono sotto l’ala di Renato Schifani, credevano di essere diventati i padroni della Regione, di potere finalmente mettere le mani sugli incarichi di sottogoverno e di conquistare le ricchezze e i privilegi da sempre riservati al partito del presidente. Dopo quasi due anni hanno invece scoperto che il presidente Schifani ha trasformato Palazzo d’Orleans in un feudo di sua esclusiva proprietà; che ha distribuito le ricchezze tra i suoi vassalli - la Zarina, il Bullo e l’Infante Robertino - e che continua a regalare le poltrone del sottogoverno ai riccastri che gli organizzano le feste. Agli undici traditori di Forza Italia non ha dato nemmeno i trenta denari. Anzi. Durante l’ultima Cena delle Mance ha preteso da ciascuno una..

Il Bullo e lo stile
dei rotoloni Regina

Sono senza pudore e senza rossore. Sono arroganti. Macinano clientele, abusi, scandali, azzardi. Ma non mostrano mai un segno di imbarazzo. Prendete Renato Schifani, il capo della Regione feudale di Sicilia. Parla su tutto e di tutto. Però sui 300 mila euro regalati al Trapani Calcio, la società assistita dal suo diletto figliuolo, bocca cucita. Oppure prendete il Bullo, l’opaco avvocato d’affari che a Palazzo d’Orleans siede alla destra del Viceré. Per vendicarsi del giudice che lo ha condannato a versare nelle casse del Fisco 621 mila euro di tasse evase, ha costruito un verminaio di accuse. Tutte strumentali, infamanti, meschine. I magistrati del Tribunale di Palermo lo hanno fatto a pezzi. Ma lui, anche se sputtanato, rimane al suo posto. Da dove tenta di organizzare altre incursioni e ritorsioni...

Gerenza

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