L’effetto Chinnici
si riversa su Tajani

Non è stata una scommessa vincente quella di Antonio Tajani. Anzi. Ci ha rimesso lui e ci ha rimesso pure lei, Caterina Chinnici, la professionista dell’antimafia che, per conquistare la terza legislatura all’europarlamento (e un vitalizio di 21 mila euro al mese) ha tradito il Pd, ha cambiato casacca e si è intruppata con i berluscones. Il segretario di Forza Italia, pur avendola candidata come capolista nelle Isole, non è riuscito a spezzare il patto tra Edy Tamajo e Renato Schifani. I due hanno preferito giocare in proprio, glissando le indicazioni di Tajani. Il quale non ci ha fatto una gran bella figura. Lo stesso vale per la Chinnici. Ora Tamajo ha annunciato che lascerà a lei il seggio di Bruxelles. Ma la transfuga del Pd, che Tajani aveva reclutato..

L’esempio fattivo
di un civil servant

Ha tirato l’aeroporto di Palermo dalla palude burocratica, ha completato i lavori di ristrutturazione e ha consegnato alla città un hub di livello internazionale: moderno, efficiente, strutturalmente al servizio di un traffico aereo sempre più incardinato con la società globale. Vito Riggio ha compiuto, da amministratore delegato, una missione straordinaria. E ci è riuscito grazie alla sua specifica esperienza e alla sua radicata cultura di civil servant. Ora l’aeroporto è in grado di camminare con le proprie gambe. Può scegliere di lasciarsi ammorbare ancora una volta dalle logiche del sottogoverno o di spiccare il salto verso la privatizzazione e verso più ambiziosi traguardi. Riggio, presentando ieri le dimissioni, l’ha detto chiaramente: per l’ordinaria amministrazione non c’è bisogno di lui. I suoi orizzonti sono altri. Il retrobottega non gli appartiene.

La famiglia allargata
del “Gruppo Balilla”

Lo chiameremo “Gruppo Balilla” non solo per ricordare lui, l’inventore di SeeSicily, il disastro che è costato alla Regione oltre venti milioni di euro; ma anche per una civettuola assonanza con il “Gruppo Barilla”, quello della pasta e del Mulino Bianco. Lo chiameremo così perché la confraternita non comprende più solo il boss e i gregari della corrente turistica di Fratelli d’Italia. La comitiva si è allargata e comprende – oltre ai complici del precedente governo – anche i fiancheggiatori che hanno reso e continuano a rendere al Balilla grandi servizi. C’è il tombale silenzio sullo scandalo imposto dal governatore Schifani; c’è l’ostinato rifiuto di un dibattito da parte del presidente dell’Ars, Galvagno; e c’è la devozione delle anime belle, dei puri e duri che un tempo inorridivano davanti al..

Occhiuto e Schifani
queste le differenze

Le anime belle si chiedono – con un po’ di ritardo, va da sé – perché il berlusconiano Roberto Occhiuto, presidente della Calabria, trova il coraggio di dire no all’autonomia differenziata mentre il berlusconiano Renato Schifani, governatore della Sicilia, si rimangia le poche parole di buon senso pronunciate in aprile al congresso di Forza Italia e si accoda a meloniani e leghisti. Anche le anime belle, dopo due anni, dovrebbero conoscere Schifani: è un ex presidente del Senato finito a Palazzo d’Orleans per grazia ricevuta; un politico privo di esperienza amministrativa; un equilibrista sempre in bilico tra rancori e culto dell’io. Occhiuto getta uno sguardo sul futuro della sua Calabria ed è legittimamente preoccupato. Schifani vive in funzione del suo gruppo di potere, del suo cerchio magico. Occhiuto è un..

Autonomia differenziata
e autonomia pietrificata

Come sono buoni i parlamentari della Lega. Per farci accettare la batosta dell’autonomia differenziata usano una parola magica: responsabilizzazione. Dicono che la competizione con le regioni più ricche del Nord spingerà quelle del Sud a svegliarsi dal torpore e dalla rassegnazione, ad abbandonare la logica dell’attesa, a mobilitare tutte le energie e le risorse per progettare, appaltare, e realizzare ogni opera di cui questa arsa e disperata terra ha bisogno. Insomma, per consolarci, ci invitano a scendere in piazza e ad abbattere Palazzo d’Orleans con la stessa furia con la quale i francesi assaltarono la Bastiglia. Dimenticano, gli zelanti figli del Nord, che in Sicilia vive e regna Renato Schifani. Un presidente pietrificato che, per nominare diciotto manager della sanità, ha impiegato un anno. Non lo smuove un’emergenza come la..

L’allegra compagnia
di scandali e markette

Non ci sono solo i grandi scandali come SeeSicily o Cannes. C’è anche uno scandalume diffuso, che ruota attorno a un esercito di pagnottisti, tutti riconducibili al sottobosco politico. Palazzo d’Orleans, che non riesce ad arginare l’opaco avvocato d’affari seduto alla sua destra, non ha ovviamente alcuna voglia di gettare gli occhi sui markettisti che traccheggiano con l’assessore Elvira Amata, a trazione Balilla, o con quello delle Infrastrtture pure lui affiliato alla corrente turistica di Fratelli d’Italia. E portano a casa contratti scandalosi. Pensate: il lobbista che si è attaccato come una sanguisuga al Consorzio per le autostrade, ha drenato 50 mila euro per il 2023. E pochi giorni fa, con un’altra società, ha chiuso un nuovo contratto di 120 mila euro. Per fare cosa? Leggete la delibera del vanesio..

L’omertà della politica
sullo scandalo di FdI

Sicilia 2019. Lo stato maggiore di Fratelli d’Italia impone a Nello Musumeci di defenestrare l’onesto Sandro Pappalardo e di mettere a capo del Turismo un gerarca spregiudicato che dilapida venti milioni di euro con una campagna – SeeSicily – inventata per spartire soldi agli albergatori, agli editori e agli amici degli amici. I dettagli sono documentati in un dossier dell’Unione europea e la giustizia farà certamente il suo corso. Rimane assente e omertosa la politica, cui spetta fare luce sui registi occulti dello scandalo. I Cinque Stelle insistono per un dibattito parlamentare ma Gaetano Galvagno, presidente dell’Ars e fraternissimo amico del gerarca dilapidatore, non trova il tempo per incardinare la discussione. Tace il governo di Renato Schifani, tacciono le anime belle dell’antimafia e della libera stampa. Meglio una parola in..

Perché Falcone
sceglie Bruxelles

Marco Falcone, centomila preferenze tutte rigorosamente targate Forza Italia, non poteva che fuggire dal governicchio di Renato Schifani. Palazzo d’Orleans non è il luogo geometrico della trasparenza. E’ l’edificio dove convergono gli interessi di pochi gruppi di potere, non tutti rappresentanti del popolo; dove le scelte cruciali vengono delegate a un opaco avvocato d’affari; dove le ragioni del sottogoverno prevalgono su quelle del governo; dove non affiora mai un’idea, un’intuizione, un progetto. Falcone da quel palazzo ha ricevuto solo umiliazioni. Bersagliato dai rancori e dalle manovre oblique del presidente, ha deciso di spezzare i vincoli del galateo istituzionale e ha staccato il biglietto per il parlamento europeo. Senza contrattazioni sottobanco, senza tormenti né ripensamenti. Meglio l’aria nuova di Bruxelles che il respiro rancido del retrobottega.

Un rosario di bugie
dedicato a Giorgia

Qualcuno ha spiegato perché in Sicilia i patrioti di Giorgia Meloni sono stati scavalcati da Forza Italia? A confondere le acque ci ha pensato il Balilla con una intervista a Repubblica. Invitato a pontificare sui risultati delle elezioni, l’ex assessore al Turismo ha ovviamente evitato di fare il minimo accenno alle scempiaggini che hanno segnato la sua gestione. Si è invece travestito da gerarca strafottente; ha lanciato un avvertimento agli alleati e ha scaricato la responsabilità sugli altri, compresi i due segretari regionali del partito. Pure le pietre sanno che gli scandali provocati da lui e dalla sua corrente turistica – SeeSicily presenta un danno di quasi venti milioni di euro – hanno appannato gravemente l’immagine di Fratelli d’Italia. Ma dall’intervista è venuta fuori una montagna di fuffa, montata ad..

Le anime belle
battono cassa

Non ci sono più le anime belle di una volta. Caterina Chinnici, la santuzza dell’antimafia, non demorde: ha cambiato casacca, ha floppato alle elezioni, ma è inchiodata lì che pretende da Forza Italia la giusta ricompensa per avere tradito il Pd ed essere approdata tra le braccia dei berlusconiani: se non ottiene per la terza volta il seggio di Strasburgo, con annesso vitalizio di ventimila euro al mese, si accontenta, si fa per dire, del ricco assessorato regionale alla Sanità. Francia o Spagna purché si magna. Il male oscuro del potere ha contagiato anche le anime belle nascoste nel meraviglioso mondo dell’informazione. Un tempo denunciavano scandali e malaffare, corruzioni e ruberie. Sembravano tante piccole Rosa Luxemburg, pronte alla rivoluzione e alla conquista del Palazzo d’Inverno. Sono diventate le sorelline servizievoli..

Gerenza

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