Alla fine è una faccenda di reputazione: chi l’ha e chi no. Chi ha una reputazione e un’idea alta e dignitosa della cosa pubblica, e considera sé uno strumento della cosa pubblica finché non scade nel basso e nell’indegno, e nello sterile, e chi una reputazione non l’ha e deve difendere altro, un piccolo posto al sole, o in penombra, o un ruolo piovuto dal cielo o un sondaggio o una dimensione da influencer della politica, tutte robe molto divertenti, per l’amor del cielo, in questo eterno diporto inconsapevole di cui tu e io e chiunque voti e viva qui sono responsabili pro quota: non toglierselo mai dalla testa.

Non so come andrà a finire, è impossibile prevedere il domani con i percorsi della logica, poiché da qualche tempo le regole sono dell’illogica, e forse non ci rendiamo nemmeno conto del festoso sprofondo in cui dimeniamo le cosce: un ministro della Repubblica, il grillino Stefano Patuanelli, altresì senatore, che si astiene dal voto di fiducia e dunque nega la fiducia al governo di cui fa parte, sé stesso compreso, e ritiene plausibile l’indomani ricominciare a fare il ministro e nel medesimo governo e non si immagina che una performance di tale portata coglierebbe impreparato anche un Corrado Guzzanti, e persino un Pippo Franco, per eccesso di inverosimiglianza… Continua sull’Huffington Post