Ma alla fine della fiera chi pagherà il conto? Il balilla Manlio Messina, da assessore regionale al Turismo, ha bruciato e divorato una montagna di denaro pubblico. Col trucco di una faraonica e pacchiana mostra fotografica al festival cinematografico di Cannes ha regalato almeno tre milioni di euro a un avventuriero lussemburghese. Poi ha prelevato altri ventitré milioni dal mastodontico progetto denominato SeeSicily e ha lucidato i bilanci di Mediaset, della Rai e del Corriere della Sera, ottenendo in cambio una presenza nei talk-show e preparando così la strada di una sua ascesa politica a livello nazionale. Scalata che è puntualmente avvenuta con la copertura dei vertici di Fratelli d’Italia, in primis l’attuale ministro Francesco Lollobrigida, suo fraternissimo amico. Bene. Chi recupererà tutti i soldi sprecati da Messina nei due anni in cui è stato l’assessore dello “spendi & spandi”, un uomo di governo che rispondeva elegantemente “suca” a chiunque gli facesse notare la sua arroganza e le sue spregiudicatezze?
La Corte dei Conti ha già avviato un procedimento per danno erariale e ha pure inoltrato alcune rogatorie in Francia per meglio decifrare lo scandalo di Cannes. Ma su questo fronte la burocrazia ha il suo peso e i funzionari mostrano sempre una certa sonnolenza, motivo per cui l’inchiesta della magistratura contabile può anche dirsi già insabbiata.
Resiste invece – eccome – il dossier della magistratura penale. La procura di Palermo, indagando su Cannes, ha scoperchiato il pentolone limaccioso, di affari e corruzione, che ora vede tra gli indagati il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, la sua portavoce Sabrina De Capitani, l’assessore regionale Elvira Amata, la vice presidente della Fondazione Dragotto, Marcella Cannariato e altri membri, più o meno illustri, dei rispettivi cerchi magici. Manlio Messina non ha ricevuto nemmeno un avviso di garanzia: “Io indagato, non credo”, ha risposto alla gentile intervistatrice di Repubblica. Dal settembre del 2022, del resto, è deputato nazionale, gode dell’immunità parlamentare e per inquisirlo è necessario un via libera da parte della giunta per le autorizzazioni a procedere. La procura non ha avanzato ancora alcuna richiesta agli uffici di Montecitorio e non è facile oggi prevedere quali saranno le mosse e i tempi della magistratura palermitana. Intanto, anche considerando il gran numero di omissis sparsi nel dossier su Galvagno and Friends, tutto lascia pensare che l’inchiesta è destinata a scavalcare i confini regionali.
Ma torniamo ai soldi. Non ci sono da recuperare solo quelli bruciati da Messina. C’è anche un’altra enorme quantità di piccioli, stanziati per concerti e false opere di beneficenza, che finivano prima nelle mani degli organizzatori – l’impresario catanese Nuccio La Ferlita e Marcella Cannariato – e poi girati, in parte sotto banco, a Sabrina De Capitani e ad altri membri del cerchio magico di Galvagno, senza trascurare Elvira Amata, il nipote e la figlia del suo segretario particolare.
La Corte dei Conti non ha ancora battuto un colpo. E non l’ha battuto nemmeno la prefettura di Palermo alla quale spetta la vigilanza sulle attività e sui bilanci delle Fondazioni. Di quegli organismi cioè che con la banalissima scusa della cultura e il cinico pretesto della beneficenza rastrellano soldi a destra e a manca, curano le proprie relazioni personali e portano soprattutto avanti gli interessi delle proprie aziende.