La vicenda che coinvolge il presidente dell’Assemblea regionale ha più aspetti che vale la pena richiamare. Il primo riguarda presunte violazioni di legge. Se ne occupa evidentemente la magistratura e, come è d’obbligo in questi casi, con un bla bla che si ripete fino alla noia, devono prevalere il garantismo e la conseguente presunzione d’innocenza.
L’altra questione è prevalentemente di costume e ha il tono di un vaudeville. Coinvolge donne di successo e di potere, collega denaro pubblico a interessi privati, mette in uno stesso canestro promozione aziendale e attività caritatevole – a favore dei bambini -, che strappa lacrime e suscita approvazione. Si svolge tra i palcoscenici di uno dei maggiori teatri cittadini e il Palazzo dei Normanni.
Al netto delle questioni giudiziarie, questa “rappresentazione” di un mondo altoborghese con molto denaro, legittimamente accumulato, si sa, e intrecci con quello pubblico e i poteri che lo gestiscono, potrebbe essere il canovaccio di una nuova serie dei Florio minori.
Mi incuriosisce in particolare il ruolo di una signora che vanta di essere lobbista al servizio del partito di Meloni ed è stata inviata in Sicilia per promuovere l’immagine del giovane presidente dell’Assemblea e proiettarlo verso quella della Regione. Nella vicenda, del resto, recitano molte donne, tutte di valore, eleganti, a comporre un girotondo che è meglio della primavera di Botticelli.
La signora lobbista mi ricorda una donna di particolare simpatia e avvenenza che, alla fine degli anni ’80, lavorava a Roma per Berlusconi. A Montecitorio e a Palazzo Madama avvicinava i parlamentari, quelli meno noti, che non avevano occasione per essere presenti sui mezzi d’informazione e offriva loro l’opportunità di un’intervista su uno dei canali Mediaset. Creava rete, quella signora, precostituiva le condizioni per attutire o spegnere qualunque preoccupazione rispetto al potere di un imprenditore privato che di lì a poco sarebbe sceso in campo. Una analoga motivazione avrà indotto Ignazio La Russa, che di Galvagno è autorevole punto di riferimento e concittadino, quando ha avuto l’idea di affiancargli la brava lobbista.
Qui il suo lavoro è diverso ma gli obiettivi sono analoghi. Il presidente dell’Assemblea va collegato con i salotti che contano, con gli imprenditori che dovranno finanziare la sua campagna elettorale e orientare verso di lui i voti dei centomila dipendenti. Lei poi cura un settore, quello dello spettacolo e dell’intrattenimento, per il quale Fratelli d’Italia ha una particolare propensione, detiene quasi il monopolio e fa divertire i siciliani che così magari dimenticano i loro problemi.
Spettacoli, affari e consensi. Dentro questa vicenda, come terzo e non ultimo elemento, c’è un aspetto che spiega e non giustifica il lungo silenzio della politica o il suo flebile balbettare. Non c’entra il garantismo. Semmai da una parte, quella del centro-destra, ci può essere l’imbarazzo – questa volta non è scattato ancora il meccanismo dei “giudici comunisti che ce l’hanno con noi” -, c’è la preoccupazione di un possibile coinvolgimento di altri settori di quella maggioranza e c’è infine una scarsa sensibilità per questioni che riguardano la morale pubblica, declassate spesso e volentieri a moralismo o a pretesto per inutili polemiche.
La vicenda mette in luce uno spaccato che spiega gli imbarazzi, le difficoltà, le cautele delle opposizioni. Fa emergere in tutta evidenza quel vasto fondo melmoso dentro il quale per alcuni aspetti si muove quella che impropriamente ci si ostina a chiamare politica regionale.
Il presidente Galvagno e i componenti l’ufficio di presidenza decidono l’attribuzione di somme a sostegno della fiera del carciofo, di quella del santo patrono, del cantante neomelodico, di tutto ciò che tiene e allieta il popolo e consente ai deputati di tutte le forze di presentarsi nei loro paeselli a promuovere e garantire ricorrenze e sollazzi.
Poi ci sono l’Assemblea e il governo, che spesso trovano una riserva nascosta e la spartiscono un tanto ad ogni deputato di maggioranza, un po’ meno, ma comunque da non buttare, a quelli dell’opposizione, del Movimento cinquestelle, dei due partiti democratici che sull’argomento si beccano ma poi vanno insieme a dissetarsi allo stesso scifu.
Ciascuno di loro non utilizza per se stesso quelle somme. Lo fa comunque per alimentare i rivoli del consenso elettorale risolvendo magari qualche problema: la costruzione di un campo di calcetto o la riparazione del fercolo del Santo. Può anche capitare, e talora è capitato, che vengano finanziate iniziative di valore indiscusso e chi scrive ne è stato testimone e beneficiario.
In una palude di questo genere, come si può pretendere che si manifesti una forte, palese denunzia per la vicenda che sta riguardando Galvagno? In un sistema di questa natura risulta sempre più difficile distinguere il colore delle maglie di ciascun deputato e di ciascun partito. Sono tutti lì, insieme a garantire la sopravvivenza della Regione e dei privilegi che può ancora assicurare.
E non escludo che, come me, che mi indigno ma se posso provocatoriamente dirlo, mi diverto tanto ad assistere a questa tragicomica rappresentazione di terz’ordine, i deputati regionali la guardino con preoccupazione e in fondo con il sorriso sotto i baffi.
Passerà anche questo e Fratelli d’Italia continuerà a gestire gli eventi di intrattenimento in Sicilia, ad ignorare la cultura o a trasformare anche quella in banale proiezione della politica e la condizione di pacifica convivenza che assicura un grande desco condiviso, nella consueta indifferenza dei siciliani, proseguirà quando i fari su questa opera di due soldi si saranno spenti.