“Ma che c’azzecca Antonio Di Pietro con questi qui?”. L’ex magistrato di Mani Pulite ironizza su se stesso entrando in Parlamento. Poi fissa al bavero della giacca la spilletta pro riforma della giustizia e inizia lo show: “Da pm ero contrario alla separazione della carriere, ora ho cambiato idea ma non sono un traditore”. Davanti ai suoi nuovi “compagni di viaggio”, i fondatori del comitato per il Sì della Fondazione Einaudi e i parlamentari di Forza italia, ruba la scena tra battute e affondi: “Alcuni critici dicono che questa riforma aumenta i poteri dei procuratori, altri che li diminuisce: ma non è che vi rode soltanto?”.

Il Di Pietro che non t’aspetti molti lo attendevano da parecchio. È l’uomo di punta del fronte del Sì, da contrapporre all’Associazione nazionale magistrati, anche se lui vorrebbe che “semplicemente la gente si informi”. Scorre i titoli del Giornale, il quotidiano a lungo di proprietà di Silvio Berlusconi, poi entra in conferenza stampa a Montecitorio: “Quel Silvio di cui non ricordo il cognome voleva mettere i pm sotto il controllo politico” mentre “questa riforma non intacca l’indipendenza della magistratura”. Scaccia così il fantasma del Cav, che ritorna spesso nelle considerazioni di Di Pietro. Berlusconi è “un abusivo” nella storia della riforma, iniziata “dalla sinistra”. Un modifica della costituzione che “completa il quadro costituzionale” cambiato nel 1988 con la legge Vassalli, giurista di fede socialista. Continua su Huffington Post