“Dal primo giorno Musumeci governa stando all’opposizione”. Sì, proprio così, all’opposizione di se stesso. L’artefice di questa teoria bizzarra si chiama Antonello Cracolici. “Dal giorno del suo insediamento – spiega il deputato regionale del Pd – il presidente della Regione ha seguito uno schema: per i primi due anni, sosteneva di non riuscire a governare a causa del disastro ereditato da Crocetta; esaurito quel racconto, che ormai non si beve più nessuno, la colpa è diventata del governo nazionale”. Da qui la conclusione che Musumeci sguazza nella “propaganda delle opposizioni”. E la propaganda comprende, com’è ovvio, l’ultima ordinanza, impugnata dal governo Conte e sospesa dal Tar, in cui si impone il divieto di transito dei migranti sul territorio regionale e lo sgombero di hotspot e centri d’accoglienza. “Il Tar ha confermato la natura del tutto approssimativa, sia sotto il profilo giuridico che amministrativo, di questo provvedimento. Musumeci dovrebbe nascondersi dopo questa sentenza”, commenta l’ex assessore all’Agricoltura.

L’emergenza sanitaria è un tema reale o una semplice pantomima?

“Musumeci ha scelto un terreno nuovo anche per lui, l’identità, provando a tenere unito il fronte della destra siciliana. C’entrano poco i migranti, che incidono per il 10% sui nuovi casi di contagio. Credo che quella ordinanza fasulla, piuttosto, sia la risposta alla novità politica che si è delineata in Sicilia nelle ultime settimane: per la prima volta il Movimento 5 Stelle, dopo aver tripolarizzato il sistema, ha annunciato l’intenzione di fare un’alleanza col Pd. E’ per questo che Musumeci prova a rinserrare le fila del suo schieramento. L’emergenza sanitaria è tale solo sulla carta”.

Musumeci ha già smentito questa tesi, spiegando che l’ordinanza non si presta a calcoli di natura politica.

“Additare l’untore in colui che arriva col barcone, dimenticando che in Sicilia il Covid si sta diffondendo – come dappertutto – perché c’è stato uno sbracamento delle regole sul distanziamento, è una tesi figlia della propaganda. Musumeci sta solo ideologizzando la sua coalizione. Questo potrebbe risultare un problema per quelli che nel centrodestra si definiscono ancora “moderati” e hanno a cuore i temi dell’accoglienza e della solidarietà”.

Nell’hotspot di Lampedusa, che ha una capienza massima di 195 persone, sono stati stipati fino a mille migranti.

“Io non voglio sottacere le eventuali negligenze, anche da parte del Ministero dell’Interno, nella gestione del fenomeno migratorio. Da settimane il sindaco di Lampedusa, sostanzialmente inascoltato, rivendica la dichiarazione dello stato d’emergenza. Concederla, forse, darebbe un segnale sbagliato: cioè far credere che l’isola è sotto assedio. Ma sappiamo benissimo che gli immigrati sono distinti e distanti da turisti e vacanzieri. Chiudere gli hotspot non risolverebbe il problema principale, cioè lo smistamento di queste persone. Se il presidente della Regione avesse voluto esercitare un potere che per legge non ha, avrebbe dovuto indicare anche la loro destinazione. Ma non l’ha fatto. Vuole solo proporsi come alfiere della destra”.

Davide Faraone ha presentato un esposto alla Procura di Agrigento per procurato allarme e abuso d’ufficio. E’ d’accordo con lui?

“Che qualcuno si muovesse in questa direzione c’era da aspettarselo. Dire che la Sicilia è invasa da migranti, in effetti, non fa gli interessi dell’Isola e contraddice l’idea di turismo e di sicurezza di cui tanto ci laviamo la bocca. La scelta di Faraone per certi versi la comprendo, ma non spetta a me valutarla. A questo penseranno gli organi competenti. Mi faccia dire un’altra cosa su Musumeci…”.

Un’altra?

“Sì. Il presidente della Regione predilige il ruolo di telecronista a quello di giocatore in campo, che magari prova a risolvere la partita. La politica non dovrebbe limitarsi a raccontare i problemi, ma a risolverli. Questa narrazione è stucchevole e l’ordinanza un semplice certificato di esistenza in vita”.

Saprà certamente che i conti della Regione sono in crisi. Dopo quattro mesi di esercizio provvisorio, siamo ancora in attesa della rimodulazione delle risorse extraregionali per sbloccare la spesa dell’ultima Finanziaria. Otto mesi di stasi, nel complesso. Ma che fine ha fatto l’emergenza?

“La sua domanda contiene già la risposta. Questo governo sembra un ufficio stampa: comunica cose che vorrebbe fare, ma non riuscirà mai a fare. Abbiamo scritto una manovra per 1,3 miliardi, in pieno lockdown, e ad oggi non è stato attivato un solo euro di quelle misure. Dovevamo dare aiuti a tutta la Sicilia e siamo ancora alle lettere d’intenti”.

Perché?

“Una cosa è dire “riprogrammiamo”, un’altra è farlo. Prima di rimodulare le risorse, bisogna disimpegnarle rispetto a iniziative già finanziate, con tutte le procedure amministrative che ne conseguono. E negoziando con Bruxelles e con il Ministero della Coesione territoriale”.

L’assessore Armao si è arrogato il merito per lo scontro da 780 milioni sul contributo alla finanza pubblica che Roma ha concesso alla Sicilia.

“Armao è un altro che un giorno si prende i meriti, e quello dopo dice che è colpa dello Stato “cattivo” che non ci riconosce l’autonomia finanziaria. Ma la verità è nessuna Regione ha un rapporto così malato col governo centrale come ce l’abbiamo noi. Passino i contrasti e la dialettica politica, ma queste dinamiche legate esclusivamente all’opposizione sono diventate stucchevoli. E’ solo un modo per non rispondere dei propri risultati”.

Voterà ‘sì’ o ‘no’ al referendum sul taglio dei parlamentari?

(la risposta è preceduta da un sorriso)

“Riconosco delle buone ragioni al “sì” e anche al “no”. Ma la vicenda è più complessa di così. E comunque sono un dirigente del Pd, per cui mi muoverò secondo le decisioni assunte dal mio partito. La democrazia non si difende sul terreno delle singole iniziative, ma costruendo un consenso attorno alle idee. Mi piacerebbe che il Partito Democratico, ad esempio, sentisse lo stato d’animo dei suoi iscritti. Ne abbiamo centinaia di migliaia e potremmo invitarli, con una rapida consultazione, a farci conoscere il loro orientamento sul tema”.

Ecco, il tema. C’è chi sostiene le ragioni del ‘no’ perché un taglio al numero dei parlamentari farebbe venir meno la rappresentatività dei territori.

“La qualità della democrazia non dipende dal numero dei deputati, ma è chiaro che un ordinamento democratico ha bisogno di un equilibrio. Anche in Sicilia, quando siamo passati da 90 a 70 deputati, abbiamo affrontato la novità come se si trattasse unicamente di una questione numerica, tralasciando la modifica di alcuni assetti istituzionali. La conseguenza più evidente è che permane uno squilibro notevole tra l’elezione diretta del presidente della Regione e il ruolo del parlamento. Tanto che il primo atto di Musumeci è stato mettersi all’opposizione della sua stessa maggioranza, non riconoscendole un valore politico e numerico. Ha sempre parlato di coalizione di governo, mai di maggioranza. Così a livello nazionale: la questione è delicata, ma il dibattito se è meglio avere 945 parlamentari o 600 mi pare figlio del qualunquismo”.

Il Pd non ha ancora deciso che fare, ma pare che la riforma della legge elettorale sia un’ottima moneta di scambio per votare ‘sì’. Non ha l’impressione che il partito di Zingaretti si stia appiattendo un po’ troppo sui Cinque Stelle, depauperando la sua identità?

“Il Partito Democratico è vissuto anche in chi non lo vota come la garanzia della tenuta del sistema democratico e istituzionale. E’ l’autostrada che collega le città, le Regioni”.

Questo vuol dire che il passato non conta più?

“Noi siamo reduci da una sconfitta tremenda alle ultime elezioni, che aveva messo in discussione l’esistenza stessa del partito. Qualcuno pensava di scioglierlo. Nell’ultimo anno lo abbiamo rimesso in piedi come soggettività politica centrale nella vita del Paese, ma anche come motore di qualunque prospettiva alternativa alla destra dei “me ne frego”. Quella rappresentata dai vari Briatore e Santanché, che sulla base della propria ricchezza pensano di poter cancellare qualunque regola. Noi abbiamo governato questo Paese per un certo periodo di tempo, ma non possiamo pensare di essere orfani del governo del passato. Abbiamo nuove sfide di fronte a noi. La storia non basta leggerla: bisogna scriverla. E credo che il Pd possa farlo assieme al Movimento 5 Stelle e a tutte le forze che vogliono spendersi in questo progetto di campo largo”.

Ma cosa vi accomuna ai grillini?

“Quelli del M5s, che fino a qualche tempo fa professavano il culto dell’isolamento politico, ritenendo di essere i più puri e i più buoni, hanno scoperto di non essere sufficientemente buoni. Soprattutto se da soli. La politica è l’arte del divenire. Abbiamo riaperto qui in Sicilia la possibilità di costruire un’alternativa alle destre: è un’occasione da non perdere”.