Tre sarebbero i problemi della destra in Italia: il Fascismo, l’establishment e la Chiesa. Sono problemi nel senso che la destra – i cui limiti ed errori fanno vincere la sinistra che, di suo, non è maggioranza nel Paese – non li risolve mai. E dunque: staccarsi dal Ventennio, avere un rapporto organico con le élite che controllano il sistema e rapportarsi, infine, col Vaticano al quale questa destra, sembra essersi capovolta nel sembiante al punto di sostituire nell’immaginario il comunismo contro cui, l’allora pontefice regnante, nel 1948 alzò la Diga.

I tre problemi di cui sopra sono stati elencati da Ernesto Galli della Loggia in un interessante fondo pubblicato, giovedì scorso, sul Corriere della Sera. Sul primo, si sa, c’è il grande equivoco: pensare il fascismo come espressione per antonomasia della destra. Tutti quelli che sono schierati contro il pensiero corrente, dunque contro la sinistra, sono considerati – annota Galli della Loggia – “battistrada del fascismo”. E, infatti, Amintore Fanfani è Fanfascista, Bettino Craxi è disegnato con gli stivali del Duce, perfino Silvio Berlusconi – come nelle copertine dell’Espresso – è in orbace e Indro Montanelli, ancora prima di essere accolto alle Feste dell’Unità, è solo un basco nero cui sparare a vista. Un fascista, appunto.

Il primo dei problemi si risolve studiandolo: il fascismo non fu fascista per come lo s’intende con gli strumenti pavloviani della retorica di Stato. Fu prassi che visse e si contraddisse nel preciso contesto di un’Italia ormai conclusa: in avvio di modernità – fa testo il lascito di scienza, urbanistica e tecnologia – e nel pieno dell’ideologia sociale e socialista. Tutt’altro che destra, comunque.

Il terzo dei problemi impegna più il soggetto mugugnante – la Chiesa – che i mugugnati, ossia i destri. I vescovi di oggi, e il Papa con loro, non saprebbero che farsene di un Giovannino Guareschi, non gli chiederebbero – come fece a suo tempo Giovanni XXIII – di redigere un catechismo. E infatti la cristianità rifulge più tra le cupole a cipolla del Cremlino, un tempo casa dell’Anticristo, che nelle parrocchie d’Italia.

Il secondo dei problemi è più interessante: “La destra”, scrive Galli della Loggia, “è poco o nulla radicata nell’establishment del Paese”. Il problema è un problemone, se ne deduce, perché questa destra si trova nella condizione di non avere un solo nome – si legge ancora nel fondo del Corriere – “di nomi significativi per incarichi di prestigio come quello fondamentale della presidenza della Repubblica”.

Sicuro sia così? Se c’è stata fretta – e furia – nell’imbastire col Pd il Conte2 altro spavento non c’era che ritrovarsi, per la prima volta nella storia repubblicana, un Capo dello Stato fuori sistema, ovvero un estraneo al vivaio catto-comunista. Fosse durato il governo giallo-verde, ossia l’alleanza Lega-M5S, i due movimenti anti-sistema, i nomi erano in verità già pronti: Giulia Bongiorno, Carlo Nordio, Ilaria Capua, Luca Ricolfi, Giulio Tremonti, Annamaria Bernini, Erika Stefani, Franco Frattini in quota Luigi Di Maio, Sebastiano Ardita e, perché no – in considerazione al suo essere controcorrente, intellettualmente onesto – lo stesso Ernesto Galli della Loggia.

La destra segnatamente impresentabile, e cioè il sovranismo, secondo i codici della vita sociale corrente, governa – e con uno standard di qualità superiore al resto del Paese – Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Sono, per dirla con Massimo Cacciari, “la Repubblica cisalpina e gli ex territori asburgici”, ovvero, qualcosa che se non è l’establishment, molto gli somiglia.