Fino a pochi giorni fa – anniversario della strage di Capaci e del sacrificio di Giovanni Falcone – ci hanno detto e ridetto che il Palazzo di Giustizia di Palermo è la frontiera della legalità, l’argine dello Stato al dilagare della delinquenza e della criminalità organizzata. Ma Tribunali e Corti di Appello sono fermi da tre mesi, le cancellerie sono deserte, gli avvocati chiusi in un recinto creato dalle norme di contrasto al coronavirus. E’ l’emergenza, bellezza. Per carità, nessuno pensa che la sospensione della giustizia sia figlia di una insensata voglia di vacanza. Sta di fatto però che ci sono diecimila processi in attesa di giudizio e che dietro ogni processo ci sono storie, dolori, ferite da rimarginare. Come si rimedierà? Ci vorrebbe un ministro saggio e culturalmente attrezzato. Ma a Roma un ministro non c’è. C’è un manettaro travestito da ministro.