Mentre a Palermo si prova a fare luce sul fuoco amico che ha fatto saltare la riforma dei Consorzi di bonifica, con un centrodestra ridotto in brandelli dai franchi tiratori, Renato Schifani cerca ossigeno (e visibilità) altrove. Lo fa volando – letteralmente – sugli invasi del Palermitano e dell’Agrigentino, e atterrando nei cantieri dei dissalatori mobili di Porto Empedocle e Gela, ormai quasi pronti a entrare in funzione. Una mossa non soltanto operativa, ma anche e soprattutto mediatica: il presidente della Regione prova a rimettere al centro dell’agenda la crisi idrica – emergenza vera e tangibile – per distogliere l’attenzione dalla débâcle politica consumata all’Ars.

Il presidente, ieri mattina, si è presentato all’impianto di Porto Empedocle in compagnia dell’assessore all’Energia Francesco Colianni, del prefetto Salvatore Caccamo e del dirigente della Protezione civile Salvo Cocina, che guida la task force contro la siccità. E riferisce di un cantiere ben avviato: le condotte di adduzione e scarico sono piene, i test elettrici e idraulici sono stati completati, il sistema di osmosi inversa è in funzione. Dai primi di agosto – questa la nuova deadline – saranno immessi in rete fino a 120 litri d’acqua al secondo per un bacino di circa duecentomila persone. «Una risposta concreta alle popolazioni colpite dalla crisi», dice il governatore.

A Gela la situazione è leggermente più indietro: i test elettrici sono in corso, quelli idraulici non ancora, la produzione d’acqua potrà raggiungere i 100 litri al secondo, con la possibilità – in caso di emergenza – di raddoppiare la portata. Anche qui Schifani si mostra soddisfatto: “Ho potuto verificare che i lavori sono in fase avanzata e presto l’impianto potrà produrre acqua. Un risultato frutto degli investimenti del mio governo”.

Se i cantieri vanno, la politica resta impantanata. Con il voto segreto chiesto dai Cinque Stelle e sostenuto da una parte non trascurabile della maggioranza, l’Ars martedì pomeriggio ha bocciato l’articolo chiave della riforma dei Consorzi di bonifica, mandando su tutte le furie gli agricoltori e le organizzazioni sindacali. Un fallimento politico che ha richiesto la convocazione di un vertice di maggioranza dal quale è stato escluso il presidente dell’Assemblea, Gaetano Galvagno, e durante il quale sono volati gli stracci: specialmente da parte del Mpa, che non ha mai digerito la ripartizione di assessorati e sottogoverno. Anche Forza Italia ha esternato qualche malumore: non tanto e non solo per la bocciatura dell’articolato sui Consorzi, quanto per le intenzioni del governatore di blindare il testo della “manovrina” prossima ventura, escludendo interventi di carattere territoriale: cioè le mance.

Mentre l’Assemblea si balocca tra ostruzionismo, vendette interne e riforme abortite, e avendo esaurito i coup de theatre nella lounge dell’aeroporto di Palermo (dove sono accorsi sette ispettori dell’Asp per verificare la freschezza di riso e caponata), Schifani si affida al linguaggio dei cantieri. Non può permettersi altri fallimenti. I tre dissalatori mobili – quelli di Porto Empedocle, Gela e Trapani – sono stati finanziati con 100 milioni di euro grazie all’Accordo di coesione firmato con la Meloni. Altri 10 milioni sono previsti per la gestione nella manovrina in discussione all’Ars, mentre lo Stato ne ha stanziati 21. A realizzarli è Acciona, colosso del trattamento acque, mentre la gestione è affidata a Siciliacque, controllata del gruppo Italgas.

Nella narrazione del presidente, quella che sta prendendo forma sotto il sole cocente dell’estate siciliana è una piccola rivoluzione: nuove fonti, rifacimento delle reti, revamping degli impianti esistenti. Il fiore all’occhiello di tutti gli interventi – assicura – è il rifacimento della rete idrica di Agrigento, con 50 milioni di euro (sempre che non si interponga la magistratura, che ha aperto un’indagine per presunte tangenti: l’ex assessore Di Mauro, del Mpa, è fra gli indagati). Un’opera “epocale”, per una città che perde per strada oltre il 50% dell’acqua. Mentre la speranza di archiviare l’emergenza idrica è affidata ad altri due dissalatori, da realizzare a Palermo, che “affideremo con il sistema del project financing”.

È una narrazione che stride con quella, impietosa, della politica regionale: frantumata, inconcludente, autoreferenziale. In aula si consumano agguati tra alleati, si affondano leggi attese da anni, si assiste a guerre di posizione che mettono in discussione leadership e assetti. Fuori dall’aula si assiste ogni giorno a un pezzetto di verità che emerge dalle carte dell’inchiesta della Procura di Palermo, in cui sono indagati per corruzione sia l’assessore al Turismo Elvira Amata che il presidente del parlamento, Gaetano Galvagno. Una “questione morale” di proporzioni bibliche che non ha provocato alcuno scossone istituzionale – i due esponenti di FdI sono sempre al loro posto – ma solo un enorme imbarazzo.

I dissalatori non salveranno la Sicilia dalla sete, ma potrebbero salvare Schifani da una popolarità in calo. Sono il messaggio che il presidente lancia all’opinione pubblica, alle redazioni, ai suoi stessi alleati: io lavoro, io risolvo, io non mollo. Che funzioni o no, poco importa. In un momento in cui ogni passo falso pesa doppio, anche una goccia d’acqua diventa miracolosa. Purché faccia rumore.