“Comprendo la pressione mediatica che può ingenerare una Sicilia ‘maglia nera’ nelle vaccinazioni, ma nulla può giustificare discriminazioni o pressioni sui non vaccinati, in particolare sui dipendenti pubblici”. Lo ha detto l’europarlamentare della Lega Francesca Donato commentando l’ultima ordinanza del Presidente della Regione siciliana Nello Musumeci che introduce una sorta di obbligo vaccinale ‘soft’ per il personale della Regione. “Dobbiamo sempre ricordare – spiega Donato all’Italpress – che ad oggi non ci sono evidenze scientifiche tali da comprovare che i vaccini oggi autorizzati per uso di emergenza prevengano l’infezione, anzi le aziende produttrici e le agenzie del farmaco affermano l’opposto e cioè che proteggono solo dalla evoluzione grave della malattia, e nemmeno totalmente questo rispetto alle varianti oggi prevalenti. Inoltre sia il recente pronunciamento del Consiglio d’Europa che il Regolamento europeo sul ‘Green Pass’ affermano espressamente la necessità di evitare ogni tipo di discriminazione contro i non vaccinati per qualunque causa. In ogni caso, qualsiasi obbligo vaccinale può essere introdotto nel nostro ordinamento solo con legge ordinaria approvata dal Parlamento, vista la riserva di legge inserita in Costituzione”.

Per la parlamentare europea del Carroccio “la ricognizione dei vaccinati sul personale pubblico non sanitario, gli inviti formali alla vaccinazione e i paventati provvedimenti sui non vaccinati previsti dall’ordinanza del governatore presentano forti criticità dal punto di vista giuridico ed etico. Giova ricordare che nessuno Stato o istituzione di diritto internazionale si è avventurato sul terreno minato dell’obbligatorietà del vaccino anti Covid-19, e francamente non capisco questa maldestra fuga in avanti della Regione Siciliana proprio su questo anche nel contesto nazionale”.

Anche i sindacati protestano contro l’ordinanza di Musumeci. Le segreterie regionali di Cgil Funzione pubblica, Cisl Fp, UilFpl, Cobas Codir, Sadirs e Ugl, in una nota, segnalano che “pur nella consapevolezza che la realizzazione del piano vaccinale è strategico anche al fine di accrescere i livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro” esistono alcune “perplessità in ordine (…) alla ricognizione aggiornata del numero dei dipendenti che non si sono ancora sottoposti alla vaccinazione”.Al riguardo, si precisa che nulla di quanto contenuto nel sopracitato art 3 è previsto da attuali norme e la Costituzione dice che solo una legge può imporre trattamenti sanitari. Inoltre, proprio di recente, in materia di privacy, il Garante ha chiarito che il datore di lavoro non può e non deve chiedere informazioni sullo stato vaccinale dei suoi dipendenti. Il datore di lavoro non può acquisire, neanche con il consenso del dipendente o tramite il medico competente, i nominativi del personale vaccinato o la copia delle certificazioni vaccinali. Ciò non è consentito dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro né dalle disposizioni sull’emergenza sanitaria. Il consenso del dipendente non può costituire, in questi casi, una condizione di liceità del trattamento dei dati. Il datore di lavoro può, invece, acquisire, in base al quadro normativo vigente, i soli giudizi di idoneità alla mansione specifica redatti dal medico competente. Pertanto le scriventi sottolineano, inoltre, che in base alla legislazione vigente non è consentito far derivare alcuna conseguenza in ragione della libera scelta del lavoratore in ordine all’adesione o meno alla campagna vaccinale. Riteniamo utile, invece, predisporre presidi mobili presso gli uffici per agevolare la campagna vaccinale dei dipendenti pubblici ed eventualmente dei propri familiari, su base volontaria”.