Ne valeva la pena? La domanda, spesso iraconda, tachicardica, elettrizza il Paese e parla del Paese: ne valeva la pena? E cioè: valeva la pena di inchiodare a una crisi bimestrale il governo per poi ritrovarsi con Mario Draghi al posto di Giuseppe Conte? E la piccola riflessione potrebbe chiudersi qui. Fine del rovello, fine dell’articolo. Se non altro per non umiliare troppo l’intelligenza già umiliata da un abuso di suffragio universale (per i giudici dell’istante: non sto contestando il suffragio universale, ma l’impiego dissoluto che ne facciamo), attraverso il quale abbiamo stabilito che le istituzioni sono una multiproprietà, si va e si viene, posso scendere sotto casa e dire al mio fornaio (per i giudici dell’istante: il mio fornaio è un fuoriclasse in fatto di rosette e pizza bianca, pura, altissima élite), ehi, ti va di fare il ministro dello sviluppo economico, tu che hai sviluppato così bene la tua attività? E quindi questo articolo parla alla nostra irresistibile, sesquipedale ridicolaggine: ne valeva la pena? Cioè, valeva la pena tutto ’sto casino per mettere a Palazzo Chigi l’unico fuoriclasse come tale riconosciuto all’estero (scrive Ugo Magri oggi sulla Stampa) al posto di un avvocato spuntato dal nulla della polvere accademica e della totale inesperienza e guidato dal funambolico portavoce al reality del comando? A me pare evidente che il problema non è la risposta, il problema è già nel porsi la domanda. Continua su Huffington Post