Oggi è il D-Day, il giorno del Green pass obbligatorio per accedere ai luoghi di lavoro. In Sicilia sono circa 360 mila – un numero in calo rispetto alle prime stime – i lavoratori non vaccinati. In attesa di perfezionare i controlli all’ingresso di negozi, aziende e uffici pubblici (l’app è appena stata rilasciata dal governo), si procederà a campione. I furbetti, però, verranno rispediti e casa e rimarranno senza paga fin quando non saranno in possesso del ‘certificato verde’. Che si può ottenere anche temporaneamente, per 48 ore, effettuando un test rapido. Ed è proprio sui tamponi che rischia di scatenarsi una corsa senza precedenti. Solo in Sicilia ne servirebbero 180 mila al giorno, per un giro d’affari che supera i 2,5 milioni. L’assessorato alla Salute ha scritto ad Asp e ospedali per riaprire i laboratori e renderli fruibili a chi arriva dall’esterno (e non solo ai pazienti interni). Mentre molte farmacie, che fiutano l’affare, hanno presentato richiesta al Crq per essere accreditate (395 su tutto il territorio siciliano lo sono già). Assieme ai laboratori privati, a quelli pubblici, ai medici di famiglia e ai pediatri di libera scelta, però, difficilmente potranno garantire anche solo la metà del fabbisogno.

Non c’è abbastanza personale a disposizione, né kit: “Per arrivare a 180 mila test al giorno, ogni struttura dovrebbe farne almeno 200. Impossibile anche rispetto alla disponibilità di reattivi. La metà sarebbe già tanto”, spiega Mimmo Marasà, segretario regionale della Confederazione italiana per la tutela dei diritti in sanità, a Repubblica. I tamponi, al prezzo di 15 euro, sono a carico dei non vaccinati. Il governo intende proseguire sulla linea del rigore, e interverrà sull’ultima circolare che garantiva margine di manovra ai portuali, con un invito alle aziende a pagare i test ai lavoratori del settore (a Trieste è prevista la prima grande manifestazione del nuovo corso No Pass, e potrebbe estendersi fino a Catania e Messina).  C’è il timore di un “venerdì nero” ma l’impianto della fermezza, secondo il premier Draghi, dovrebbe tenere.

Altra questione aperta è quella che riguarda il ritorno dei lavoratori in ufficio. Da domani va in soffitta (almeno temporaneamente) la pratica dello smart working. Alla Regione gli ultimi 900 dipendenti (su 13 mila) che svolgevano il servizio dal pc di casa torneranno in ufficio. Non ci saranno problemi di distanziamento, dal momento che la dotazione organica è ridotta e non c’è spazio per nuovi concorsi. I controlli sul Green pass verranno svolti dalle portinerie. Qualche problema in più previsto al Comune di Palermo, dove torneranno in presenza circa 2 mila dipendenti, il 30% del totale. Qui potrebbe crearsi qualche assembramento agli ingressi.

Ma anche su questo fronte non mancano le polemiche e le sviste. Alcune “gravissime” come riferito dal sindacato Siad-Csa-Cisal: “La circolare del Dipartimento del Personale della Regione Siciliana, sul rientro in ufficio dei lavoratori a partire dal 15 ottobre, sembra dimenticare i tanti soggetti fragili che per legge hanno diritto a continuare lo smart working – dicono Giuseppe Badagliacca e Angelo Lo Curto -. Una svista incredibile e gravissima, chiediamo al Governo di intervenire subito a tutela della salute di centinaia di persone”. “La circolare – insistono – si limita a precisare che tutto il personale tornerà in servizio da venerdì ma non si fa alcun cenno ai lavoratori fragili per i quali la normativa statale consente la prosecuzione del lavoro agile, anche attraverso diversa mansione. La Regione rispetti la legge e la salute dei dipendenti e si occupi semmai di definire il Pola, il Piano organizzativo del lavoro agile, da cui deriveranno i risparmi promessi allo Stato centrale”.