L’esito più atteso è quello per la presidenza della Regione. Ma al vertice con Salvini e Berlusconi, Giorgia Meloni parlerà anche di collegi. Spera di incamerare una buona parte di quelli uninominali – in Sicilia ce ne sono 18 – per fare in modo che Fratelli d’Italia funga da traino per le Regionali (in caso di Election Day). Per conseguire questo scopo, bisogna mettere in campo l’artiglieria pesante. Senza alcun distinguo fra chi ha governato bene e chi l’ha fatto male, o addirittura a intermittenza. Come nel caso di Salvo Pogliese, sindaco “sospeso” di Catania, che ha scelto di dimettersi giusto in tempo – entro una settimana dallo scioglimento delle Camere – per potersi candidare alle Politiche.

Ma è solo un caso, giurano i bene informati. Anche se Pogliese, rimasto intrappolato nelle grinfie di un processo per peculato (condannato in primo grado a 4 anni e 3 mesi) e nelle storture della Legge Severino, che ha fatto fuori dal Senato anche Berlusconi, ha avuto abbastanza tempo per riflettere. Il rinvio del processo d’appello al prossimo ottobre, gli aveva suggerito la via maestra: farsi da parte. Eppure Pogliese ha resistito, com’era già avvenuto la primavera scorsa, quando le dimissioni – richieste a gran voce delle opposizioni – avrebbero riportato la città etnea al voto. Pogliese è rimasto incollato più che alla poltrona, al sogno di sedercisi nuovamente. Cosa che non è avvenuta. Anche la proposta di modifica della Severino, una battaglia intrapresa da FdI e dal Pd (che sperava di ‘graziare’ in questo modo il sindaco di Reggio Calabria), si è incagliata. E così Pogliese, interrogandosi sul proprio futuro, ha continuato a galleggiare, mentre Catania affondava sotto i cumuli della spazzatura.

Ora, come se nulla fosse, il sindaco “sospeso” e in attesa di processo, sarà candidato al Senato come capolista al plurinominale nel collegio Sicilia-2. Ergo, seggio blindato. Assicurato per i prossimi cinque anni. Al riparo da qualsiasi pestone giudiziario. A Pogliese spetta: è stato lui a rientrare in Fratelli d’Italia dopo le liti con Forza Italia e Gianfranco Micciché, portandosi dietro una bella fetta del partito etneo; è stato sempre lui a guidare, in questi anni, Fratelli d’Italia nel ruolo di coordinatore per la Sicilia orientale. Anche se non è lui, per la verità, l’incaricato di Giorgia per trovare un accordo con gli alleati per la definizione del quadro regionale. A quello pensa Ignazio La Russa, senatore di Ragalna e vice-presidente a palazzo Madama, che negli ultimi tempi è tornato a interessarsi di Sicilia. E di Catania in modo particolare. E’ in quella provincia che il partito spera nel boom.

Anche grazie a Nello Musumeci. Candidato alla presidenza della Regione, finché Salvini o Berlusconi, o magari entrambi, non sceglieranno diversamente. Nello è tornato nelle grazie della Meloni per ovvie ragioni: la federazione tra Fratelli d’Italia e Diventerà Bellissima (nonostante il primo tentativo, alle Amministrative di Palermo, non abbia entusiasmato) dovrebbe portare alla prima qualche punto percentuale in più. Db, che alle ultime Regionali ha sfiorato il 6%, è pur sempre il movimento del governatore in carica… Musumeci, fino alla crisi di governo, rappresentava la testa d’ariete per guadagnare centralità rispetto a Lega e Forza Italia, all’interno di una coalizione in frantumi. Da qualche giorno, con le dimissioni di Draghi e lo scenario del voto anticipato, è divenuto il candidato “sacrificabile”, se qualcuno degli alleati (in Sicilia praticamente tutti) avesse da eccepire. Anche se il peso di palazzo d’Orleans, nelle ultime ore, sembra ridimensionato rispetto alle questioni più importanti. Anche Salvini e Berlusconi potrebbero cedere in cambio di qualche collegio in più.

Se così non fosse, e Musumeci si vedesse costretto a preparare le valigie, un posticino al Senato lo otterrebbe di sicuro. Anche se il governatore, pubblicamente, ha sempre negato l’ipotesi di una ‘ricompensa’: “Io non svendo la mia terra e il mio popolo per un posto al parlamento nazionale – spiegò nel giorno del ‘passo di lato’, poi rientrato -. Sono di un’altra pasta. O vengo messo nelle condizioni di raccogliere assieme ai partiti quello che abbiamo seminato (in Sicilia, ndr), altrimenti mi metto da parte e continuo a fare politica da iscritto e militante, ma non accetto compromessi. Né la Meloni mi ha mai proposto un baratto del genere”. A lui, personalmente, magari no (si fa largo un’altra ipotesi: un posto di rilievo all’interno di un dicastero). Ma eventualmente sono tre i seggi riservati alla sua corrente, di cui uno per l’assessore Ruggero Razza, titubante se accettare o meno, e l’altro per Enrico Trantino, assessore al Comune di Catania. Una buonuscita allettante.

Al traguardo del cuore di Giorgia, però, c’è anche un altro esponente della destra catanese. Uno che negli ultimi mesi ha sbaragliato la concorrenza dentro Fratelli d’Italia, pur non avendo raggranellato molte simpatie. Si tratta dell’assessore regionale al Turismo, Manlio Messina, che è stato fra i primi a perorare la causa di Musumeci in FdI. Ed è tuttora l’unico a dare per certa la riconferma. Il Cavaliere del Suca, memore della sua azione per l’Isola (molte imprese portano la sua firma: compresi i due milioni spesi per una mostra fotografica a Cannes) e delle frequenti parolacce, sceglierebbe di emigrare più che volentieri. In direzione Montecitorio. Anch’egli, come Salvo Pogliese, con un seggio blindato. Messina, che ha fatto il proprio ingresso in giunta senza raccattare un voto, anche in questo caso beneficerebbe di una wild-card, senza bisogno di esporre il proprio nome sulla scheda elettorale. Non è mica fesso il Cavaliere…

Ma occhio, perché i pretendenti per un posto al sole, in Fratelli d’Italia (alla luce dei sondaggi accecanti), sono parecchi. Come scordarsi di Carolina Varchi, fresca vicesindaco di Palermo e deputata uscente? O di Giuseppe Milazzo, consigliere comunale ed europarlamentare? O, Francesco Scarpinato, divenuto capogruppo a Sala delle Lapidi, dopo essere risultato il primo degli eletti? L’unico che rimane a guardare, per il momento, è Raffaele Stancanelli, approdato all’Europarlamento dopo l’elezione al Senato nel 2018. Meloni potrebbe sistemare anche lui, se soltanto lo volesse: il nome dell’ex sindaco di Catania, infatti, è la proposta di molti degli alleati (Micciché in primis) per chiudere la stagione delle liti e aprire quella della concordia. Per andare oltre Musumeci, insomma.